È stata una domenica indimenticabile per il nostro tennis. Il fatto che due giocatori italiani vincessero due tornei ATP nello stesso giorno non capitava dal 2018. Allora però il movimento si stava preparando ad essere quello che è diventato adesso – ovvero il miglior movimento tennistico al mondo. E sì, perché sette anni fa ci avevano pensato quelli che erano i due top player di allora, Marco Cecchinato (a Umago) e Fabio Fognini (a Bastad). Oggi, invece, a vincere sono due ragazzi 22enni che negli ultimi due anni non hanno partecipato ai trionfi in Coppa Davis. E che al momento, guardando il Ranking ATP, sono i tennisti italiani numero quattro e sette. Giusto per far capire qual è il livello del movimento azzurro.
Flavio Cobolli ha conquistato il suo primo titolo ATP, il 250 di Bucarest, dopo aver superato in finale l’argentino Baez con un doppio 6-4. Luciano Darderi, che gioca per l’Italia ma che è nato in Argentina, a Marrakech ha sconfitto un avversario che nel Ranking stazione più in alto di lui di venti posizioni, Griekspoor, continuando la tradizione vincente degli italiani in Marocco – dopo Furlan, Gaudenzi, Bracciali e Berrettini, vincitore l’anno scorso. Sono due successi profondamente diversi che però hanno in comune il valore del torneo, anche a Marrakech era un 250, e la voglia di non accontentarsi.
Cobolli arrivava da un inizio di 2025 piuttosto complicato. Per le sconfitte, per gli infortuni, per il ritmo che non trovava. Come se la vittoria del primo torneo ATP fosse diventata una sorta di blocco psicologico. Ora si è finalmente liberato, mostrando per una settimana quello che prima si vedeva solo a spot: un tennis completo, fatto di servizio e dritto, discese a rete precise, lob e passanti lungo linea. In finale ha sempre avuto il controllo, l’unico momento di difficoltà l’ha vissuto quando non riusciva a chiuderla. Per ottenere quello che è stato il 100esimo titolo dell’Italia nell’era Open, ovviamente parlando di singolare maschile, Cobolli ha avuto bisogno di sette match point. Baez, in palese difficoltà contro il romano, non gli ha comunque concesso nulla. Titolo sudato, ma meritato, anche per quello che ha fatto vedere nel corso della manifestazione: «Venivo da un momento difficile, ma qualcosa è cambiato nelle ultime settimane», ha detto Cobolli nel post match, quasi come a voler mettersi alle spalle le ultime otto sconfitte consecutive. Non un aspetto scontato, considerando anche la maturità con cui ha condotto fin da subito gli scambi.
Darderi al Grand Prix Hassan II ha giocato contro un paio di fantasmi. Il primo era un avversario, il ceco Kopriva, che lo aveva sconfitto domenica scorsa nel Challenger di Napoli. Sul lungomare di Chiaia ci arrivava da grande favorito, dopo un tour sulla terra sudamericana che aveva sbattuto contro Cerundolo. Ai quarti di Marrakech, il dio del tennis gli ha offerto la rivincita: iccasione presa al volo, con un 7-5 6-2 di assoluto controllo. Il secondo fantasma erano i commenti di chi lo pensava bravo ma incapace di arrivare in fondo ai tornei. La semifinale è andata via liscia, Carballes Baena non ha mai capito come contrastare il suo gioco da fondo, ogni volta che Darderi si avvicinava alla rete portava a casa il punto. Con Griekspoor ha regnato l’equilibrio: due tie-break, 82 punti a testa, 57 e 58 dal servizio. Il trofeo poteva davvero finire da una parte o dall’altra. A fare la differenza sono stati gli errori non forzati, tre in più quelli dell’olandese. In una battaglia fondamentalmente di testa, Darderi ha dimostrato di aver fatto tesoro degli ultimi k.o: «Ho lottato tutti i giorni per vivere un momento così», ha detto prima di essere premiato. E un momento così, nel tennis italiano, non c’è mai stato.