Claudio Ranieri ha aggiustato la Roma

Il nuovo tecnico ha imposto un gioco forse più semplice, ma anche più diretto ed efficace. Una mossa che sta funzionando: nelle ultime dieci giornate, solo il Napoli ha fatto meglio dei giallorossi.

Claudio Ranieri racconta spesso un aneddoto, una di quelle piccole parabole che gli allenatori danno in pasto a giornalisti per restituire la loro visione del gioco del calcio. È il 1997 e Sir Claudio, dopo le esperienze sulle panchine di Napoli e Fiorentina, emigra in Spagna, diventando il nuovo tecnico del Valencia. Gli basta un allenamento per capire in che guaio si è cacciato, in che labirinto di passaggi corti e di costruzione dal basso è venuto a trovarsi: «Ho fermato la squadra e gli ho detto: “Oh, la porta avversaria sta dall’altra parte! E quando ci arriviamo?”». In Spagna il calcio basato sul possesso palla non era ancora ortodosso e capillare, ma ad ascoltare Ranieri «esaltavano tutti il gioco di possesso di Barcellona e Real Madrid, mentre io puntai sulla rapidità».

Ranieri ha ricordato questo episodio pochi giorni dopo il pareggio in Europa League contro il Tottenham, a fine novembre.  Una partita in cui la Roma aveva recitato bene il copione da squadra di Ranieri: verticale, diretta, capace di difendersi e ripartire con coraggio. Senza fronzoli o trame di gioco particolarmente articolate. Una Roma forse semplice, ok, ma «gagliarda».

Il pareggio era arrivato in extremis: Hummels aveva deviato in porta un tiro-cross di Angeliño e già solo questa scena spiega la rottura tra la Roma di Ranieri e quella di Juric. L’allenatore di Testaccio non ha guidato una rivoluzione, ma ha costruito le fondamenta intorno ai giocatori più esperti e talentuosi della rosa: Mats Hummels, appunto, e poi Leandro Paredes, Paulo Dybala sono la colonna vertebrale di una Roma che non farà cose tatticamente eccezionali o innovative, ma che in campionato ha pur sempre raccolto 21 punti nelle ultime 10 giornate. È uscita dalla Coppa Italia per mano del Milan, è vero, ma oggi sfida il Porto all’Olimpico per strappare un pass per gli ottavi di Europa League.

In mezzo va anche citato il derby contro la Lazio, vinto con due gol segnati nei primi venti minuti. Era il quinto derby di Roma vinto da Ranieri su cinque disputati: una statistica a dir poco miracolosa, contando che l’ultimo allenatore in grado di vincere due derby consecutivi sulla panchina della squadra giallorossa era stato addirittura Luciano Spalletti nel lontano 2016. Altri tempi, un’altra epoca.

La vittoria nel derby è stata un sunto estremo di ciò che Ranieri vuole dalla sua Roma. In entrambi i gol, infatti, la palla ha viaggiato veloce dalla difesa all’attacco. Prima N’Dicka e poi Svilar hanno cercato la sponda di Dobvyk con passaggi lunghi, e l’ucraino si è rivelato utile a far salire la squadra, scaricando il pallone a Dybala. La Roma ha seguito nient’altro che un principio basilare: costruire l’azione sulla sinistra per chiuderla sul lato opposto. E per fare ciò è stato prezioso il contributo di Alexis Saelemaekers, che Ranieri ha utilizzato fin da subito come esterno di centrocampo puro. Il belga ha messo finora a referto quattro gol e due assist e insieme ad Angeliño, schierato sulla fascia opposta, è il vero motore della Roma: il giocatore che aiuta i due attaccanti a partire in contropiede e che, allo stesso tempo, rifinisce l’azione come pochi altri nella rosa giallorossa.

D’altronde Ranieri lo aveva annunciato nella conferenza di presentazione: nessuno avrebbe più giocato fuori ruolo, compreso un Angeliño depresso dal ruolo di centrale nella difesa a tre di Juric. E i giocatori più forti, che nella Roma coincidono con i più carismatici, sarebbero stati valutati di volta in volta, senza pregiudizi. Tranne all’esordio contro il Napoli, Ranieri ha confermato il modulo che la Roma adottava con Juric (3-4-2-1 o 3-5-2 a seconda degli interpreti) ma ha cambiato progressivamente i concetti dietro a quel sistema di gioco. La Roma non pressa più a uomo con la rigidità delle squadre di Juric, una rigidità che si era trasformata in tragedia nella gara casalinga contro l’Inter, quando a Dybala era assegnato il compito di coprire gli inserimenti di Bastoni.

