Il destino della Red Bull sembra il copione di un film epico, una narrazione sospesa tra il genio ingegneristico e la volontà indomabile di un fuoriclasse. La domanda è sempre la stessa: conta più la macchina o il pilota? Un interrogativo che divide gli appassionati di Formula 1 come una spaccatura netta tra due filosofie. Max Verstappen è il pezzo pregiato, un talento senza sbavature, un pilota che sta scolpendo il suo nome nella storia della Formula 1. Adrian Newey è la mente dietro ogni vittoria, il genio che ha trasformato una squadra nata da una lattina in una fabbrica di titoli mondiali. Uno guida, l’altro disegna. Nel 2025, però, le loro strade si dividono. Verstappen resta, Newey saluta. Quali saranno le conseguenze di questo addio? Max vincerà anche senza Adrian? Alla fine si torna alla domanda di sempre: conta di più chi sta al volante o chi progetta la macchina?
Verstappen resta il pilota da battere
Verstappen resta il pilota da battere. Con i suoi quattro titoli mondiali consecutivi è il re della Formula 1. A 27 anni ha già lasciato un segno indelebile nella storia di questo sport. Un talento cristallino, un pilota capace di guidare oltre i limiti della macchina stessa. Un predestinato. Ma per la prima volta da quando ha messo piede in Red Bull, l’inizio di stagione è un salto nel buio. Avrà ancora la macchina migliore? Forse sì, forse no. Serviranno alcune gare per scoprirlo, ma un fatto è chiaro: la Red Bull versione 2025, nome in codice RB21, non ha più quel margine schiacciante. Non è più un’arma letale, pronta a polverizzare la concorrenza. McLaren e Ferrari sono in scia, da tempo.
Basta guardare il 2024: prime dieci gare, sette vittorie per Max (più due Sprint). Sembra a portata di mano anche il record del 2023 di 19 successi. Fuori dalla pista è un momento complicato. Siamo nel pieno della faida interna al box per assumere il potere dopo la scomparsa del visionario fondatore di Red Bull Dietrich Mateschitz: cordata austriaca guidata da Helmut Marko contro quella anglo-thailandese capitanata da Christian Horner. Volano gli stracci, ma gli unici a essere stracciati in pista sono gli avversari. Poi il blackout: nelle successive dieci gare, Max vince solo due volte nelle Sprint.
La fine di un’era (e l’inizio di un’altra)
La fine del regno Red Bull ha una data: maggio 2024. L’uomo che ha dato forma a ogni trionfo, che ha cucito addosso a Max monoposto perfette, annuncia l’addio a fine stagione. Da quel momento in poi il dominio si sfalda con coincidenza quasi sinistra, Verstappen non vince più e il vantaggio di punti in campionato non sembra più incolmabile. Proprio nel momento più difficile il fenomeno della pista ci mette una pezza come lui sa fare lui. In Brasile è penalizzato, costretto a partire 16esimo, ma trasforma il Gran Premio in un assolo feroce. È una vittoria tutta sua. La matematica certezza del quarto titolo mondiale arriverà qualche settimana dopo, ma quella resta la gemma più lucente della stagione. Per la squadra però arriva la delusione: con Sergio Pérez solo ottavo a fine campionato, i punti del campione del mondo non bastano: il titolo a squadre va alla McLaren e Red Bull è terza dietro anche alla Ferrari. È davvero finita un’era?
In Austria comunque non si scompongono: se ne va il Messi dell’aerodinamica? Largo agli ingegneri cresciuti in casa, niente fuoriclasse venuti da fuori. Questo è lo stile Red Bull, inteso come brand e non solo come team di Formula 1. Perché Red Bull non è solo una lattina, ma idee, filosofia, uno stile di vita. Audacia, energia, abbattimento dei limiti. E la Formula 1 deve trasmettere lo stesso messaggio. La scelta del pilota da affiancare a Max è un altro manifesto: Pérez perde il posto nonostante un contratto in tasca per il 2025. Dentro Liam Lawson, neozelandese di anni 23, appena undici gare disputate in Formula 1. Se è inesperto non conta. L’importante è osare, meglio se con un talento precoce. Proprio come successo con Max, portato in F1 a 17 anni e messo su una Red Bull appena maggiorenne.
Verstappen è il simbolo del modello Red Bull
Verstappen è il simbolo per eccellenza di questo mantra: è il più giovane vincitore di un Gran Premio (a 18 anni e sette mesi, Spagna 2016), il recordman di vittorie in una stagione (19 nel 2023), l’uomo delle pole position consecutive: otto, come Ayrton Senna. La lista dei record è molto più lunga di così, ma ce n’è uno che può diventare storico: se nel 2025 Max conquistasse il suo quinto Mondiale piloti consecutivo, sarebbe il primo a riuscirci dopo Michael Schumacher. Ma con una differenza sostanziale: il tedesco ci era arrivato a 35 anni, l’olandese potrebbe farlo a 28. E se non avesse più una macchina all’altezza dei suoi record, il rischio è che in un futuro prossimo possa anche lui abbandonare la squadra che lo ha reso grande. Ha davanti almeno altri dieci anni di carriera e il mercato lo sa.
