Lo scouting del Red Bull Salisburgo è più piccolo di quello che pensi, ma funziona benissimo

Haaland, Szoboszlai e molti altri talenti sono stati scovati da un piccolo gruppo di persone.

Benjamin Sesko, Noah Okafor, Karim Adeyemi, Patson Daka, Dominik Szoboszlai ed Erling Haaland. Questi sono solo alcuni dei calciatori, solo i più importanti, che sono stati scovati e allevati nell’Academy del Red Bull Salisburgo prima di trasferirsi nelle migliori società d’Europa. Non occorre specificare le cifre investite e quelle incassate dal club austriaco per tutte queste operazioni di mercato: sarebbe quasi offensivo nei confronti di chi lavora nello scouting e nelle squadre giovanili, visto che i soldi sono solo la conseguenza di un processo che è diventato modello. E che fa scuola in tutta Europa, soprattutto se consideriamo quanti professionisti formati in Red Bull – allenatori, ma anche osservatori e dirigenti – sono stati assunti da altre squadre.

Ma come funziona davvero lo scouting e quindi il modello Red Bull? Come fanno a intercettare alcuni tra i talenti più promettenti del calcio mondiale prima degli altri? Per quanto riguarda il Salisburgo, qui c’è un articolo-intervista davvero interessante: Marca, infatti, ha fatto parlare Bernhard Seonbuchner, direttore sportivo della squadra che sta monopolizzando il calcio austriaco. E che, giusto per capire la dimensione e la continuità del fenomeno, due settimane fa ha vinto per 2-0 in casa del Benfica, l’ha fatto con la squadra dall’età media più bassa mai schierata in una gara di Champions (21 anni e 183 giorni) e nel frattempo sta lanciando i vari Simic, Gloukh, Konaté, Dedic e Pavlovic. «Noi non abbiamo alcun segreto», spiega Seonbuchner. «Solo talento e volontà di lavorare sodo».

Per trovare tutti questi giovani, penserete voi, il RB Salisburgo deve avere un team piuttosto ampio di scout, analisti, osservatori. E invece non è così. Anzi, lo staff che si occupa di individuare i giocatori del futuro è anche scarno, rispetto a quello di altri club: «Abbiamo meno di dieci persone che fanno tutto», confessa Seonbuchner. «Possiamo permettercelo perché il mercato di giocatori che ci interessa non è poi così grande: abbiamo obiettivi ben definiti». Si tratta di giovani tra i 16 e i 19 anni che hanno caratteristiche fisiche in grado di fare ciò che richiede il Salisburgo, vale a dire «giocare un calcio offensivo, essere aggressivi e intensi: l’obiettivo che ci poniamo sempre è recuperare la palla il prima possibile e attaccare la porta avversaria nel minor tempo possibile». Lavorando in questo modo, il cerchio si restringe molto: non c’è bisogno di tanti osservatori. E poi c’è la tecnologia: «Per fare scouting utilizziamo molto i video e i dati, cioè su statistiche molto specifiche», dice Seonbuchner.

E poi ci sono anche gli aspetti emotivi legati all’età e al processo formativo: «Quando individuiamo i giocatori che vorremmo acquistare», spiega ancora Seonbuchner, «diamo molta importanza al talento, ovviamente. Ma ci concentriamo anche sull’eventuale sviluppo dell’atleta e dell’uomo. Cerchiamo dei calciatori che non hanno ancora scalato l’Everest, ma hanno voglia di farlo. E noi gli diamo questa opportunità: con le nostre squadre giovanili, con la nostra società affiliata – il Liefering, che milita nella seconda divisione – e poi dandogli fiducia una volta che arrivano in prima squadra. In questo modo loro crescono, valorizzano le loro doti e noi ne traiamo vantaggio. Tecnico ed economico». Non c’è molto altro da aggiungere.