Oggi la Roma gioca a calcio in maniera più pragmatica, cambiando il piano partita a seconda dell’avversario. È una squadra a cui piace essere diretta, e in questo si vede il lavoro di Ranieri, ma è anche quinta per possesso palla medio in Serie A (55.3%, più di Lazio e Napoli). Ranieri sceglie di volta in volta il terzo centrocampista – Pisilli, Pellegrini o un’ala come El Shaarawy – da affiancare a Paredes e Kone ed è sfogliando questa margherita che la Roma decide di attuare una partita più attendista, più in controllo del pallone o, altrimenti, più verticale.

I gol segnati sono ancora pochi (35, nono attacco della Serie A) ma nelle ultime giornate le cose sembrano andare meglio. La Roma è consapevole dei propri limiti, ma adesso gioca con serenità. Ranieri sta provando a gestire campionato e coppe attraverso rotazioni cospicue di giocatori: a Parma, nell’ultima giornata, hanno giocato in attacco Soulé e Shomurodov, mentre a centrocampo è stato dato spazio ai nuovi arrivati Salah-Edinne e Gourna-Douath. È un uso consapevole da parte di Ranieri, una strategia che ha pagato in particolar modo contro il Napoli: nel secondo tempo, mentre gli azzurri cominciavano a boccheggiare, la Roma ha inserito tutti i suoi migliori talenti offensivi e anche solo per inerzia è riuscita a pareggiare la partita.

Un pareggio dall’enorme significato

Il calciomercato di gennaio ha portato a Ranieri calciatori giovani e funzionali, di quelli che non cambiano l’esito di una stagione ma che possono rivelarsi utili nell’arco di una stagione così fitta. Gourna-Douath è un «buon recuperatore di palloni», per usare le parole di Ranieri. Infine è arrivato dall’Ajax il terzino Rensch, che pochi giorni dopo il suo sbarco a Roma è stato schierato titolare a Udine. La Roma aveva un problema atavico nel ruolo di terzino destro, ma alternando Rensch e Saelemaekers in quella posizione potrebbe aver trovato pace.

La Roma di Ranieri non brilla per statistiche offensive e non è una squadra molto creativa. Soprattutto in zona di rifinitura pasticcia parecchio, non avendo la qualità e, a volte, la pazienza per sbloccare la partita contro difese chiuse. È questo il prossimo passaggio che attende la Roma: diventare una squadra più brillante, meno legata alle singole individualità – come è con Paulo Dybala.

Ranieri ha raccolto la Roma dissestata da un cambio allenatore che è apparso semplicemente inspiegabile: non a caso con De Rossi e Juric erano arrivati 13 punti in 12 giornate, oltre a sconfitte atroci come quella subita in casa della Fiorentina. Ereditando una nave in piena tempesta, Sir Claudio ha preferito dare certezze alla squadra. I tifosi della Roma si ricorderanno della vittoria contro il Parma per 5-0 di qualche mese fa, terminata senza effettuare cambi. Una mossa strana nell’era delle cinque sostituzioni: che messaggio voleva dare Ranieri? «Noi allenatori siamo abituati a fare cinque cambi ma questa volta ho pensato di lasciarli dato che stavano facendo bene, stavano correndo bene ed erano concentrati», ha commentato quel giorno il tecnico della Roma. La sua chiarezza, non solo davanti ai microfoni ma anche nei confronti dei giocatori, è una delle qualità che lo rendono più amato, un allenatore più “umano” dei suoi colleghi.

Dopo la vittoria di misura ottenuta a Venezia, Ranieri ha detto: «Non è stata una partita magnifica dal punto di vista tecnico, ma dal punto di vista dell’attenzione sono soddisfatto». Forse è un discorso che può essere allargato alla sua Roma generosa, sempre disposta a mettercela tutta. Ranieri è tornato dal ritiro con la sua solita serenità, un allenatore schietto, di buon umore, che però non dobbiamo sottovalutare. Questo terzo capitolo della sua storia giallorossa ci sta dimostrando la sua capacità “sartoriale”: Ranieri cambia abito della Roma ogni volta che gli si presenta un imprevisto, ed è una qualità rara. È tornato dalla pensione, dicevano i critici, ma anche a 73 anni Claudio Ranieri è rimasto lo stesso allenatore aggiustatutto di un tempo.