Ritorna la domanda di partenza: può il pilota fare ancora la differenza nella Formula 1 moderna? In un mondo dove tutto sembra controllato dal box, dagli ingegneri, dai simulatori ultra-sofisticati? Nel 2024 Verstappen ha dato una risposta a questo interrogativo. Brutale. La Red Bull non avrebbe vinto senza di lui. Punto. Non era più la macchina migliore e la sua sensibilità di guida è stata decisiva. Nei numeri, nei dati, nei grafici, manca sempre qualcosa di fondamentale: il feeling del pilota. Quella capacità di capire la vettura anche senza la matematica, di guidarla al limite senza oltrepassarlo. Ed è qui che Verstappen è unico. Adrian Newey lo ha dichiarato pubblicamente prima di andarsene: «I segnali che la nostra macchina fosse diventata difficile da guidare c’erano già alla fine del 2023. Max con il suo immenso talento lo poteva gestire, il suo compagno di squadra Sergio Pérez no. Ecco perché si è vista sempre più differenza nel rendimento dei due». Una sentenza.
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Se esiste un genio indiscusso nella progettazione di monoposto, quello è proprio Adrian Newey. 13 titoli piloti, 12 costruttori, 38 anni di dominio tecnico. Ogni volta che ha lasciato una squadra, la storia è stata la stessa: declino più o meno rapido. La Williams non ha più vinto un Mondiale piloti dopo di lui. La McLaren ci ha messo anni per tornare al top. Ora Adrian ha deciso di andarsene dalla scuderia che lo ha reso leggendario con otto titoli mondiali piloti e sei costruttori. La Ferrari ha provato a prenderlo, Aston Martin ci è riuscita con una offerta da capogiro. Il magnate canadese Lawrence Stroll ha aperto il portafoglio e offerto pieni poteri.
Così ha fatto un colpo di mercato clamoroso, il classico trasferimento che nel calcio farebbe gridare al tradimento: il fuoriclasse che lascia il club più vincente per una squadra con il salvadanaio pieno, ma la bacheca dei trofei vuota. Solo questione di soldi? Forse no. Newey ha capito prima degli altri. Ha fiutato l’aria, ha visto le crepe prima che diventassero crolli. Il ciclo è finito, e lui lo sa meglio di chiunque altro. Ma non lo dirà. Mai
Gli scossoni del 2024 hanno portato altri smottamenti: se ne andranno altre due figure chiave. Jonathan Wheatley, direttore sportivo, destinazione Sauber-Audi e Will Courtenay, capo delle strategie, attratto dalla McLaren. Un esodo. Ma Christian Horner non ha battuto ciglio. Problemi? No, opportunità. La filosofia Red Bull non vale solo per i piloti, vale per tutti. È il momento di Hannah Schmitz, promossa a capo delle strategie in pista. 39 anni, britannica, matematica pura applicata alla velocità. In Red Bull dal 2009, entrata come studentessa, cresciuta con pazienza e con un obiettivo chiaro: fare la differenza con il cervello, scrivere il futuro a suon di strategie. Per il 2025 condividerà ancora il ruolo con Will Courtenay, ma dal 2026 sarà lei la voce definitiva al muretto. Hannah è una che ha sempre avuto la freddezza giusta per decidere in mezzo al caos. Lo ha dimostrato tante volte, ma a Monaco 2022 ha firmato il suo capolavoro: cambio di strategia all’ultimo istante, Verstappen davanti, Leclerc beffato. Un colpo da maestro che l’ha resa famosa.
L’uomo che può dire cose scomode a Verstappen
E poi c’è Giampiero Lambiase. Origini italiane, sangue freddo, nervi d’acciaio. L’unico che può dire a Max Verstappen cose scomode senza scatenare tempeste. Il loro rapporto è un intreccio perfetto di fiducia e tensione, di rispetto e discussioni senza filtri. Lambiase è la voce che Max sente più di chiunque altro in pista. Lo calma, lo sprona, lo tiene a bada quando serve. Anche per lui arriva una promozione: da ingegnere di pista diventa Head of Racing, una posizione chiave che lo mette al centro di tutto. Oltre a seguire Verstappen, avrà più responsabilità nella gestione dell’intero team, con un occhio sulle operazioni di gara e sulle strategie. Un upgrade meritato per un uomo che ha sempre dato il massimo dietro le quinte.
Il segnale è chiaro: Red Bull era preparata al cambiamento. Gli addii sono pesanti, ma il team non si scompone. Nessuna campagna acquisti, i nomi nuovi vengono da dentro. Sanno come si lavora, sanno cosa si pretende. Praticamente l’identikit di Hannah e Giampiero che diventano due pilastri, due figure chiave per affrontare una stagione di incognite. Max Verstappen non sarà solo nella caccia al quarti titolo mondiale.