Tre cose sulla 33esima giornata di Serie A

Una splendida volata Champions, il dominio di De Paul, la rimonta del Cagliari.

 

Il bellissimo mini-torneo che vale la Champions League

Il paradosso è che la Champions League non avrebbe dovuto praticamente esistere, a questo punto: solo pochi giorni fa si parlava di Super Lega chiusa, di un nuovo torneo organizzato da 12 top club europei che avrebbe inevitabilmente “svuotato” la più importante competizione europea. E invece oggi ci sono cinque squadre in pochissimi punti per tre posti nei gironi della prossima edizione. Merito dei risultati dell’ultimo turno e delle ultime settimane: se fino a qualche tempo fa, il Milan sembrava avere un vantaggio rassicurante sulle inseguitrici, lo 0-3 patito a Roma con la Lazio ha incredibilmente accorciato la classifica. Ora siamo così: Atalanta 68, Napoli, Juventus e Milan 66, Lazio 61 con una gara da recuperare, quindi potenzialmente a 64 punti. E ci sono ancora cinque giornate da giocare, con qualche scontro diretto da brivido e tanti incroci con le squadre in lotta per non retrocedere.

Lazio e Atalanta hanno il ruolino di marcia migliore (13 e 12 punti nelle ultime cinque gare, rispettivamente) ma da qui alla fine del campionato dovranno affrontare partite piuttosto dure: la squadra di Inzaghi sfiderà la Roma nel derby, il Genoa, la Fiorentina e il Sassuolo, tutte squadre ancora in lotta per i propri obiettivi; per Gasperini, se possibile, sarà anche peggio: Sassuolo, Parma, Benevento, Genoa e soprattutto il Milan all’ultima giornata, e in più ci sarà anche la finale di Coppa Italia contro la Juventus. Probabilmente la squadra che ha il calendario più morbido è il Napoli, per altro reduce da un percorso molto convincente (23 punti nelle ultime dieci partite): considerando gli scontri diretti, a Gattuso basterà vincere quattro delle cinque gare che restano per non uscire dalla zona-Champions, solo che gli azzurri sfideranno Cagliari, Spezia e Fiorentina (oltre a Udinese e Verona), tre avversarie ancora coinvolte nella corsa-salvezza. Infine, Milan e Juventus. La loro è la situazione più pericolosa, perché il grande andamento nella prima parte di stagione (guardando ai rossoneri) e il valore della rosa e delle ambizioni (per i bianconeri) sembrava dovessero portare a un finale di campionato molto diverso. E invece entrambe sono in bilico, entrambe rischiano di dover giocare l’Europa League, tra l’altro dovranno anche affrontarsi nello scontro diretto di domenica 9 maggio, una gara che potrebbe essere lo spartiacque della stagione. Il Milan dovrà giocare anche contro Benevento, Torino, Cagliari e Atalanta, e si tratta evidentemente di un finale di campionato davvero complicato; per Pirlo, invece, due squadre che non hanno niente da chiedere al campionato (Udinese e Bologna), ma poi solo match delicatissimi: Milan, Sassuolo, Inter e la finale di Coppa Italia contro l’Atalanta. Sarà un finale davvero incerto ed elettrizzante, anche perché in palio c’è una fetta enorme di futuro, di blasone, di programmazione economica.

Rodrigo De Paul vince le partite da solo

A guardare solo le cifre (otto gol e otto assist in 2775′ di gioco in Serie A), la stagione di Rodrigo De Paul sembrerebbe buona o poco più. Poi però c’è tutto un mondo dentro e intorno alle sue partite, un mondo da scoprire e che strabilia: a Benevento, in una gara dall’impatto potenzialmente enorme sulla stagione dell’Udinese, il centrocampista argentino ha praticamente vinto da solo. E non l’ha fatto con i gol, ma con due assist e con un dominio tecnico ed emotivo che non conosce similitudini a certe latitudini di classifica. L’Udinese di Gotti è una squadra minimalista ed essenziale, ma non perché l’allenatore bianconero sia un tattico sprovveduto, piuttosto perché è giusto mettere tutto nei piedi e nel cervello di De Paul: l’ex Valencia gestisce gli attacchi posizionali e le manovre in transizione; sa, vuole e va a prendere palla in ogni zona del campo, senza soluzione di continuità; e poi la porta su, al limite dell’area avversaria, dove gli basta vedere, o anche solo sentire, il movimento giusto per creare un’occasione da gol. Non c’è un giocatore forte e decisivo come lui in tutte le squadre che, in classifica, sono dall’ottavo posto in giù, e molto probabilmente anche Inter, Atalanta, Napoli, Juventus e Milan potrebbero affidargli tranquillamente una maglia da titolare, non ci sarebbe nessuno scandalo. Anzi, se proprio vogliamo trovare una stortura, basti pensare al fatto che De Paul compirà 27 anni appena dopo la fine di questo campionato e non ha ancora raggiunto i 150′ di gioco in Champions League. Tra l’altro, gli unici 144′ li ha messi insieme al Valencia, quando era un giovane talento sfrontato quanto acerbo. La salvezza (stavolta) comoda dell’Udinese è passata da un supporting cast di buon livello, ma ancora una volta l’attore principale è stato lui, l’ex fantasista estemporaneo trasformato in centrocampista, anzi in centro motore e padrone del gioco, l’ex incompiuto diventato calciatore decisivo. E che magari meriterebbe di provarci anche in una squadra più ambiziosa: sarebbe ora, sarebbe giusto.

La sintesi di Benevento-Udinese

Il Cagliari, la rimonta e il valore di un allenatore

Le quattro sconfitte consecutive arrivate tra il 14 marzo e l’11 aprile sembravano aver messo fine al campionato del Cagliari, o quantomeno sembravano aver cancellato ogni residua speranza di salvezza. Non per la matematica, ma era una questione di sensazioni: la squadra sarda dava l’impressione di sentirsi condannata, di non avere le risorse tecniche ed emotive per poter credere ancora alla rimonta. Poi è arrivato il finale di partita di Cagliari-Parma, due gol nei minuti di recupero che hanno cambiato il volto di questo finale di stagione, che hanno portato i primi tre punti dopo un mese e mezzo, che hanno dato il via al mini-ciclo di tre successi consecutivi contro Udinese e Roma. È stata sicuramente un’inversione di tendenza mentale, ma questa lettura rischia di semplificare la faccenda: è con Semplici, grazie a Semplici, al suo lavoro, alle sue intuizioni, che il Cagliari può cullare ancora la speranza di restare in Serie A. Era evidente, già nelle prime giornate di campionato, che le idee di Di Francesco non fossero sintonizzate con il Cagliari, con la rosa rossoblu, e per una volta il cambio in panchina è stata una scelta intelligente: l’ex tecnico della Spal ha ricominciato a sfruttare giocatori importanti come Pavoletti, ha dato una nuova dimensione a Nandez, ha valorizzato Marin, insomma ha ripreso il comando di una nave alla deriva, riportandola quantomeno nei pressi della rotta giusta. La vittoria con la Roma è il frutto di questo lavoro, perché non possono bastare ardore e fiducia alle stelle, servono anche qualità e coerenza tattica, soprattutto nel calcio di alto livello, per poter raggiungere i risultati. Semplici ha dimostrato quanto può essere importante il contributo di un allenatore, ora il Cagliari deve fare il resto, se vuole davvero salvarsi. Le sfide che restano, contro Napoli, Benevento, Fiorentina, Milan e Genoa, non saranno facili, ma la parte più difficile – rimontare quando sembrava ormai impossibile – è già stata fatta, in realtà.

Cagliari-Roma 3-2