La Coppa Italia non piace a nessuno, eppure è molto più ricca delle coppe nazionali degli altri Paesi

Il secondo trofeo del nostro calcio distribuisce premi decisamente più alti rispetto a Copa del Rey e FA Cup.

Fare i conti con le critiche. E passare all’incasso. Sulla formula – prevedibile e monotona – della Coppa Italia s’è scritto e riscritto, ma dietro l’ostinazione della Lega Serie A si celano concreti incentivi economici che fanno contenti tutti. Dal massimo campionato ai club che vi partecipano. In cifre? 58 milioni di euro in diritti televisivi – nel pacchetto è inclusa anche la Supercoppa italiana – più altri 27 milioni in montepremi, divisi ovviamente per quantità di partite giocate e vinte (fonte: Calcio e Finanza). Il successo in finale, per un top club entrato agli ottavi, vale una cifra intorno ai 7,1 milioni di euro, mentre accedere all’ultimo atto dovrebbe valere almeno 4,6 milioni di euro. Nessuna tra le principali coppe nazionali europee arriva a tanto. Nemmeno la FA Cup inglese.

È l’altra faccia della medaglia del torneo nostrano, sempre nel mirino dei tifosi. Ma si sa, il calcio oggi è più che mai business. E in questo senso, sotto il profilo finanziario la Coppa Italia poggia su solide basi. Basta un rapido confronto con l’estero. Partiamo dalla Spagna, dove questo sabato si disputerà l’ultimo atto della Copa del Rey: chi vince, fra Real e Barça, si aggiudicherà 2,1 milioni di premio in denaro. Meno della metà (4,4 milioni) di chi invece solleverà il trofeo all’Olimpico. E per le fasi precedenti del torneo la musica non cambia: arrivare ai quarti di finale in Spagna (0,52 milioni) vale appena di più di chi si ferma agli ottavi in Italia (0,4). Va però sottolineato che i club spagnoli possono contare su una buona dose di introiti extra, a partire dalla condivisione dei ricavi al botteghino – un volano soprattutto per le squadre di serie minori.

Lo stesso accade in Inghilterra, dove quest’anno ha fatto notizia il jackpot pescato dal Cambridge United: disputare il quarto turno di FA Cup a Old Trafford, contro i Red Devils, ha garantito alla compagine di League One (terza divisione) incassi per 1,4 milioni di euro – molto più di quanto accumulato nell’intera stagione. Traiettorie di sviluppo chiare, che le italiane invece si sognano: chissà come meccanismi di questo tipo potrebbero risollevare l’indebitata Serie C. Eppure in termini di montepremi le distanze restano, con le quote per le partecipanti alla FA Cup inferiori in ciascun turno rispetto alla Coppa Italia. Fino al bonus vittoria: soltanto 2,3 milioni, mentre dagli ottavi in poi la Football Association ne stanzia 13,5 in totale. Esattamente la metà della cifra messa a disposizione da FIGC-Lega Serie A.

C’è poi un altro dato che la dice lunga sul valore della competizione. A partire dal 2025/26, la FA Cup ha raggiunto un accordo da record con TNT Sports: 77 milioni di euro a stagione per i prossimi quattro anni, che l’emittente privata targata Warner Bros. dovrà versare per trasmettere le partite in chiaro. Una cifra più alta, rispetto ai diritti tv per la Coppa Italia (in crescita costante: erano 48 milioni nel triennio 2021-24, 35 per il 2018-21 e 22 per il 2015-18). Ma non così tanto più alta, se si pensa che quei 58 milioni rappresentano il 75% di quanto riesce a incassare la FA Cup. Per intenderci, il confronto fra Serie A e Premier League è decisamente più impietoso: 1,07 miliardi distribuiti alle squadre italiane rispetto ai 3,69 destinati alle inglesi (il 29%). L’ultimo problema del nostro calcio è insomma la Coppa Italia. Copione soporifero a parte, ma c’è chi se ne fa una ragione.

Leggi anche