Erling Braut Haaland o anche «il cyborg», «l’anomalia di sistema». Così era stato ribattezzato qualche anno anni fa, rispettivamente dal quotidiano spagnolo Marca e dal New York Times, alla ricerca di un termine di paragone che prendesse le distanze dalla normalità, o almeno da quella umana. Terminator, si è autoproclamato lo stesso attaccante norvegese in una storia Instagram pubblicata ad Halloween (anzi, “Haalandween”), abbracciando la propria reputazione. Un robot, abbiamo detto o pensato un po’ tutti di fronte allo sgretolarsi di record su record appartenenti a grandi campioni del passato, e infranti da un ragazzo che sembra semplicemente nato, o forse programmato, per fare gol. Per farli con un ritmo fuori scala e quasi senza senso, come ci ricordano ad esempio i nove segnati nella partita della Norvegia Under-20 con cui si è presentato al mondo, o le triplette al debutto in Champions League con la maglia del Salisburgo e in Bundesliga con il Borussia Dortmund. Col passare degli anni – pur essendo solo 24 all’anagrafe – ci abbiamo fatto l’abitudine, tanto che le dieci reti segnate nelle prime cinque giornate della Premier League non sembrano più una cosa assurda. In un certo senso ce le aspettiamo ormai, proprio come da un computer con un processore tanto potente da normalizzare l’eccellenza delle prestazioni.
Oltre alla mole spropositata di gol, contribuiscono al parallelo cibernetico altri fattori: l’apparente assenza di condizionamenti emotivi, suggerita dalla già citata recidività di triplette nelle gare d’esordio; l’irreale costanza di rendimento, per cui potrebbe bastare la media di un gol ogni 85 minuti circa mantenuta negli ultimi cinque anni; il mix esplosivo di doti tecniche e fisico-atletiche, quelle di un carro armato che corre come un velocista e ha il controllo del corpo di un ginnasta; e non ultimo, la sua provenienza nordica, che in modo più o meno inconscio predispone gli spettatori a notare i tratti meno focosi del suo temperamento, condizionati dal cliché dello scandinavo sempre freddo e razionale. Eppure, lo scorso weekend nella sfida tra Manchester City e Arsenal si è visto un altro Haaland: nervoso, sanguigno, provocatore, surriscaldato dalle emozioni della gara e fuori controllo in più di un’occasione.
Dopo il gol del 2-2 del City, siglato a tempo quasi scaduto da John Stones, Haaland è corso a raccogliere la palla dal fondo della rete e l’ha tirata, da dietro, in testa a Gabriel. Un gesto di scherno non proprio esemplare, anzi, che è stato graziato dagli arbitri prima e dalla Premier League poi. Ma che restituisce una nitida immagine della temperatura emotiva in cui versava il norvegese dopo aver fatto a sportellate con il brasiliano per tutta la partita. Un cortocircuito confermato peraltro dalla carica sul difensore dell’Arsenal appena è ripreso il gioco. Negli istanti successivi al triplice fischio, poi, si è passati dai fatti alle parole, tutt’altro che distensive: uno dopo l’altro, Haaland ha invitato Mikel Arteta a «restare umile», ha risposto a quel «f*****o clown» di Gabriel Jesus di stargli alla larga, ha chiesto «chi c***o sei» al giovane Myles Lewis-Skelly, con la faccia di chi stava pensando avanti il prossimo.
— D-Man (@KLitiema) September 23, 2024
Un po’ per l’importanza del palcoscenico e un po’ perché avvenuto tutto di fronte alle telecamere, l’episodio ha fatto in pochi minuti il giro del mondo, tra web e social network, cogliendo di sorpresa buona parte del pubblico. A dirla tutta, però, non è stata proprio un’anomalia del sistema, una scena completamente inedita, ma un film già visto in più di qualche occasione. Per esempio in occasione del penultimo scontro diretto proprio contro l’Arsenal, datato ottobre 2023. Quella sera, uscendo dal campo dell’Emirates Stadium dopo una frustrante sconfitta per 1-0, Haaland e Walker avevano avuto un diverbio piuttosto intenso con l’ex-Citizen Nicolas Jover, assistente allenatore passato nel 2021 allo staff dei rivali; un’altra situazione in cui la frustrazione ereditata dal campo aveva trovato sfogo in qualche parola e gesto di troppo nel post-partita.
Togliendo un po’ di zoom e abbandonando l’attuale rivalità regina del campionato inglese, incontriamo diversi altri episodi che ci raccontano di quell’Haaland trash talker – a volte reattivo e di pancia, altre più calcolatore – su cui la narrativa mediatica e la percezione del pubblico raramente si soffermano, ma che è davanti ai nostri occhi più spesso di quanto si creda. Ne sa qualcosa, per esempio, Marc Cucurella. Dopo il trionfo dell’estate scorsa a Euro 2024, lo spagnolo si era esibito durante i festeggiamenti in una rivisitazione del suo coro al Chelsea, che recita “Cucurella, Cucurella, he eats paella, he drinks Estrella, his hair is f*****g massive” (un classico delle tifoserie britanniche). Vi starete chiedendo: ma che c’entra Haaland, la cui Norvegia neanche era qualificata agli Europei? In effetti una risposta di senso compiuto non esiste, fatto sta che l’esterno dei Blues ci ha tenuto a menzionarlo, dicendo che «Haaland trema per l’arrivo di Cucurella». Nato per caso e probabilmente anche figlio di qualche bicchiere, il coro si è trasformato in un tormentone dopo la parata della Nazionale al ritorno in patria – ed ecco che Haaland, per dirla à la Michael Jordan, l’ha presa sul personale, aspettando l’occasione giusta per restituire il pensiero.
