Club Italia è una sorta di bacheca in cui alcuni autori di Undici raccontano le gare degli Azzurri a Euro 2024. Ci trovate un po’ di appunti tattici, naturalmente, e poi dei commenti a caldo, delle ricostruzioni emotive e di atmosfera. Insomma, un piccolo mosaico di visioni e spunti scritti di getto, poco dopo il fischio finale dell’arbitro. Cominciamo dalla partita di Dortmund, quella vinta 2-1 contro l’Albania. La speranza, ovviamente, è quella che questa rubrica duri il più a lungo possibile. Magari fino alla finale di Berlino, in programma domenica 14 luglio.
L’Italia aveva il suo piano partita e lo ha portato a termine, a tutti i costi
Il colpo d’occhio dalla gradinata sud del Signal Iduna Park, il “muro giallo” del Borussia Dortmund, era impressionante: un altro muro, questa volta interamente rosso come il colore predominante della maglietta della Nazionale albanese, svettava in tutto il resto dello stadio, cingeva il settore destinato ai pochi tifosi dell’Italia come se volesse intimorirlo, accerchiarlo e stritolarlo. Ieri sera i sostenitori dell’Albania erano circa 50mila, oltre tre quarti della capienza dell’impianto. E il gol di Bajrami dopo pochi secondi avrebbe potuto complicare ulteriormente l’esordio della giovane squadra di Luciano Spalletti, con cinque titolari alla prima volta in un grande torneo con la maglia azzurra – Calafiori, Dimarco, Frattesi, Pellegrini e Scamacca. Invece l’Italia aveva il suo piano partita, preparato bene e messo in pratica ancora meglio nonostante il gol subito a freddo. Chi si aspettava la difesa a tre e una squadra statica è rimasto sorpreso: la Nazionale ha giocato in maniera ambiziosa e moderna, con Calafiori libero di staccarsi in avanti come nel Bologna di Thiago Motta e Scamacca che usciva dall’area di rigore per liberare gli inserimenti di Barella, Frattesi e Pellegrini (ma di tutto questo parleremo tra poco). L’Albania non ha mostrato di avere armi particolari per mettere in difficoltà quest’Italia, e così gli Azzurri, dopo i gol di Bastoni e Barella che hanno immediatamente ribaltato il risultato, sono riusciti a controllare il gioco e a legittimare la vittoria. Come? Con il 68% di possesso palla, con 812 passaggi (contro i 373 dell’Albania) e 34 tocchi nell’area di rigore avversaria (l’Albania si è fermata a sette).
Il secondo tempo è scivolato su ritmi più lenti del primo, ma l’Italia, ha gestito il vantaggio senza mai rischiare nulla, anche in una situazione ambientale ostile. Poi è arrivata l’estemporanea occasione di Manaj nei minuti di recupero. Arriveranno test più complicati per la squadra di Spalletti, a partire dal secondo incontro della fase a gironi di giovedì contro la Spagna, ma l’Italia di Euro 2024 ha lanciato un messaggio ben preciso: vuole assomigliare a quella di tre anni fa, anche al Napoli campione d’Italia della scorsa stagione, se vogliamo; vuole tenere la palla tra i piedi e sfruttare i suoi giocatori migliori, a partire da Chiesa – che ha fatto impazzire il suo marcatore ed è stato premiato come MVP della partita. Tutto questo non era scontato, nel catino rosso di Dortmund.
È stata la notte di Bastoni e Calafiori
Con due centrali come Bastoni e Calafiori, in fondo, è tutto più facile. Anche l’Italia degli ultimi mesi, una squadra con una naturale tensione verticale, può improvvisamente trovare stabilità e certezze a partire dal possesso. Va detto che l’esordio con l’Albania era la partita migliore possibile per invadere la metà campo avversaria, e andare in svantaggio dopo meno di trenta secondi ha aiutato ancora di più a valorizzare le qualità con la palla dei due centrali azzurri. Però è a partire dalla difesa, e dai centrali, che l’Italia ha costruito la rimonta e la prima vittoria di questi Europei.
Bastoni ha avuto numeri da Toni Kroos, con 123 tocchi, il 96% di precisione nei passaggi, e a tempo perso ha anche segnato il gol del pari. Calafiori ha vinto tutti i duelli aerei, accompagnati da 3 intercetti e 5 recuperi. Poi ci sono anche due dribbling completati, e questa è l’altra metà del quadro: il difensore del Bologna, che è già stato una delle notizie più interessanti dell’ultima stagione di calcio europeo, all’esordio agli Europei ha lasciato sul campo di Dortmund una masterclass su come creare superiorità numerica arrivando con facilità da mezzala ai venti metri in conduzione. La sua enorme sfera di influenza sulla manovra permette di liberare del tutto Dimarco in posizione di ala e aiuta tutta la squadra a occupare la trequarti. In tutto questo sarebbe anche il secondo difensore più giovane degli Azzurri a disputare una partita degli Europei, dopo Paolo Maldini. Ecco perché Calafiori e Bastoni, 47 anni in due, possono segnare un’epoca in Nazionale, come tante altre coppie di centrali prima di loro. Solo che questa coppia è diversa da tutte le precedenti, e non perché sia Calafiori che Bastoni sono mancini. Forse, chissà, tra qualche anno vedremo i cartelloni con il volto di Calafiori in bianco e nero, e un claim a ricordarci che il portiere dell’Italia fa un lavoro piuttosto facile. E ci ricorderemo che tutto è iniziato nella notte di Italia-Albania.
