L’eliminazione della Juventus per mano del PSV è un fallimento che nasce da lontano. Dal mancato accesso diretto agli ottavi, quindi dalle prestazioni scialbe contro squadre come Stoccarda (0-1), Lille (1-1) e Bruges (0-0), dalla netta sconfitta (0-2) patita contro il Benfica. Ma in realtà bisogna andare ancora più indietro. O meglio: più in profondità. Nel senso che, guardando anche all’andamento in campionato, è davvero difficile decifrare dove stia andando il progetto di Thiago Motta.
Dal punto di vista tattico, in realtà, le idee di fondo sono abbastanza chiare: la Juventus di Motta è una squadra che vuole controllare il gioco passando da una difesa aggressiva e da una costruzione sofisticata, tenendo il pallone il più possibile e recuperandolo il più velocemente possibile. Il punto, molto semplicemente, è che questo approccio ha funzionato fin quando Motta ha avuto a disposizione determinati giocatori: Bremer, innanzitutto. E poi anche Cabal. A un certo punto, questo castello è iniziato a collassare. E Motta non ha trovato contromisure, anzi ha finito per aggravare la situazione con le sue scelte.
È chiaro: nel calcio contemporaneo, la coerenza tattica diventa anche coerenza progettuale. Diventa identità. Il punto è che il confine tra identità e cocciutaggine può essere breve. Soprattutto nel momento in cui la gran parte degli altri giocatori in rosa, come dire, non sembrano riuscire a rendere al meglio dentro il sistema. Guardando alla partita contro il PSV, tanto per dire, Motta ha iniziato con Koopmeiners, Locatelli e McKennie, rinunciando così a Thuram e Yildiz. In una squadra che vuole inevitabilmente tendere a muovere bene il pallone e gli uomini tra le linee, ha senso rinunciare a due giocatori che sanno fare esattamente quello? Per altro, preferendogli un elemento – Koopmeiners – che da mesi si esprime ben al di sotto delle sue potenzialità? Stesso discorso anche per quanto riguarda i terzini: al netto delle condizioni non perfette – eufemismo – di Cambiaso, perché insistere adattando Savona sulla fascia sinistra? E poi, a risultato già compromesso: perché non inserire Vlahovic accanto a Kolo Muani, e non al posto dell’attaccante francese?
Le scelte e le rotazioni di Thiago Motta, insomma, sono tutt’altro che convincenti. Sembrano più delle mosse per cercare di forzare il contesto, che dei tentativi di incastro per permettere ai giocatori di rendere al meglio. Ed è in questo contesto che il PSV, per altro già battuto due volte durante la stagione, ha saputo far valere le sue idee più chiare, una freschezza atletica più accentuata, anche una certa dose di fortuna. Perché l’infortunio di Veiga e il palo colpito da Vlahovic nei supplementari sono e restano degli episodi girati male, non c’è altro modo per definirli, ma allo stesso tempo va detto che la squadra olandese ha dato l’impressione di essere padrona del campo per la gran parte della gara. Anche quando la Juventus ha trovato il pareggio, l’inerzia del match non si è mai davvero inclinata dalla parte della squadra di Motta.
Gli highlights di PSV-Juventus
Ecco, torniamo a parlare un attimo di Thuram e Yildiz: se il progetto della Juve è costruito intorno ai giocatori giovani, e lo è, perché la partita più importante di questo periodo – e forse dell’intera stagione – è iniziata senza i due giovani più talentuosi? E perché, dopo un primo tempo a dir poco mediocre, Yildiz e Thuram non sono entrati all’intervallo per dare un po’ di freschezza? Va bene, dopo il suo ingresso Yildiz non è stato brillantissimo – come in diverse altre partite – e Thuram ha avuto un impatto relativo. Ma è quantomeno discutibile che Motta non abbia trovato il modo per equilibrare la sua squadra e il suo sistema a partire da questi due giocatori.
Non c’è e non può essere citato nessun discorso sul turnover, anche perché la Juventus in questo momento non funziona, non c’era niente da preservare e da consolidare, c’era e c’è solo da crescere e migliorare. E Thiago Motta, al netto dell’inserimento immediato di Kolo Muani, sta facendo fatica proprio in questo aspetto: non riesce a incidere velocemente sulla sua squadra, non riesce a trovare alternative in modo veloce e incisivo. La sua Juve sembra ferma da tempo, è una squadra stagnante dal punto di vista individuale e collettivo. E una squadra stagnante, semplicemente, non può pensare di entrare negli ottavi di finale di Champions League.