L’invasione russa e la conseguente guerra in Ucraina durano da tre anni esatti. Tre anni in cui il calcio, per scelta, non si è fermato. O meglio: mentre i club della Federazione Russa – così come la Nazionale – sono stati esclusi da tutte le competizioni internazionali, quelli ucraini hanno continuato a partecipare ai loro tornei domestici e alle coppe europee. Inizialmente le partite sono state sospese, ma poi la Prem”jer-lіha e gli altri campionati ucraini sono ripartiti da agosto 2022. E continuano a esistere ancora oggi, ovviamente legati a un rigidissimo protocollo di sicurezza. Per capire cosa significa giocare in una condizione così assurda, il quotidiano spagnolo El Mundo ha intervistato alcuni giocatori dello Shakhtar Donetsk, una squadra che fin dall’inizio della crisi russo-ucraina è stata letteralmente sfrattata dalla sua terra.
Intanto bisogna partire da un punto fondamentale: le partite di campionato e di coppa continuano a giocarsi in territorio ucraino, mentre i match europei dei club e quelli della Nazionale si disputano all’estero. Per quanto riguarda le gare domestiche, accanto a ogni stadio è stato allestito un bunker. Ma questo non impedisce alle autorità di imporre la sospensione del gioco in caso di attacchi: è successo recentemente in occasione della sfida tra Dynamo Kiev e Oleksandriya. Tornando allo Shakhtar, il capitano Mykola Matviyenko ha raccontato che «ci sono compagni di squadra che hanno perso parenti e amici stretti, persone che sono morte per difendere la nostra terra. E poi molti dei nostri tifosi sono in prima linea, sul campo di battaglia, e hanno ripetutamente raccontato come guardare il calcio e fare il tifo per noi sia un’occasione per distrarsi un po’, per quanto possibile».
È chiaro che un giocatore come Matviyenko, nato e cresciuto in Crimea, sia emotivamente più coinvolto rispetto a tanti suoi compagni. Allo stesso modo, però, ci sono anche tanti giocatori stranieri che hanno deciso di rimanere, tornare o comunque di trasferirsi allo Shakhtar nonostante la guerra in corso. È il caso di Vinícius Tobías, 21enne terzino brasiliano acquistato dal club di Donetsk nel gennaio 2022: poche settimane dopo le truppe russe hanno invaso l’Ucraina e così il giocatore decise di trasferirsi al Real Madrid Castilla in prestito. Ora è di nuovo allo Shakhtar, e ha detto che «giocare a calcio ad alto livello è il mio sogno, firmare con lo Shakhtar è stata una delle decisioni migliori che abbia mai preso. È chiaro che poi la situazione è cambiata, ma io voglio continuare in questa direzione». Anche il boliviano Diego Arroyo, di fatto, vive le stesse sensazioni: è arrivato allo Shakhtar da poche settimane e ha sottolineato il fatto che «venire qui era un’opportunità incredibile per la mia carriera. Non ci ho pensato troppo, personalmente non avrei mai pensato di avere a che fare con la guerra ma non ha influenzato la mia decisione. Anche perché la società ci dà sicurezza e tranquillità ogni giorno, ci permette di giocare a calcio con relativa tranquillità». Sembra pochissimo, in realtà è una cosa enorme.