Fare l’osservatore calcistico, in Italia, è un lavoro complicato

Non è semplice entrare nel sistema, ma adesso per fortuna si stanno aprendo dei nuovi spazi.

Sulle precise competenze che deve sviluppare un osservatore calcistico, su cosa deve saper vedere e prevedere, si potrebbero scrivere libri. Anzi, di guide e manuali importanti ne sono già stati pubblicati, negli ultimi vent’anni. Entrare nel mondo del calcio, diventare osservatore di calcio sono sogni molto diffusi nel nostro Paese al punto che si può tranquillamente sostenere che l’«offerta» superi la «domanda». A parte un percorso formativo debitamente certificato, ciò che può fare la differenza sono lo sviluppo e il consolidamento di un network di contatti. In ogni caso, non ci si deve illudere di guadagnarsi una stabilità contrattuale in questo settore, almeno fino a quando non si godrà di un’ottima reputazione: le collaborazioni sono precarie, subordinate ai risultati ottenuti, le proposte contrattuali sono a breve scadenza, spesso bisogna “rassegnarsi” ad aprire una partita Iva, come coloro che collaborano con procuratori e agenzie di intermediazione.

Uno di questi è Fabrizio Fanfoni del team Raiola, che ammette di operare in un mondo un pò chiuso, il cui accesso è favorito da reti di conoscenze, legami di amicizia e di parentela. Lui, in settimana, grazie a Wyscout, divora decine di match, di qualsiasi campionato nazionale, mentre nel weekend non ha perso l’abitudine di girare i campi del Lazio alla ricerca di giovanissimi talenti. Se si è ostinati a fare questo tipo di lavoro, anche quando non si è sotto contratto, come sottolinea Danilo Pagni, «è vitale continuare a guardare partite e osservare giocatori, scambiare segnalazioni con i propri collaboratori, ogni giorno. Non si deve stare ad aspettare la chiamata di un club; anzi, sarebbe meglio presentarsi a manager e direttori con proposte convincenti».

Antonio Capaldi è comunque convinto che «passione, entusiasmo e, soprattutto, competenze, prima o poi, otterranno il giusto riconoscimento». Ne sa qualcosa, Vincenzo Marchetta, lunga gavetta, in giro per il mondo, fino ad approdare al lanciatissimo Pafos, club cipriota acquistato da un ambizioso magnate russo. Vincenzo ci racconta di essere partito, come tanti, da un corso di formazione; ha imparato a usare Wyscout, specialmente per seguire le squadre giovanili (notando i giovanissimi Haaland e Kvaratskhelia), ha avuto un’importante esperienza in Olanda, ha ottenuto il diploma di osservatore con il corso ufficiale della FIGC ed oggi collabora stabilmente con il Pafos che lo paga a relazione. La sua attività di scrematura dei profili è al 90% in remoto. In base alla propria esperienza, consiglia agli aspiranti scout di provare ad aprirsi una strada all’estero «dove lo scouting è più professionalizzato, meno influenzato da procuratori e nepotismo». Anche per lui è fondamentale il networking: «Ancora oggi uso LinkedIn per espandere la mia rete; il contatto diretto con gli addetti ai lavori ha aumentato le possibilità che le mie “relazioni di prova” fossero visionate».

«Diventare un osservatore del Bologna implica differenti percorsi», specifica Loris Margotto. «Come succede per la ricerca di atleti, ci possono venire segnalate particolari competenze attraverso il passaparola, mentre le varie candidature dirette sono soggette a un’attenta analisi, in primis, delle credenziali che le accompagnano. L’iter di selezione può prevedere diversi colloqui e, alla fine, un percorso formativo. I rapporti di collaborazione con la società sono differenti: da quelli più strutturati, che vanno oltre l’attività di segnalazione, al puro volontariato di appassionati che girano i campetti di provincia».

Come accennato, anche (e soprattutto?) in questo mondo il clientelismo è diffuso. Il giovanissimo scout Matteo Rinaldi lamenta come «in Serie D ci si imbatte in società che hanno in rosa diversi giocatori gestiti dallo stesso procuratore». Il rischio è quello di lavorare gratis o addirittura in perdita – accettando, cioè, di andare a seguire, a proprie spese, giovanissimi calciatori nei campetti di periferia. Non a caso, ancora oggi, per giovani e anziani, vedere partite, monitorare calciatori e inviare segnalazioni si configura come una seconda (terza) attività, se non come un hobby. «Pochi hanno la fortuna di riuscire a mantenersi esclusivamente con l’attività da osservatore» precisa Giorgio Manica, responsabile scouting del settore giovanile del Trento 1921.

Il problema principale è l’importanza che il sistema calcistico italiano attribuisce all’attività di scouting. «Rispetto ad altri Paesi»  commenta Rino D’Agnelli, «solo da poco tempo abbiamo compreso che l’attività di scouting non è un costo, bensì un valore aggiunto». Anche per Andrea Colombino «il lavoro dello scout non è valorizzato come in altre realtà nazionali. Da noi ci si affida troppo ai procuratori che hanno competenze e interessi ben differenti da quello di un osservatore». Giuliano Antonicelli, uno degli artefici della ricostruzione del settore giovanile del Bari nell’era De Laurentiis, è convinto che gli investimenti siano ancora insufficienti: «Si parla tanto, si fanno congressi, denunce giornalistiche, specie quando la Nazionale maggiore non ottiene i risultati sperati, ma si fatica a smuovere le acque; la Federazione è molto in ritardo nell’avviamento di percorsi di professionalizzazione di figure che dovrebbero essere centrali nell’organigramma di una società calcistica. È difficile poi emergere se non hai un cognome pesante; il sistema è chiuso, con barriere d’accesso a giovani sicuramente più affamati e motivati di ex calciatori e di ex allenatori che hanno già accumulato fortune».

Sulla stessa linea Rino D’Agnelli, convinto che le possibilità per emergere ci siano, anche partendo da zero: «Sì, se non si è stati calciatori nel passato, si fatica il doppio a trovare un lavoro nel management calcistico. Ma molti ex calciatori continuano a combinare disastri, per cui bisogna crederci, cioè studiare tanto, fare esperienze e guardare partite in continuazione!». L’Udinese ha organizzato una sorta di concorso (gratuito) intitolato «Scopri lo scout che è in te» aperto a qualsiasi aspirante osservatore di calcio. Durante il contest, 150 giovani candidati, selezionati tra centinaia di richieste, hanno redatto un report su alcuni giocatori visionati in un match proiettato all’interno della Dacia Arena e sono stati giudicati dai responsabili dello scouting del club friuliano in base ai report prodotti: qualche «perfetto sconosciuto», a breve, potrebbe quindi iniziare a collaborare con l’area scouting dell’Udinese.