Il tristissimo declino di Isco

Era uno dei talenti più scintillanti del calcio europeo, ora è svincolato da sei mesi. E in Spagna si dice che stia aspettando il Rayo Vallecano.

C’è stato un tempo, neanche tanto lontano, in cui Isco era considerato uno dei talenti più luccicanti del calcio europeo. A dirlo non erano solo analisti e giornalisti: dopo un eloquente 6-2 in casa del Deportivo La Coruña, Zinédine Zidane disse che Isco «è fenomenale, fa cose che non tutti sono in grado di fare». Zidane si riferiva alle letture avanzatissime di Isco, al fatto che fosse un calciatore senza un ruolo ben definito eppure in grado di essere decisivo in tutte le fasi di gioco, anche perché si trattava di un vero e proprio tuttocampista: quando si è affacciato al professionismo era un trequartista/esterno di grande creatività, poi col tempo ha arretrato il suo raggio d’azione, si è trasformato in una mezzala o anche in un interno di centrocampo. Oggi, di quel giocatore, non è rimasto niente. Lo racconta in questo articolo il quotidiano spagnolo El Confidenciál: a 31 anni compiuti lo scorso 21 aprile, Isco è un calciatore svincolato e che ha già bussato alla porta di diverse squadre di Liga per trovare un ingaggio.

Ma come siamo arrivati a questo punto? Tutto comincia ad andar storto dopo l’addio di Zidane – con cui, in realtà, il rapporto si era già incrinato nella primavera del 2018 – e del suo successore Lopetegui, che fin dal suo arrivo a Madrid gli aveva dato piena fiducia. Con Solari in panchina Isco viene messo ai margini, e così perde non solo la sua brillantezza fisica, ma anche una buona dose di motivazione. A quel punto, neanche il rientro di Zidane riesce a rianimarlo sul serio: nelle due stagioni successive, sempre con Zizou in panchina, Isco viene progressivamente relegato al ruolo di comprimario di lusso, anche a causa di alcuni infortuni muscolari che gli impediscono di essere decisivo – primo tra tutti una lesione al bicipite femorale accusata nella prima parte dell’annata 19/20.

Il ritorno di Carlo Ancelotti, due anni fa, sembrava poter rimettere le cose a posto. In fondo si trattava dell’allenatore che nel 2013 aveva lanciato la carriera di Isco nel Real, di un grande estimatore del suo talento. Ecco, proprio il fatto che Ancelotti l’abbia definitivamente tagliato dal Madrid – appena tre gare da titolare in tutte le competizioni in tutta la stagione 2021/22, con zero minuti in Champions League – rappresenta il segnale per cui qualcosa si è rotto in maniera irrecuperabile. Per molti, in Spagna, il problema di Isco è l’atteggiamento svogliato manifestato in partita e negli allenamenti, e quindi ogni pretesto è buono per attaccarlo; nel mirino degli ipercritici è finita anche sua moglie, l’attrice Sara Sálamo, perché avrebbe avuto un impatto negativo sulla carriera del marito.

Il fondo è stato toccato questa stagione: Isco, dopo aver annunciato l’addio al Real Madrid a scadenza di contratto, si è accasato al Siviglia. È inevitabile pensare che per lui debba aver garantito Julen Lopetegui, solo che il tecnico basco è stato esonerato a causa dalla profondissima crisi vissuta dal club andaluso a inizio stagione. Il suo sostituto in panchina, Jorge Sampaoli, non è riuscito a creare un buon rapporto con Isco, e lo stesso discorso vale per il direttore sportivo Monchi – che al Siviglia ha avuto un’influenza enorme, e usiamo il verbo al passato perché pare sia a un passo dalla rescissione del contratto e dal passaggio all’Aston Villa, la squadra dove lavora Unai Emery.

E così, dopo solo sei mesi, si è consumato il divorzio: Isco ha firmato la rescissione consensuale a dicembre e da allora non è legato a nessuna squadra. Secondo quanto racconta El Confidenciál, ha passato questi mesi ad allenarsi da solo, cioè con il supporto di un personal trainer, si è dedicato alla famiglia e a cercare di ricostruire non solo il suo corpo, ma soprattutto la sua mente. Sì perché Isco, dopo l’addio al Siviglia, ha vissuto un’altra serie di delusioni: per la prima volta in vita sua, aveva deciso di considerare l’opportunità di lasciare la Spagna, di trasferirsi all’estero, e così aveva iniziato a valutare un’offerta dell’Union Berlin. Prima ancora, aveva accarezzato l’idea di unirsi al Betis – dove allena Manuel Pellegrini, uno dei suoi mentori – o al Villarreal, inoltre si erano fatte avanti alcune squadre turche, brasiliane, messicane. Alla fine, però, nessuna di queste operazioni è andata a buon fine, e così la decisione è stata quella di prendersi una pausa.

Ora, però, Isco e il suo agente, Jorge Mendes, hanno la necessità di ripartire. Il club a cui viene accostato in maniera più frequente è il Rayo Vallecano, che negli ultimi anni – si vedano i casi di Falcao e Raúl de Tomás – è come se si fosse specializzato nel recupero di calciatori di qualità e d’esperienza. Per un ex giocatore del Real Madrid, per un uomo che ha costruito la sua vita e la sua famiglia nella capitale, Vallecas potrebbe essere il posto giusto per ripartire: meno ambizioni e quindi meno pressioni, più possibilità di giocare con spensieratezza e libertà. Certo, in realtà il Rayo deve ancora trovare il successore del tecnico Andoni Iraola, e solo dopo aver risolto questo problema potrà concentrarsi davvero sul mercato, eventualmente sull’operazione-Isco. A pensarci bene, anche questo è un segnale, è il sintomo di un declino davvero triste, di un epilogo davvero inatteso, per il fantasista andaluso: solo quattro o cinque anni fa, sembrava impossibile che l’Isco del futuro avrebbe dovuto aspettare una squadra di seconda fascia come il Rayo, per riprendere a giocare dopo oltre sei mesi di inattività. E invece sta andando esattamente in questo modo.