C’è un dettaglio della rivalità tra Real Madrid e Barcellona che racconta le differenze tra i due club più dei colori, più dello stile di gioco, più del legame con il territorio. È il modo in cui le due grandi di Spagna accudiscono il talento nelle giovanili. Della Masía, il vivaio dei blaugrana, si dice che formi i ragazzi con l’accortezza artigianale delle antiche botteghe, cesellando e smussando, per definire gli uomini prima ancora che i calciatori che poi dovranno far parte della prima squadra. Un approccio familiare con un fortissimo senso d’appartenenza. L’immagine delle giovanili del Real Madrid è dal lato opposto del diagramma. Si dice che dal centro sportivo di Valdebebas esca una quantità di talento smisurata per un solo club, con numeri industriali, e per questo è soprannominato “La Fábrica”. Una filiera di produzione come una catena di montaggio, fredda e anonima in nome dell’efficienza. Un’idea preconfezionata che corrisponde alla realtà solo in parte.
Non tutti sono adatti al Real Madrid
«Se un ragazzo cresciuto nel nostro club raggiunge la prima squadra siamo contenti, ma non tutti sono adatti». Questa, ad esempio, è una frase realmente pronunciata dal presidente Florentino Pérez e descrive in parte i metodi di lavoro a Madrid. Agenti, familiari e perfino gli allenatori delle giovanili a Valdebebas sanno che l’obiettivo principale è creare calciatori professionisti. Di questi, solo una percentuale molto piccola farà parte della rosa del Madrid: gli altri dovranno farsi strada altrove. Questa dose di realismo può sembrare brutale, ma è soprattutto un meccanismo di protezione per dei ragazzi in un periodo di formazione cruciale per il loro sviluppo, come persone prima ancora che come calciatori.
«Spesso dicevo ai giocatori che sarebbe stato difficile raggiungere la prima squadra o un altro club in Liga, e che l’obiettivo primario era essere persone normali», ha detto in un’intervista a The Athletic Vicente del Bosque, uno degli allenatori più vincenti di Spagna, che prima di arrivare sulla panchina del Real Madrid ha lavorato nel settore giovanile per più di vent’anni. Soprattutto nelle categorie più giovani, il messaggio da passare ai ragazzi è quello di godersi l’opportunità. Non tutti ci riescono, perché tutti sanno, fin dall’inizio, di trovarsi nell’Academy di calcio più esigente del mondo. La permanenza media dei giovani che entrano a Valdebebas è di tre anni: i casi di Raúl, Casillas, Guti, Nacho, cioè giocatori che fanno un percorso lunghissimo nelle giovanili e poi hanno una carriera in prima squadra, devono essere considerati un’eccezione, non la regola.
Il Real Madrid forma professionisti, anche per gli altri
È anche un discorso numerico. Il centro sportivo di Valdebebas ospita poco meno di trecento calciatori, divisi in tredici squadre giovanili dai cinque anni fino al Castilla – la squadra B che oggi è in terza divisione. Più della squadra di Modric, Bellingham e Vinícius Jr., è il Castilla il punto di riferimento del sistema giovanile merengue. «L’Academy del Real Madrid somiglia a un mutuo accordo tra club e calciatori», ha spiegato al País un analista di mercato in incognito. «Il loro primo obiettivo è attrarre grandi prospetti da ogni parte del mondo, aiutarli a fare grandi performance, portare i ragazzi fino al Castilla e da lì ognuno si costruisce la carriera che merita. Naturalmente, raggiungere il Castilla garantisce almeno il professionismo, cosa che ad esempio non vedo come una garanzia nel Barça B».
La dichiarazione trova un riscontro nei calcoli dell’Osservatorio CIES: nella stagione 2024/25 ci sono 67 calciatori professionisti in giro per le squadre di tutto il mondo. Nessuno ne conta tanti, non il Barcellona, non l’Ajax, non il Benfica. Tra i nomi più noti presenti ora in 58 campionati analizzati ci sono Achraf Hakimi, Marcos Llorente, Alvaro Morata, Mario Gila, Borja Mayoral, Pablo Sarabia. Da queste cessioni, nelle ultime undici stagioni, il Madrid ha incassato poco più di 400 milioni di euro. Una cifra enorme per giocatori cresciuti nel proprio vivaio, seconda solo a quella incassata dal Benfica.
