Quando sei a un punto morto, fermati e riparti da capo, cambiando completamente il tuo approccio alla questione. Questa vecchia massima investigativa può valere anche per lo sport, per il tennis. Sicuramente è valsa per Emma Raducanu. Che ha vinto lo US Open da teenager e poi è praticamente sparita, una sorte che purtroppo capita spesso, in un tennis femminile che viaggia a mille all’ora. Meno usuale, però, è stato il modo in cui la 22enne britannica di origini rumene si è rimessa sulla mappa del tennis mondiale. Sì, perché Raducanu ha raggiunto i quarti di finale al Miami Open, sconfiggendo la testa di serie numero 17, l’americana Anisimova. Nulla di così sorprendente, considerando il talento della giocatrice britannica, ma a stupire è il fatto che Raducani non abbia un allenatore fisso, a tempo pieno. Da quando ha cominciato a perdere partite, ha fatto una scelta drastica: avrebbe preso da sola le decisioni riguardo il proprio benessere psico-fisico, indipendentemente da quanto potessero sembrare strane. Poco prima di arrivare in Florida, non a caso viene da dire, ha interrotto la collaborazione con il coach precedente, lo slovacco Vladimir Platenik.
Raducanu ama Miami – e come darle torto: da molti il torneo della Florida considerato alla pari del master di fine anno, appena sotto gli Slam per importanza e accoglienza – per il il clima, l’ambiente, ma soprattutto per la superficie veloce, molto più liscia di altri 1000: «Mi sembra che quando sono costretta in un modo di giocare troppo rigido, non riesco ad esprimermi allo stesso modo», ha spiegato a Sky Sports. Sulle tribune dell’Hard Rock Stadium è seguita da Mark Petchey, un allenatore storico dei circoli inglesi che l’aveva seguita anche da adolescente. A completare lo staff ci sono la coach Jane O’Donoghue e il preparatore atletico Yutaka Nakamura. Con loro Raducanu imposta il lavoro in modo differente rispetto al passato, concentrandosi sul divertimento e accorciando le sessioni di allenamento. Solo così, evidentemente, riesce a scacciare un po’ di tensione e ritrovare il piacere del gioco.
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Come riportato dalla BBC, nel 2023 Raducanu ha cambiato il quinto allenatore in due anni, credendo che il problema fossero le sue continue richieste di spiegazione, al limite della provocazione. Dopo aver recuperato dalle operazioni a polso e caviglia nel 2024, la britannica si è rivolta a una figura di fiducia, il suo coach d’infanzia Nick Cavaday. Che ha saputo garantirle stabilità e un confronto costruttivo. La partnership è però terminata a gennaio, quando Cavaday ha fatto un passo indietro per motivi di salute. Il padre di Emma, Ian, ha optato per Platenik, ma i due non si sono mai capiti fino in fondo. I risultati di Miami, poi, non mettono di certo fretta nel cercare un coach a tempo indeterminato.
La sua stagione è stata impegnativa. Un infortunio alla schiena ha interrotto la preparazione, poi è stata vittima di stalking a Dubai e infine ecc0 il dietrofront di Cavaday. Le vittorie – di voglia e di determinazione – ottenute contro Navarro e Anisimova fanno ben sperare. Contro McCartney Kessler al terzo turno, poi, Raducanu è sembrata superiore anche a livello fisico. «Penso che il mio spirito combattivo sia mancato negli ultimi mesi e a volte anche negli ultimi anni» ha ricordato la tennista britannica. Dopo Miami, tornerà nella top 50 mondiale per la prima volta dall’agosto 2022. Tutto senza un allenatore permanente e pensando solo a quello che la fa star bene.