La carriera di Alexander Sorloth è stata ed è stranissima, ma a lui non importa e continua a fare gol

L'attaccante (di scorta) dell'Atlético Madrid ha provato tante volte a imporsi nei grandi club, senza riuscirci mai per davvero.

Alexander Sorloth ha 29 anni e ha giocato in otto nazioni diverse: la sua Norvegia, poi la Danimarca, i Paesi Bassi, l’Inghilterra, il Belgio, la Turchia, la Spagna, la Germania. Qualche mese fa è stato scelto dall’Atlético Madrid per integrare un reparto offensivo composto anche da Álvarez, Griezmann, Correa, Samuel Lino e Giuliano Simeone: chiaramente non avrebbe potuto essere un attore protagonista e infatti non lo è stato, non lo è. Ma il punto è che riesce a essere determinante anche in questa veste di comprimario di lusso: per informazioni basta chiedere al Barcellona, a cui ha fatto gol sia nella gara di Liga che in quella di Copa del Rey – e la striscia aperta è ancora più lunga, visto che anche un anno fa, col Villarreal, Sorloth aveva segnato in due partite su due. Proprio contro il Barça è arrivato il suo 13esimo gol stagionale, quarto in Copa del Rey più altri nove in campionato. E si è trattato di un gol speciale all’apice di una partita incredibile: dopo una serie di rimonte e controrimonte, l’attaccante norvegese ha fissato il risultato finale sul 4-4. Al minuto 93′.

Questa è un’altra caratteristica a dir poco interessante di Sorloth: è decisivo nei momenti decisivi delle partite. A dirlo sono i numeri: sette dei suoi 13 gol sono arrivati dopo il minuto 80′; quattro, invece, sono arrivati addirittura nei tempi supplementari. Inoltre, l’attaccante norvegese è una specie di cecchino infallibile anche quanto va in campo dopo una sostituzione: nei cinque campionati top in Europa, nessuno ha segnato più gol di lui (cinque più uno in Copa del Rey) dopo essere subentrato nella ripresa.

La stagione stramba di Sorloth, sospesa tra la panchina e la grandezza, sembra un riassunto illustrato della sua carriera: dopo gli ottimi inizi in Norvegia, prima al Rosenborg e poi al Bodo/Glimt, ha cercato di imporsi prima in Eredivisie (col Groningen), e poi in Premier (con il Crystal Palace), ma non è mai riuscito a esplodere davvero. Ogni volta era costretto a un passo indietro: si è riciclato al Midtjylland, al Gent, fino a che non è arrivata la grande stagione in Turchia, al Trabzonspor. In riva al Mar Nero, il centravanti norvegese ha messo insieme 33 gol in 41 partite, guadagnandosi la chiamata del Lipsia. Altro passo falso: dopo una sola stagione era già alla Real Sociedad, dove non ha incantato ma almeno è riuscito ad avere una certa continuità di rendimento (24 gol in 90 partite). Infine, come in un crescendo rossiniano, 26 gol in 41 partite al Villarreal.

Difficile che Simeone (come qualsiasi altro allenatore) non si innamorasse di un attaccante del genere

Siamo ormai ai giorni nostri, al trasferimento in direzione Madrid. All’inizio della sua avventura all’Atlético, in un’intervista, Sorloth confida che Diego Simeone ha deciso di soprannominarlo “Sicario”. È un nickname che calza a pennello, perché in qualche modo racconta perfettamente il ruolo che il Cholo cuce intorno al centravanti norvegese: quello della punta da inserire nei momenti complicati, nei minuti finali delle partite. Quando l’Atleti ha (ancora più) bisogno di alzare i giri per portare a casa il risultato. In questo senso, quello che è successo (ancora) contro il Barcellona, lo scorso 21 dicembre al Montjuïc, è abbastanza eloquente: Sorloth è entrato poco dopo il minuto 80′ e ha segnato il gol dell’1-2 al minuto 96′. Erano 18 anni che l’Atleti non batteva il Barcellona in casa. Il Guardian ha dedicato un articolo intero a questo storico successo e all’attaccante norvegese.

Forse Sorloth paga la sua tecnica non proprio finissima, il suo fisico un po’ sgraziato. La verità è che forse ha semplicemente bisogno di giocare con continuità, di sentire che gli allenatori si fidano di lui. È andata e va così anche in Nazionale: nelle prime 18 presenze, di cui solo sei da titolare, ha segnato un solo gol; oggi è a quota 59 gare con 21 reti segnate, ai quali vanno aggiunti dieci assist decisivi. Quasi inutile aggiungere che i numeri si sono impennati da quando Lagerback e Solbakken hanno iniziato a farlo giocare dal primo minuto. Accanto a Erling Haaland, e anche questo non è un dettaglio.