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Se i giovani prodotti nella Fábrica hanno tanto appeal sul mercato è anche per i metodi di allenamento e il programma di formazione. A tutti i livelli, gli allenamenti seguono una filosofia improntata alla versatilità, per dare ai giocatori competenze globali e una capacità di adattamento a diversi ruoli e sistemi tattici. Un’educazione tecnica e tattica rigorosa ma flessibile, multiforme, per sviluppare giocatori universali. L’altro focus è sulla mentalità e l’approccio a un gioco che presto dovrà diventare un lavoro. A seguire i ragazzi ci sono i migliori allenatori di Spagna, i migliori medici e preparatori atletici, e fin dall’inizio c’è una cura minuziosa anche del riposo e della nutrizione, per preparare i giocatori alle esigenze del professionismo. La siesta pomeridiana, ad esempio, è parte della cultura spagnola, ma può durare massimo quaranta minuti per non far saltare i cicli del sonno.
In questo modo chi arriva fino al Castilla è, almeno nelle intenzioni, già formato per entrare nel mondo del calcio. Poi per l’ultimo salto, quello in prima squadra, neanche i giocatori più talentuosi hanno il posto assicurato. Lo abbiamo visto questa estate con Nico Paz, venduto al Como e già tra i giocatori più interessanti della Serie A. O Miguel Gutiérrez, uno dei protagonisti del magnifico Girona visto l’anno scorso. Per quelli che vanno via, però, non è detto che sia finita. Qualcuno ritorna. C’è un percorso inverso che a Madrid chiamano “via Carvajal”: il terzino destro protagonista nell’ultimo decennio ha giocato una stagione al Bayer Leverkusen, in Bundesliga, poi è tornato al Real Madrid con una clausola di recompra da 6,5 milioni. L’operazione è stata poi ripetuta anche con Lucas Vázquez e Fran García. Gli stessi Nico Paz e Miguel Gutiérrez potrebbero tornare a Madrid dalla prossima stagione con investimenti minimi.
L’importanza degli osservatori e di supportare i giovanissimi
Gli osservatori della Fábrica hanno costruito una rete di scouting estesa in tutto il mondo. Ma quando si tratta dei più giovani, soprattutto tra gli Under-12, l’attenzione è rivolta al territorio nazionale, e in particolare nella Comunità di Madrid. Chi non è della capitale o dei dintorni vive nella residenza di Valdebebas. E questa, la struttura, è probabilmente un altro motivo del successo del settore giovanile merengue. Nasce tutto, come sempre, dall’ambizione di Florentino Pérez. Nel 2001, in piena stagione dei primi Galácticos, il presidente decise di vendere i terreni del centro sportivo di allora per un nuovo progetto colossale: la Ciudad Real Madrid, aperta nel 2005. L’inaugurazione del centro è passata alla storia per una foto che ritrae il leggendario Alfredo Di Stéfano al fianco di un tredicenne Daniel Carvajal per la posa della prima pietra.
Pérez ha voluto il più grande centro sportivo mai costruito da un club calcistico. Il club investe quasi 25 milioni di euro ogni anno per mantenere standard altissimi di ordine e modernità in ogni angolo dei suoi 1.200.000 metri quadri nel Parco Valdebebas – cioè un’area più grande della Disney World in Florida in cui la NBA ha organizzato la sua “bolla” per i playoff del 2020 durante la pandemia; circa 2,7 volte più grande di Città del Vaticano; 16 volte più grande della Piazza Rossa di Mosca. Nella Ciudad ci sono sette campi d’allenamento, tutti con una tribuna da circa 11mila posti, tutti con la stessa erba naturale del Santiago Bernabéu, e altri quattro campi in erba sintetica di ultima generazione, oltre ovviamente allo stadio Alfredo Di Stéfano. I campi circondano un’enorme struttura a forma di T, piena di tutti i servizi possibili – palestre, piscine, aree relax, area stampa, centri convegni – e ovviamente le residenze inaugurate nel 2014. Quelle dedicate alle giovanili ospitano più di 80 giocatori, compresi quelli delle squadre di pallacanestro, in un edificio di quattro piani, con 40 camere doppie affacciate sui campi di allenamento e diverse aule dedicate allo studio.
La Fábrica non è solo un luogo freddo e anonimo in cui il talento passa sul nastro, riceve l’ok e viene spedito da qualche parte in un altro club. È un luogo di lavoro e di formazione in cui si progetta il futuro dei ragazzi prima ancora che dei calciatori. È questo che permette alla Ciudad Real Madrid di ospitare il più grande e produttivo settore giovanile del mondo.