La Cartuja, lo stadio di Siviglia che ospiterà la finale di Copa del Rey, ha una storia unica e contraddittoria

Costruito negli anni Novanta, sarebbe dovuto diventare la casa di Siviglia e Betis. Ma è diventato un terreno di scontro politico e ideologico.

In questi giorni, inevitabilmente, in Spagna si è parlato moltissimo dello stadio La Cartuja di Siviglia, dove si giocherà la finale di Copa del Rey tra Barcellona e Real Madrid. Non è la prima volta che l’impianto andaluso ospita l’ultimo atto del torneo, anzi ormai è una vera e propria consuetudine: dopo gli assaggi del 1999 e del 2001, è da cinque stagioni che la finale si disputa sempre in questo campo da 57mila posti, inaugurato nel 1999 e che è stato teatro anche di una finale di Coppa UEFA (2003) e di quattro gare degli Europei itineranti del 2021. Nelle ultime settimane, i media spagnoli hanno seguito i lavori che hanno interessato le tribune e soprattutto il campo della Cartuja, rifatto a tempo di record proprio per poter ospitare il Clásico. Ma tutta questa attenzione è servita anche per scoprire la storia unica e contraddittoria di uno stadio che non è stato costruito per nessuna squadra. E che ha suscitato e continua a suscitare polemiche, contrasti politici e ideologici.

La prima pietra è stata posta nel 1997, l’inaugurazione è avvenuta nel 1999. Il nome, La Cartuja, in italiano si tradurrebbe “La Certosa”. Ed è legato al fatto che si trova su un’isola fluviale che ospita un importante monastero. Proprio in questa zona, nel 1992, si tenne l’Esposizione universale del 1992. Ed è da quella esperienza che è nato l’impulso di costruire lo stadio. O meglio: secondo Alejandro Rojas-Marcos, sindaco della città andalusa negli anni Novanta, il nuovo impianto avrebbe dovuto fare da volano per la candidatura olimpica di Siviglia. Lo ha raccontato proprio lui in un’intervista a El Confidencial: «Durante l’Expo del 1992 ho incontrato 0 o 60 capi di Stato, e tutti mi hanno messo in guardia sulla depressione che la città avrebbe subito dopo un evento del genere. Siamo riusciti a raccogliere 200mila firme per sostenere la candidatura olimpica per le edizioni successive, ma le cose non sono andate come speravamo. Anche perché Barcellona 92, come dire, chiuse le porte a un’altra assegnazione alla Spagna».

In effetti i due tentativi fatti da Siviglia per ospitare i Giochi, nel 2004 e nel 2008, andarono male. Proprio in virtù di questa vicenda, il progetto della Cartuja è stato molto criticato. Luis Pizarro, leader della Sinistra Unita (IU) che era praticamente l’unica voce di dissenso quando venne presentato il progetto, ricorda che «a noi sembrava un delirio di grandezza del sindaco, nient’altro. Dopotutto: quale altra città ha costruito uno stadio così grande, così costoso (120 milioni di euro, ndr), senza che le Olimpiadi le siano state già assegnate?».

I lavori di costruzione, che alla fine vennero assegnati a un’azienda che faceva capo a Florentino Pérez, divennero una sorta di caso nazionale. In seguito, La Cartuja è riuscito a ospitare i Campionati Mondiali di Atletica del 1999. Su una pista che poi negli anni successivi è stata eliminata, perché l’obiettivo era che i due club più importanti della città, il Siviglia e il Betis, abbandonassero i propri impianti e traslocassero sull’isola. Ed ecco un altro aspetto controverso, forse il più controverso in assoluto: i presidenti Luis Cuervas e Manuel Ruiz de Lopera furono i primi a essere contattati dal sindaco per valutare l’idea di uno spostamento, ma poi alla fine non se ne fece nulla. Per diversi motivi, innanzitutto politici e di convenienza. A un certo punto sembrava che il Betis fosse sul punto di trasferirsi alla Cartuja, ma il club biancoverde pose la condizione di rilevare lo stadio, che invece era stato costruito con fondi pubblici.

Tra il 1999 e il 2006, La Cartuja è stato praticamente inutilizzato come impianto sportivo: appena sette partite ufficiali, solo i concerti generavano delle entrate che giustificavano – in parte, ovviamente – la sua esistenza. Poi nel 2011 venne allestito un campo da tennis che ospitò la finale di Coppa Davis tra Spagna e Argentina, vinta dalla Nazionale di casa. Secondo Rojas-Marcos, «il mio partito (Partito Andaluso) era troppo piccolo, troppo poco importante, e quindi La Cartuja doveva restare lì, ferma». Ora, come detto, le cose sono cambiate: oltre alle finali di Copa del Rey e a diverse partite della Nazionale spagnola, lo stadio sivigliano è stato scelto anche per ospitare alcune partite del Mondiale 2030. È già qualcosa.

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