L’Inter non può permettersi di giocare per il pareggio

A Bologna è arrivata l'ennesima dimostrazione: la squadra di Simone Inzaghi deve andare sempre a mille, per poter ottenere risultati.

Per l’Inter, dopo la sconfitta di Bologna, la buona notizia è che le espressioni del viso sono diverse di quelle del 2022: tra i nerazzurri, che al Dall’Ara hanno rivisto i fantasmi di uno scudetto perso, il sentimento che domina è differente rispetto a tre anni fa. Allora, complice anche l’errore di Radu, si percepivano lo sconcerto e la preoccupazione di non riuscire a riprendere più il Milan, cosa poi effettivamente accaduta. Ora invece la squadra di Inzaghi è comunque in testa alla classifica, seppur a pari merito con il Napoli, ed esprime soprattutto rabbia. Forse perché è consapevole, come ha sottolineato lo stesso Inzaghi, di non aver meritato la sconfitta, ma di aver abbassato i ritmi. Ovvero una condizione che ora non si può permettere, proprio quando ne avrebbe più bisogno, quando ha già 50 partite stagionali sulle spalle.

«Avremmo accettato volentieri un pareggio», ha confessato Inzaghi a Dazn nel post partita. Raramente il tecnico dell’Inter si è esposto in questa maniera. Come a dire: va bene, dobbiamo muovere la classifica anche quando non siamo brillanti. È una visione legittima, anzi. sacrosanta: per ovvi motivi, mentali e fisici e tecnici, l’Inter non può essere smagliante. Non può esserlo in tutte le partite, quantomeno. Eppure, paradossalmente, deve esserlo se vuole per fare punti. Punti che sono necessari, visto che in classifica c’è un’inseguitrice che non molla.

Se sta bene l’Inter è tra le squadre più forti d’Europa, lo ha dimostrato nella doppia sfida contro il Bayern, sia a Monaco che a Milano. Allo stesso tempo, però, è evidente anche che la forza dei nerazzurri sia una questione collettiva, di sistema: Inzaghi non ha giocatori che risolvono le partite da soli, la  sua squadra deve sempre spingere al massimo per potersi esprimere in modo efficace. E se il livello degli avversari si alza, come nel caso della gara contro il Bologna, per altro ad appena quattro giorni dalla grande notte di San Siro contro il Bayern, allora le cose possono diventare complicate.

C’è un paragone sportivo piuttosto sfizioso: in questo periodo l’Inter assomiglia al primo Nadal, quello del 2004, ovvero un tennista che necessitava di spingere al massimo per vincere. Se non lo faceva, se si metteva a gestire le partite, il fuoriclasse spagnolo poteva incappare in brutte giornate, in brutte sconfitte. Certo, nel caso dell’Inter lo 0-1 del Dall’Ara non è un upset così inatteso, così disastroso. Eppure si deve parlare di una sconfitta non casuale: a condannare la squadra di Inzaghi questa volta non è stato uno stop grossolano, ma un’evidente abulia offensiva. E poi, al minuto 94′, è arrivata una lettura sbagliata su rimessa laterale degli avversari. A Bologna i protagonisti in negativo sono stati Bisseck e poi Dimarco, rimasto lontano da Orsolini in marcatura. Intendiamoci: il 7 rossoblù ha tirato fuori un capolavoro alla Orsonaldo per battere Sommer e raggiungere il proprio record di gol in una stagione Serie A (12), una mezza rovesciata extralusso. Ma se si affronta il Bologna, considerando la qualità del gruppo in mano a Vincenzo Italiano, una giocata del genere deve essere messa in conto. E allora bisogna essere attenti, anzi attentissimi, fino al fischio finale dell’arbitro.

La sintesi di Bologna-Inter 1-0

Proprio dopo il fischio finale, l’Inter ha manifestato una certa rabbia: secondo Inzaghi e i suoi giocatori, lo ha spiegato lo stesso tecnico nel postpartita, la rimessa laterale che ha portato al gol di Orsolini è stata battuta in posizione troppo avanzata. A guardarla da una certa angolazione, questo tipo di reazione evidenzia che quella nerazzurra è una squadra ancora vitale. È ciò che serve, anche perché il calendario si fa sempre più ingolfato e quindi complicato: mercoledì c’è il ritorno della semifinale di Coppa Italia contro il Milan (si parte dall’1-1 dell’andata), poi a San Siro arriverà la Roma in corsa per l’Europa, infine ci saranno le due gare contro il Barcellona che chiudono nel panino la sfida al Verona, in cerca dei punti che mancano per la salvezza. Insomma siamo alla vigilia di 15 giorni, dal 21 aprile al 6 maggio, in cui l’Inter si gioca tutte le fiches della stagione.

Fino a febbraio, il load management di Inzaghi – inteso come distribuzione del minutaggio ai giocatori che compongono la rosa – ha riguardato soprattutto la Champions: Inzaghi ha ruotato spesso in Europa, cambiando fino a sette o otto uomini nelle gare consecutive giocate tra ottobre e novembre. Gli esiti sono stati eccellenti, l’Inter ha chiuso al terzo posto nella League Phase mentre continuava a duellare col Napoli in campionato, tutti i giocatori dell’organico sono cresciuti nel rendimento e nella fiducia. Dagli ottavi in poi, però, il livello si è alzato e l’allenatore ha derogato sempre meno dall’undici di base. Gli infortuni da affaticamento degli esterni e degli attaccanti, Dimarco, Dumfries e Thuram in particolare, hanno accorciato ulteriormente le soluzioni a disposizione.

E in fondo il punto è proprio questo: le assenze, la mancanza di alternative e l’inevitabile stanchezza fisiologica stanno impedendo all’Inter di spingere sempre a fondo sull’acceleratore. Anche solo in senso figurato. La squadra di Inzaghi, un po’ come successo a Parma due settimane fa, si è ritrovata a dover giocare una partita al di fuori della propria comfort zone – anche per merito del Bologna, naturalmente – e ha dimostrato di non avere né gli strumenti, né tantomeno la forza di invertire la situazione. Quella dei nerazzurri è una condizione estrema, anche nobile se vogliamo: per tutta la stagione sono riusciti a fare bene, anzi benissimo, e così a fine aprile si ritrovano in corsa su tre obiettivi. Inzaghi, i suoi giocatori e la sociatà hanno – giustamente – scelto di non scegliere, di andare all-in su tutte le competizioni. Questi grandi risultati, però, si devono a una rosa e a un sistema di gioco che non sono (ancora?) pronti per gestire le partite, per approcciarle in modo da non perderle. Non è una colpa, è semplicemente una realtà che salta agli occhi ogni qual volta che i nerazzurri si ritrovano invischiati in una gara – soprattutto di campionato – che non va come speravano, e allora forse sarebbe meglio sapersi accontentare di un pareggio. Proprio come ha detto Inzaghi.

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