Il gol di Barella è un piccolo capolavoro
Non che servisse un’ulteriore conferma, ma Nicoló Barella è un campione di caratura internazionale, forse il miglior giocatore in assoluto di questa Italia. Certo, il gol alza di molto il suo voto in pagella: Barella ha realizzato un piccolo capolavoro, per come accompagna l’azione, per il modo in cui riesce a calciare il pallone, coordinandosi in una frazione di secondo. E pensare che il motore del centrocampo azzurro, contro l’Albania, non avrebbe dovuto nemmeno giocare, a causa di qualche problemino muscolare accusato in settimana. E invece Barella c’è, e ha dimostrato ancora una volta di essere un giocatore che molte Nazionali ci invidiano. Senza timore di smentita. Basta riguardare il suo gol, per capire cosa intendiamo:
Se premete play, potete (ri)gustarvi il gol di Barella da tre angolazioni diverse
Gianluca Scamacca come Nikola Jokic
C’è stato un attimo della partita contro l’Albania in cui Gianluca Scamacca è diventato Nikola Jokic. E, come in una delle scene più belle de Il mio amico Eric, «non è stato un gol, è stato un passaggio». È accaduto al 32′ del primo tempo, quando l’Italia aveva già ribaltato il risultato e sembrava poter fare il terzo ogni volta che riusciva a trovare l’uomo libero alle spalle delle linee nemiche; se mettete questo video in pausa al momento giusto potrete notare che, subito dopo il tocco in verticale di Jorginho. nel cono d’ombra centravanti dell’Atalanta ci sono cinque avversari; e mentre tutti sono impegnati a immaginare cosa farà, chiedendosi come riuscirà ad aggirare una difesa che sta per collassargli addosso, lui ha già fatto passare il pallone in un spazio così piccolo che un pallone non ci starebbe nemmeno, creando dal nulla una traccia interna tra centrale e terzino in cui solo chi lo conosce bene come Frattesi – «Ci siamo fatti i conti: dalle giovanili abbiamo passato almeno 700 giorni in camera insieme», ha detto Frattesi in un’intervista a La Repubblica – poteva credere sul serio.
Quando ci hanno creduto anche gli altri, in certe giocate di Scamacca, l’Italia ha creato delle occasioni da gol – Pellegrini, tiro fuori 70 secondi dopo la rete di Bajramj – e/o ha segnato: la rete del 2-1 nasce da un suo tentativo di cola de vaca all’interno dell’ara di rigore, un tentativo che ha convinto i difensori albanesi che bisognava occuparsi solo di lui, dimenticandosi di Dimarco e Barella. Il fatto che ci si ricordi di tutto questo in una partita in cui Scamacca non ha segnato dimostra quanto il centravanti dell’Atalanta sia capace di condizionare chi gioca con e contro di lui, quanto sia capace di mandare in tilt i suoi avversari, costretti a perdere dei tempi di gioco perché impegnati a pensare a cosa potrà fare Scamacca. Proprio come accade in Nba a tutti quelli che affrontano Nikola Jokic.
Il controcanto delle bischerate
Visto che ci sono tante note positive, a questo punto potremmo prendere in prestito una battuta piuttosto celebre tratta da un film di Aldo, Giovanni e Giacomo: «Meraviglioso, bello, bello. Ma intanto come abbiamo fatto a vincere solo 2-1 contro l’Albania?». La risposta a questa domanda l’ha fornita Luciano Spalletti nelle interviste del postpartita, quando ha detto che «noi siamo così, abbiamo la bischerata sempre in canna». Ovviamente si riferiva al gol tragicomico concesso al primo pallone giocato, ma forse anche all’unica distrazione di Calafiori: al minuto 90 e rotti il difensore del Bologna ha letto malissimo un lancio lungo verso Manaj, e solo un’uscita da yeti di Donnarumma ha evitato un pareggio-beffa.
In realtà, visto che conosciamo Spalletti, siamo certi che la sua frase a effetto vada oltre i singoli episodi, per quanto grossi. Il ct dell’Italia sa benissimo di avere per le mani una squadra con un bel po’ di talento e anche moderna, fluida, capace di interpretare tantissime variabili tattiche, ma che al tempo stesso dà la sensazione di non essere ancora smaliziata, di non essere ancora crudele quando deve ammazzare le partite, di non essere ancora dura come il ferro quando invece le partite deve gestirle. È una questione di gioventù e di inesperienza, certo, ma in fondo l’esperienza si fa sul campo. E allora è bello pensare che questa Italia stia lavorando sui suoi difetti in partite di primo livello, che stia preparando qualcosa di importante in vista del futuro mentre si gode il presente. Ok, va bene: contro Spagna e Croazia sarà sicuramente diverso. Ma intanto c’è un uomo dalla panchina che ti avverte che la bischerata è in agguato, che le bischerate non vanno fatte, che c’è sempre un modo per non farle, e magari lo dice anche ai giornalisti. In questo modo, proprio in questo modo, però, quell’uomo – quel commissario tecnico – ti ha dato fiducia, ti sta facendo crescere. Ti sta facendo giocare un Europeo da protagonista. Neanche questo è così scontato, a pensarci bene.