Un’attesa breve, perché già alla prima giornata della Premier League 2024/25 – no, non sempre la fortuna aiuta gli audaci – il Manchester City avrebbe fatto visita a Stamford Bridge, concedendo al norvegese la chance di una vendetta semi-fredda. Detto, fatto: prima il gol dello 0-1 al 17esimo minuto, a termine di un’azione in cui Haaland resiste senza troppi problemi all’intervento di Cucurella e supera il portiere con eleganza; nel secondo tempo, poi, lo spagnolo finisce a terra dopo un contrasto aereo proprio con il numero 9, e in preda ai crampi lo guarda chiedendo aiuto. “Help me!” gli urla, contorcendosi dal dolore e stringendosi la coscia sinistra. Quale migliore occasione? Haaland gli mostra quindi un sorriso beffardo, camminandogli a fianco e superandolo, prima di girarsi disinteressato dall’altra parte. «Cucurella è un uomo divertente«, ha commentato al termine dell’incontro. «L’anno scorso mi chiedeva la maglia a fine partita, quest’estate canta una canzone su di me…».
Glaciale
Un altro con cui ha avuto storie tese, tra contrasti duri e scambi di vedute lontano dalla palla, è Antonio Rüdiger. Nella doppia sfida di qualche mese fa, rematch della semifinale del 2023, i presupposti per qualche scintilla in effetti non mancavano: il difensore del Real Madrid è uno che di trash talking ne sa qualcosa, di sicuro; e la posta in palio era un posto in semifinale di Champions League. E così, in 180 minuti di surreale intensità fisica, l’ex difensore della Roma ha riservato al norvegese un trattamento a dir poco particolare, e piuttosto manesco. «A me piace», ha detto Toni sulle provocazioni rivolte ad Haaland, «e so che anche per lui è lo stesso». In un podcast di qualche mese prima, Haaòand diceva che “lo s**t talking è una parte del gioco: io non ne faccio troppo a dire il vero, ma c’è anche questo in campo, capita che ci si dica qualche parola qui e lì…”
Non sempre si arriva allo scontro fisico o agli insulti, certo. Ad esempio con Francesco Acerbi è finita in risate, nonostante il difensore dell’Inter abbia usato mezzi più o meno leciti per marcarlo nelle ultime due occasioni, in cui Haaland non si è visto molto e non ha segnato neanche un gol (unica gara stagionale a secco finora). Lo stesso non si può dire, invece, per Ben Godfrey, ex-Everton passato all’Atalanta nell’ultima sessione di mercato. In una gara della scorsa stagione il difensore inglese ha marcato Haaland per 90 minuti, ispirandosi – diciamo così – ad Acerbi e Rüdiger: in modo asfissiante, intenso, ruvido, riuscendo a limitarlo e, con la complicità dell’arbitro, a fargli perdere lucidità e pazienza. E così, dopo aver ottenuto un fischio a favore, il centravanti ha esultato come se avesse segnato un gol; e al contrario, dopo essere effettivamente andato in rete, ha preferito fissare Godfrey con tono di sfida. Il tutto, condito da qualche mimica tra un’azione e l’altra, presto diventate dei “meme”.
Non male le facce di Haaland
Con la maglia della Nazionale, infine, va ricordato un episodio di due anni fa, in occasione di un derby scandinavo tra Norvegia e Svezia. Un caso che racchiude tutta l’essenza del trash talker che stiamo imparando a conoscere, o meglio la combinazione tra risposta sul campo e a parole, cui spesso è difficile ribattere; non fosse altro che per la generale impotenza dei difensori al suo cospetto, e per la visibilità di cui ovviamente gode uno dei migliori al mondo quando si presenta davanti alle telecamere. La vittima – si fa per dire – in quel caso è stata Alexander Milosevic, che dopo essere finito a terra a seguito di un contrasto con l’attaccante, lo ha avvisato: «Stai attento perché ti spacco entrambe le gambe, f*****a p*****a!». Al di là della minaccia d’altri tempi, a Milosevic non è andata proprio benissimo: il tempo per la sua squadra di recuperare palla, e ad Erling è capitata la chance del 2-0 e della personale doppietta, con il disperato tentativo di immolarsi proprio di Milosevic. Sapete già il finale della storia, vero? Palla in fondo al sacco ed esultanza da agitatore nato: urlo e sorriso beffardo in faccia all’avversario, poi dito sulla bocca per zittire il pubblico svedese.
Fare incazzare Haaland non è propriamente una buona idea
A freddo (ma non troppo), nel post-partita ha commentato con ironia l’accaduto: «Milosevic? Prima mi ha detto che sono una p*****a, e vi posso tranquillamente assicurare che non sia una cosa vera; quindi mi ha detto che mi avrebbe spaccato le gambe, ma un minuto dopo ho segnato». Game over. «Con Erling è la cosa più stupida che puoi fare», racconterà il connazionale e amico Leo Ostigard, ex difensore del Napoli. «L’ho fatto anch’io in allenamento, ma ho capito presto che non avrebbe funzionato: a lui piace, ti ascolta, e poi ti torna tutto indietro».
I prossimi nomi sulla lista potrebbero essere Gabriel, Rudiger, Acerbi o chissà chi. Perché i trash talker sono così: se non perdono il controllo nell’immediato – e nei giorni scorsi abbiamo scoperto che anche questo è possibile – la prendono sul personale e aspettano l’occasione migliore per rispondere. La prossima volta – che ci sarà, e poi ce ne saranno altre ancora – non ne siate troppo sorpresi.