Desiré Doué è un meteorite che arriva da lontano

L'approdo un po' casuale nelle giovanili del Rennes, la rivelazione in Bretagna, l'esplosione a Parigi: il nuovo fenomeno del PSG ha una storia da predestinato.

Quel provino con il Rennes, Desiré Doué non lo doveva neanche fare. Insieme con i genitori aveva accompagnato il fratello Guéla e nell’attesa si era messo a giocare con un pallone al lato del campo. Tutto normale, quando hai cinque anni e sei pieno d’energia. Come spesso accade, gli allenatori hanno saputo notare l’eccezionalità: Desiré aveva una coordinazione fuori dal comune per un bimbo della sua erà. Sui campi in terriccio del Moulin du Comte, dove si allenano le giovanili rossonere, di calcio se ne intendono. E non è una frase fatta. In questa serra di talento nel Nord-Ovest della Francia si è formata – quindi è stata scoperta – gente come Ousmane Dembélé, Mathys Tel, Eduardo Camavinga e l’ex difensore dell’Inter Silvestre. Tutti sviluppati in riva alla Villaine e rivenduti a prezzi da star. Deve essere andata più o meno così con i genitori Doué: noi Guéla lo prendiamo, ma il piccolino ce lo portate?

Per lui il Rennes ha fatto un’eccezione. Di solito non prende ragazzi sotto i nove anni, eppure era troppo stimolante la possibilità di formare un bambino così dotato. Nel nome c’era già il suo destino: Doué, in francese, significa “dotato”; Desiré, invece, vuol dire “desiderato. Desiré Doué suona decisamente bene. La sua anagrafica è musicale, armonica, come il carattere e il modo che ha di muoversi nello spazio. Sarà stato questo a colpire così tanto gli allenatori del Rennes. Quando vai ancora all’asilo, infatti, è impossibile valutare il tocco di palla.

«Per Désiré, il calcio è prima di tutto un gioco, sa che può far vincere la sua squadra» ha rivelato a Le Parisien Mathieu Le Scornet, ex responsabile del settore giovanile del Rennes. Lo sa adesso che è titolare al Paris Saint-Germain e segna in un quarto di finale di Champions League, ma lo sapeva anche dieci anni fa, quando giocava con i pulcini. «Quando andavamo ai tornei», ha raccontato uno dei primi allenatori di Doué, Florent Bourcier, «tutti lo conoscevano. Se lo avevamo in squadra, eravamo difficili da battere. Dez ci ha fatto vincere tante partite da solo. Aveva una gamma di colpi e un tiro superiori a tutti gli altri». Tendeva a portare troppo il pallone, però. Nell’Under-11 gli hanno chiesto di limitare i tocchi, non lo ha fatto e per tutta risposta lo hanno messo in difesa, con l’obbligo di giocare di prima. «È stato un elettroshock, voleva smettere» ha confidato papà Maho a RMC Sport. Ok, forse una reazione un po’ esagerata, ma Desiré era pur sempre quello che andava a letto con una palla di gommapiuma e se non dormiva di notte si metteva a fare il “muro” in camera sua.

Il Rennes lo ha fatto “salire” in prima squadra non appena è stato possibile. L’esordio in Ligue 1 è arrivato quando aveva 17 anni, il 7 agosto 2022 contro il Lorient. Da predestinato, ci ha messo solo tre settimane per trovare il gol, contro il Brest, diventando il primo giocatore nato nel 2005 a segnare nei cinque campionati europei più importanti. Da lì è partito un percorso graduale, che lo ha portato a essere il più giovane marcatore francese nelle competizioni europee, con la rete all’ultimo minuto alla Dinamo Kiev in Europa League il 6 ottobre 2022. Tre giorni dopo ha incantato il Roazhon Park, lo stadio di casa, con una meravigliosa volée nel derby bretone con il Nantes. A febbraio 2023, assist e gol allo Strasburgo e un altro record battuto: è stato il giocatore più giovane a riuscirci (17 anni e 243 giorni) in una partita di Ligue 1 dal 2006-07, ovvero da quando esiste questa statistica.

La prima stagione con Genesio in panchina è stato il classico apprendistato. Il ragazzo era bravo ma andava gestito con cura. Doué ha raccolto comunque 34 presenze, di cui 13 da titolare. Il 2023/24 doveva quindi essere l’annata in cui prendersi il posto fisso. Ma Genesio gli chiedeva dei movimenti che Doué, semplicemente, non riusciva a capire. Pur riconoscendo il suo talento, non lo trattava diversamente dagli altri. Contro il Lione lo ha sostituito dopo appena 18 minuti. «Non significa che non abbia grande fiducia in lui e che non farà una grande carriera, ma alcune cose devono essere comprese più velocemente», ha spiegato il tecnico nel post partita ad Amazon Prime.

