A metà febbraio lo possiamo dire, ci siamo abituati a Mateo Retegui capocannoniere della Serie A, a Mateo Retegui attaccante da 20 gol in 22 partite di campionato, a Mateo Retegui che segna quattro doppiette, una tripletta e addirittura un poker, quello di domenica scorsa contro il Verona. Per altro i quattro gol realizzati in 56 minuti sono un record, almeno per quanto riguarda la storia dell’Atalanta. In questo momento Retegui sembra poter segnare come vuole: calciando da lontano, anticipando il difensore sul primo o sul secondo palo, scappando dietro la linea o sfruttando il gioco aereo. Dopo i nove gol del 2023/24, ci aspettavamo crescesse all’Atalanta e con Gasperini, ma forse più per la capacità dell’allenatore di mettere in ritmo i suoi attaccanti che per la fiducia nelle sue qualità. In fondo, a pensarci bene, non conosciamo Retegui da tantissimo: è in Italia da poco più di un anno e mezzo, da quando il Genoa, nell’estate 2023, ha creduto all’intuizione di Roberto Mancini e ha investito 15 milioni di euro per comprarlo dal Tigre. Sì, Roberto Mancini: è stato l’ex commissario tecnico della Nazionale a scoprire Mateo Retegui.
Marzo 2023, l’Italia si gioca la qualificazione agli Europei nella doppia sfida contro Inghilterra e Malta. Immobile e Belotti sono in evidente flessione, serve una punta. Il ct riceve una dritta da un suo ex compagno di squadra alla Lazio che ora fa il presidente dell’Estudiantes: Juan Sebastian Verón. Gli consiglia un 9 che sta spaccando la Superliga Argentina: Mateo Retegui. Nelle prime otto partite di campionato ha segnato sei volte e sta salvando praticamente da solo il Tigre, squadra a nord di Buenos Aires che storicamente lotta per restare in Primera División. Retegui di fatto gioca a due passi da casa sua. Da San Fernando, una trentina di chilometri dalla capitale. In realtà il suo cartellino sarebbe di proprietà del Boca Juniors, ma ha indossato la maglia azul y oro solo per otto minuti, quando ha esordito alla Bombonera contro il Patronato nel novembre del 2018, durante gestione tecnica di Guillermo Barros Schelotto.
Dopo ha avuto poco spazio e ha vissuto molti prestiti: prima l’Estudiantes, sotto la presidenza di Verón, poi il Talleres. Dodici gol in 90 partite, pochino, ma si toglie lo sfizio di decidere il Clásico di La Plata tra Estudiantes e Gimnasia: 0-1 in trasferta, il massimo della soddisfazione possibile. Specie se sull’altra panchina siede Diego Armando Maradona. Cambia aria, letteralmente: dalla città principale del Interior (come in Argentina chiamano le regioni centrali), si sposta nellla provincia di Tigre, un angolo di pace sul delta del fiume Paranà. Qui trova la sua dimensione e diventa capocannoniere della Superliga 2022, segnando 19 reti in 27 match.
Mancini chiama a rapporto il suo reparto scouting internazionale, che comincia a visionare le sue prestazioni. Colpiscono il rapporto tra tocchi di palla e chance da rete create. Gli arrivano pochi palloni, ma li capitalizza sempre: con un gol, un assist o comunque un tiro verso la porta. È un ottimo atleta, fisicamente non va sotto contro nessuno, ma soprattutto calcia splendidamente. A Coverciano si innamorano del rumore del suo tiro e della rapidità con cui si gira per centrare la porta: non ha bisogno di vederla, la sente a pelle, si orienta col corpo sempre nella posizione giusta per voltarsi e guardare il portiere. Mancini ha i tempi corti. In qualche giorno deve attivare il sistema per poterlo schierare a Napoli contro gli inglesi. Retegui possiede il doppio passaporto, che ovviamente aiuta: è argentino ma anche italiano per via dei nonni, il trisavolo paterno era uno delle migliaia di liguri che negli anni Cinquanta sono emigrati oltreoceano. Quello materno aveva fatto lo stesso, ma da Canicattì, in provincia di Agrigento.
Le pratiche burocratiche vengono risolte agevolmente, il ct dirama le convocazioni e chiama la famiglia. Il riassunto del suo discorso è semplice: vuole che Mateo sia il centravanti della Nazionale. Per la prima volta un allenatore importante crede fortemente in lui. È questo che porta Retegui a scegliere l’Italia. Nonostante fosse il re dei marcatori, infatti, dalla Selección argentina non si era fatto sentire nessuno. La poca considerazioni non è una novità nella sua carriera, era già successo ai tempi delle giovanili, con il River e il Boca, tanto da pensare di fargli lasciare il calcio.
