I fisici sono protagonisti di questa storia calcistica. Ma non parliamo di quelli dei giocatori, ma di laureati in fisica. E che lauree, dato che sono state conseguite in college prestigiosi come Harvard e Cambridge. È da questo bacino che il Liverpool ha pescato per costruire un team di ricerca guidato da William Spearman, che ha conseguito un dottorato in fisica delle particelle ad Harvard. Come riportato da The Athletic, Spearman è stato assunto dall’ex manager del team, Ian Graham, dottore in fisica biologica a Cambridge. Tra i colleghi di Spearman ci sono Dafydd Steele (responsabile della scienza dei dati, con un master in processi stocastici e matematica finanziaria) e Tim Waskett (ricercatore statistico con un dottorato in astronomia). Il gruppo di scienziati sta ulteriormente crescendo dopo l’assunzione di Laurie Shaw, proveniente dal City Football Group, che ha preso un dottorato in astrofisica computazionale, ha fatto il ricercatore e il docente nell’Ivy League, il gotha delle università americane. E a tempo perso, si fa per dire, è stato anche consigliere per il governo britannico.
Ma tutte queste grandi menti come possono aiutare i Reds? Alla base di questa idea – che è venuta al Fenway Sports Group, la holding proprietaria del Liverpool – è paragonare il comportamento delle particelle di materia nello spazio a quello dei giocatori in campo. Ciò che all’inizio può sembrare un movimento casuale e disordinato può invece essere studiato statisticamente per prevedere gli scenari futuri. Spearman è il padre di un modello di analisi del campo che quantifica la probabilità per cui un giocatore possa controllare la palla, supponendo che si trovi in un determinato punto. L’impronta dell’analisi statistica, infatti, non cambia. Che si parli di materia, di oggetti astronomici o di calciatori.
Per far sì che gli analisti non avessero nessun tipo di background che possa influenzare il risultato finale, il Liverpool ha scelto di guardare fuori dal mondo dello sport. Il grande architetto del progetto è il CEO Michael Edwards, da sempre appassionato di statistica. Fin da subito il dirigente ha voluto affidare grandi responsabilità a questo gruppo, coinvolgendoli in numerose scelte di mercato che hanno fatto la fortuna della squadra, come quelle relative a Salah, Robertson, Mané e Diogo Jota, giocatori inseritisi perfettamente nel sistema di Klopp. Proprio l’allenatore tedesco, però, è sempre stato un po’ scettico su questa applicazione scientifica del calcio, tanto che nel corso degli anni, una volta assunta sempre più influenza nelle operazioni di mercato, non ha guardato troppo i dati. Un esempio? L’acquisto, non fortunatissimo, di Darwin Nuñez. Nell’agosto del 2024 Graham ha confessato a The Athletic che una delle ragioni principali per l’arrivo dell’uruguaiano nel 2022 sono state le sue prestazioni eccezionali contro il Liverpool quando giocava nel Benfica. Un approccio visivo, più che analitico, che però non ha dato i frutti sperati.
Il Liverpool ha aperto la strada all’arrivo di altri fisici in Premier League: a febbraio il Chelsea ha assunto Javier Fernández, ex capo degli analisti al Barcellona che ha un dottorato in intelligenza artificiale; Arjav Trivedi, responsabile della ricerca calcistica dell’Aston Villa, può vantare nel curriculum un dottorato in fisica dall’Imperial College di Londra e ha lavorato con FIFA e Arsenal. A proposito dei Gunners: Karun Singh, uno dei data scientist del club, ha un passato da ingegnere software in California senza alcuna esperienza nel calcio. Ha implementato e reso di dominio pubblico il sistema degli expected threats: i famosi xG e xAssist in qualche modo si devono a lui.
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