È stato tutto un gigantesco equivoco. E da qualche tempo, a Valladolid, stanno facendo i conti con la realtà: squadra-materasso, mancanza di progettualità a lungo termine, pochi fondi a disposizione. Così i tifosi hanno iniziato ad agire come farebbero quelli di qualunque altro club: prendersela con la proprietà. Foss’anche una leggenda del calcio mondiale, come innegabilmente è Ronaldo Luís Nazário de Lima. Ma essere presidente è tutta un’altra storia. Se ne sta accorgendo lui stesso, sempre più defilato dalla società di cui aveva rilevato le quote di maggioranza nel settembre 2018. Oggi, allo stadio Zorrilla, fioccano i cori e i cartelloni: “Ronaldo vai a casa”. Dopo otto sconfitte e 26 gol subiti nelle ultime nove partite, col Valladolid ultimissimo in Liga senza più velleità di salvezza, non potrebbe essere altrimenti.
«Le cose si stanno facendo davvero tese», spiega Mario Puertas, capo della tifoseria del Valladolid, nel corso di un lungo reportage del Telegraph. «All’inizio Ronaldo era molto coinvolto. Passava qui parecchio tempo: si faceva vedere alle partite, mostrava attenzione per la città, i tifosi e l’atmosfera allo stadio. Ma nel corso di questi sette anni ha cominciato a farsi da parte. Fino a quasi non venire più a Valladolid». Letteralmente: «In questa stagione è stato allo stadio soltanto alla gara inaugurale, per la cerimonia in omaggio alla squadra che quarant’anni fa vinse la Copa de la Liga», tuttora l’unico trofeo nella storia del club. «Poi più nulla. La sensazione fra i tifosi è di totale abbandono».
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Oltre all’assenteismo, Ronaldo viene attaccato per la costante indecisione nelle scelte sportive – esoneri, campagna acquisti, gestione dell’area tecnica –, che riflette tutta la sua inesperienza in un ruolo tutt’altro che semplice. Ben inteso: prima del 2018 non è che il Valladolid dettasse legge nel calcio spagnolo. Era una squadra in perenne lotta salvezza, talvolta scivolata in Segunda División per poi risalire con una certà regolarità. E così è rimasta. Il problema è che attorno al matrimonio tra il club e Ronaldo si era creato un hype sproporzionato, che lo stesso Fenomeno, con puntuali dichiarazioni ad effetto, aveva contribuito ad alimentare. «Credevamo che la sua presenza avrebbe proiettato il Valladolid nello scenario internazionale», continua Puertas, «e che fosse un’enorme opportunità per tutti noi. Ma dal punto di vista sportivo, le cose sono andate anche peggio».
A sua parziale discolpa, Ronaldo ha dovuto fare i conti con regole del gioco piuttosto rigide: il tetto salariale imposto dalla Liga penalizza non poco le piccole e le loro prospettive di crescita (il Valladolid deve sottostare a un budget di 30 milioni di euro, meno di un ventesimo di quello del Real Madrid). Per riuscire a cambiare durevolmente la dimensione sportiva del club, serviva dunque un know how calcistico di grande spessore. E una gestione aziendale da fenomeno: Ronaldo, nella sua avventura da dirigente, si è reso anche conto di quanto sia difficile perpetuare quel suo soprannome fuori dall’area di rigore. Se ne sono accorti i tifosi, soprattutto.