Succede quando Retegui ha 17 anni. Nelle inferiores, le giovanili, del River Plate, sua prima squadra, gioca poco e allora pensa sia meglio smettere. Il motivo per cui decide di ricominciare è in puro stile argentino, ovvero un mix di intuito, conoscenza e fortuna. Nell’estate del 2016, Diego Mazzilli, osservatore del Boca Juniors, sta passeggiando sul lungomare di Pinamar, località turistica a sud di Buenos Aires. Gli si fa incontro un cane, scappato al padrone, casualmente il padre di Retegui, Carlos. Due chiacchiere e una proposta, un provino con gli xeneizes. Dopo una settimana è già nella cantera del Boca. Non sarà la prima volta che abbandonerà il calcio per poi ripensarci. Capita anche qualche mese dopo, quando viene selezionato per un torneo internazionale di hockey su prato. A fargli cambiare idea, questa volta definitivamente, sarà ancora Mazzilli. In Argentina l’hockey prato è uno sport culto, soprattutto da adolescenti. Diventa religione nella famiglia Retegui. La mamma di Mateo, Maria Grandoli, è stata campionessa del mondo juniores, la sorella Micaela è stata in Nazionale e il papà Carlos è semplicemente il miglior allenatore della storia del Paese.
Carlos è un personaggio controverso. Curriculum da superstar, in cui si leggono un oro e due argenti olimpici (rispettivamente Rio 2016, Londra 2012 e Tokyo 2021), un oro e un bronzo mondiale e quattro vittorie Giochi Pnamericani, spalmati sulle due nazionali, maschile e femminile. In patria è considerato un guru, capace di superare i limiti dell’hockey e imporsi in altri ambiti. Come la politica, ricoprendo il ruolo di consigliere allo sport nel governo peronista di Cristina Kirchner, dal 2015 al 2019. È soprannominato Chapa, lamiera, per via della fronte alta. Epiteto mai realmente amato. Di sicuro c’è che quella fronte l’ha tenuta spesso in alto, ritta, anche a costo di litigare con tutti. Con il suo grande amico Tévez, che lo voleva con sé nello staff del Rosario Central e a cui ha detto no dopo mesi di preparazione vissuti insieme. E con Juan Romªn Riquelme, presidente del Boca. Per i tifosi una leggenda in dirigenza, per Carlos «un rancoroso» che a causa di non ben specificati problemi personali tra i due non avrebbe riscattato dal Tigre il figlio Mateo.
La verità è che tutto il front office del Boca non ha creduto molto in Retegui. Non era il modello di attaccante tecnico che voleva scendesse in campo alla Bombonera. Così, quando gli è esploso in mano a livello realizzativo, ha pensato bene di far cassa. Nel febbraio 2022 il club ha ceduto Retegui al Tigre fino a dicembre 2023 assicurandosi un diritto di rivendita del 50% e istituendo una clausola per cui avrebbe potuto riportalo nella capitale entro il 30 novembre. Considerando l’ottima annata in campionato, 19 reti in 27 gare, sarebbe potuto essere un buon rinforzo per la Copa Libertadores 2023. Se il responsabile area sport, Mauricio Serna, aveva aperto le porte per un ritorno, le parole di Riquelme sono state chiarissime: «Retegui ha un contratto di due anni con il Tigre. Dipende più da loro che da noi». Anche se detto in politichese, rimane una risposta negativa.
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L’offerta del Genoa, nel mercato estivo dell’anno successivo, è parsa subito irrinunciabile. Anche alla luce dei bonus inseriti nella trattativa. Prima di incontrarla a Genova, Retegui ha sfiorato l’Italia due volte. La prima da piccolino, quando nel 2005, a sei anni, giocava con il bastone da hockey nella casa di Suelli, in Sardegna, dove il padre allenava la squadra locale. La seconda nel 2020, quando l’agenzia di Francesco Totti – che in quell’anno lo rappresentava – aveva provato ad offrirlo a diverse società italiane. In totale, Tigre e Boca Juniors hanno incassato poco più di sette milioni e mezzo di euro. Cifre che si vedono raramente da quelle parti del mondo.
I milioni versati dall’Atalanta nelle casse del Genoa, lo scorso agosto, sono invece 22. A cui si dovranno aggiungere i tre di eventuali bonus. Secondo i siti specializzati, ora l’attaccante nerazzurro ne vale dieci di più. Merito del lavoro di Gasperini, che ne ha ampliato il raggio d’azione, portandolo a occupare zone di campo sconosciute, a dialogare di più con i compagni, ad aprire il gioco. Diversi dati spiegano meglio questo concetto: rispetto alla passata stagione sono aumentati da 17 a 23 i passaggi progressivi, ovvero quei passaggi che spostano il pallone almeno dieci metri più avanti verso l’area avversaria.
Oltre alla crescita spaventosa degli xAssist (da 0.7 a 2.1), si stanno alzando tutti i valori dei passaggi, sia come numero di tentativi che come percentuale di completamento. Di questo nuovo Retegui se n’è accorto anche Luciano Spalletti: «Dentro l’area resta un cecchino: controlla la palla, si gira e tira», ha spiegato il ct alla Gazzetta dello Sport. «Però è cresciuto nel gioco spalle alla porta: come appoggia per i compagni, offre una sponda, viene incontro ad aiutare la squadra. Sempre di posizione, però più mobile: così dà anche meno punti di riferimento». Dopo lo stesso Spalletti ha aggiunto come si potrà vederlo in coppia con Kean, ovviamente con la maglia della Nazionale. Quella stessa Nazionale che ce lo ha presentato da quasi sconosciuto due anni fa. E che forse non si aspettava di trovare il suo futuro a undici mila chilometri di distanza.