Quella partita, persa in casa per 1-0, ha cambiato la sua carriera. Genesio si è dimesso per ragioni personali e al suo posto il club ha richiamato colui che lo aveva preceduto in panchina, Julien Stephan. La squadra andava male, pur essendo passato solo un terzo di campionato si avvertiva un forte rischio retrocessione. Stephan ha quindi deciso di ripartire dai giovani, mettendo Doué al centro del progetto tecnico. «Mi sono detto che se non scendevo in campo era perché dovevo migliorare», ha ammesso Doué. «Così mi sono messo a lavorare, ho chiesto consigli, è per questo che ho giocato di più». Stephan gli ma modificato la posizione in campo: da esterno offensivo l’ha trasformato in mezzala, così da sfruttare la sua velocità nella conduzione palla e la visione di gioco. Poi ha apprezzato il suo atteggiamento: «Sono stato contento dei suoi progressi, perché quando sono arrivato giocava poco, volevo osservare il suo comportamento», ha detto l’allentare. «Ho visto una persona delusa, frustrata, ma totalmente focalizzata nel proprio lavoro».

«Quando gioco come numero 6», raccontava Doué in quei giorni, «devo essere più disciplinato, fare sforzi difensivi che non sono necessariamente nel mio DNA, ma che ho imparato a fare: aiutare la squadra a recuperare palla, a portarla più in alto, a distribuirla, è qualcosa che mi diverte e mi calma». Sì, in qualche modo c’era bisogno anche di acquietarlo. Molto spesso, infatti, la sua carica si trasformava in foga che lo portava a commettere qualche fallo di troppo. Ora che nel PSG è tornato a giocare nel tridente, fa la doppia fase, offensiva e difensiva, meglio di tutti. I colpi, come il dribbling stretto e il tiro all’incrocio che hanno scoperchiato il match contro l’Aston Villa, non gli sono mai mancati.

A 19 anni, si può quindi parlare di Doué come di un giocatore completo, almeno a livello tattico. Ha infatti ricoperto quasi tutti i ruoli dal centrocampo in su: laterale destro e sinistro, con il compito di cercare cross dal fondo o rientrare per cercare la conclusione da fuori area o dialogare con il compagno. Ma ha giocato pure dietro la punta, come centravanti e da mezzala. «È un calciatore tecnico, rapido e potente», ha dichiarato a Le Parisien l’allenatore della Francia Under-17, José Alcocer. Il coach gli deve un titolo europeo conquistato nel 2022, alla guida di una Nazionale fortissima che comprendeva anche Mathys Tel e Warren Zaïre-Emery.

L’estate scorsa Doué è stato esposto nella bacheca dorata del negozio del Rennes. Chi arrivava con più soldi se lo portava via. Ci hanno pensato Manchester United, Arsenal e Tottenham, ci ha provato il Bayern Monaco, se lo è preso il PSG, mettendo sul piatto 50 milioni di euro. La sua è stata la sua seconda cessione più remunerativa nella storia del club bretone.

 

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Luis Enrique lo ha inserito a step, proteggendolo il più possibile dalle critiche arrivate nei primi sei mesi. Un 19enne pagato così tanto doveva essere subito titolare, gli imputavano. Eppure l’allenatore spagnolo stava solo aspettando l’incastro perfetto. L’acquisto di Kvaratskhelia, a gennaio, sembrava gli potesse togliere un po’ di spazio. E invece gli ha sottratto la pressione e la responsabilità di essere protagonista per forza. Da Batman designato, è divenuto uno straordinario Robin: «Prima lo criticavate, oggi solo elogi, ma un giorno torneranno le critiche perché stare a Parigi significa anche questo», ha ricordato Luis Enrique in una recente conferenza stampa. «Desiré ha avuto bisogno di mesi per adattarsi. Avere successo al PSG da francese è più difficile, ma ora sta raccogliendo i frutti del suo duro lavoro. C’è ancora molto da fare, ma è nel posto giusto e nel club giusto per crescere».

Già, bisogna crescere ancora. Anche se sei Desiré Doué, anche sei hai collezionato 43 presenze, 12 gol e 12 assist alla prima stagione in un top club. Anche se hai raggiunto la nazionale francese, se releghi in panchina Barcola nel match più importante dell’anno. E pensare quel provino con il Rennes non era neanche per lui. Per la cronaca, il fratello ora gioca allo Strasburgo.

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