Con la sua rivoluzione dolce, Arne Slot si è preso il Liverpool e l’ha portato al titolo

L'ex allenatore del Feyenoord era stato accolto tra molti dubbi, non solo quelli legati all'eredità di Klopp. Li ha cancellati tutti, con un approccio intelligente e con delle mosse piccole ma significative.

Arne Slot non ha niente di appariscente. Calvo, con la faccia paffuta e il sorriso stampato, parla in pubblico con una tranquillità e un’aria da buono che non siamo abituati ad attribuire a un allenatore – quantomeno in Italia, paese di santi, poeti, navigatori e di tecnici sulla soglia dell’esaurimento nervoso. Eppure c’è qualcosa di più, dietro la patina dolce e placida di questo allenatore neerlandese alla prima stagione in Premier League. Il Liverpool, infatti, si è laureato campione d’Inghilterra manifestando la stessa rilassatezza che caratterizza il suo allenatore: i Reds hanno festeggiato con quattro giornate d’anticipo, dopo che già da mesi si era creato – nei confronti dell’Arsenal, e di conseguenza nei confronti di tutte le altre contendenti – un vuoto incolmabile. I gol di Luis Diaz, MacAllister e Gakpo hanno chiuso i conti della partita già nel primo tempo della partita contro il Tottenham, suggellando un trionfo meritatissimo.

A pensarci bene. era difficile aspettarsi una transizione così dolce tra il ciclo quasi decennale di Jurgen Klopp e quello di Arne Slot. Nel suo ultimo giorno da allenatore del Liverpool fu proprio Klopp a inaugurare una nuova era, come per esorcizzare la prolungata commozione di Anfield per il suo addio: il tedesco avvicinò il microfono alla bocca e cominciò a cantare, con la sua solita energia, «A-RNEE SL-OOT, na na na». Quel coro è diventato al tempo stesso un meme e un’icona: qualcuno lo ha interpretato come una benedizione, altri ci hanno visto la teoria secondo cui sarebbe stato lo stesso Klopp a suggerire il nome di Slot alla dirigenza.

Oggi, undici mesi dopo, Slot è diventato il quinto allenatore nell’era della Premier League a vincere il titolo nella sua prima stagione: prima di lui c’erano riusciti solo José Mourinho, Carlo Ancelotti, Manuel Pellegrini e Antonio Conte. E se i record in fondo sono fatti per essere battuti, è doveroso evidenziare la portata dell’impresa fatta da Slot al debutto sulla panchina del Liverpool. Grazie a un gioco brillante, un entusiasmo ambientale rinnovato e a pochi – ma significativi – aggiustamenti tattici rispetto al passato, infatti, Slot ha riportato il Liverpool sul tetto della Premier League.

I dubbi iniziali su Slot

Eppure, quando è arrivato nel Merseyside, i dubbi su di lui non erano pochi: Slot aveva già sorpreso l’Europa con l’AZ Alkmaar tra il 2019 e il 2021, confermandosi successivamente con il Feyenoord – portato a vincere l’Eredivisie nel 2023, dopo sei anni di astinenza. I tifosi della Roma ricordano l’incidente diplomatico avvenuto con Mourinho: «Guarda noi, altro che il Napoli o il Manchester City», lo apostrofò il tecnico portoghese. Poche ore prima Slot aveva citato Sarri e Guardiola per spiegare la sua visione del calcio: un gioco organizzato e corale, basato su lunghe fasi di possesso palla per ordinarsi e occupare lo spazio con razionalità.

«Il Barcellona di Guardiola ha contribuito a formare la mia identità», ha detto Slot. Non è una frase banale. Perché dimostra come Slot sia un allenatore molto diverso da Klopp, eppure il Liverpool l’ha scelto nonostante non avesse esperienza al di fuori dei Paesi Bassi, e nonostante la rosa dei Reds fosse identica a quella della stagione 2023/24 – con l’unica eccezione di Federico Chiesa, acquistato negli ultimi giorni della sessione estiva di calciomercato. Il Liverpool, insomma, si è preso un bel rischio. E Slot, dal canto suo, ha saputo modulare le sue richieste ai giocatori, ripartendo dall’assetto di Klopp ma mettendoci anche un po’ di idee tutte sue. Per esempio va menzionata la centralità data a Ryan Gravenberch a centrocampo: l’ex Ajax e Bayern Monaco nasce e cresce come mezzala, ma è stato Slot a proporgli una maglia da titolare nel ruolo di regista, in mezzo a MacAllister e Szoboszlai.

Metodologie nuove

La peculiare metodologia di lavoro di Slot, poi, ha avuto un impatto rapido sull’intero mondo-Liverpool. La sua organizzazione del lavoro quotidiano è curiosa. Come ha raccontato il Telegraph, nel corso del suo primo allenamento al Feyenoord Slot mostrò ai giocatori delle immagini provenienti dalla finale di Champions League tra Manchester City e Chelsea. Voleva sapere da loro perché le occasioni da gol erano state così poche, in una partita con così tanti giocatori fenomenali.Come in una parabola del Nuovo Testamento, Slot aveva nascosto in quelle slide un messaggio nascosto: l’importanza dell’equilibrio e del lavoro collettivo. Probabilmente l’ex allenatore del Feyenoord ha assorbito qualcosa dai suoi genitori, entrambi insegnanti: «È un educatore piuttosto che qualcuno a cui piace inveire» ha scritto Gregg Evans su The Athletic. «Il Liverpool è permeato dalla personalità del suo allenatore: calmo, sotto controllo ma capace di accelerare quando necessario».

Slot si aiuta con analisi video anche all’intervallo, e fa alla squadra discorsi brevi e concisi. Dall’esterno non dà l’impressione di essere un allenatore particolarmente carismatico, ma riesce a trovare il modo di trasmettere i propri concetti alla squadra. Per sua stessa ammissione, la prima cosa da migliorare nel Liverpool era la fase difensiva. E infatti quest’anno i Reds hanno subito nove gol in meno in Premier League, costruendo la loro solidità su un pressing coraggioso ma anche – per non dire soprattutto – su un possesso palla “difensivo”. Slot ha reso il Liverpool una squadra meno heavy metal e più cerebrale, ma allo stesso tempo ha puntato su alcuni dei senatori che già con Klopp facevano la differenza: e infatti nelle ultime settimane è arrivato l’annuncio dei rinnovi di Momo Salah e Virgil van Dijk. «Non ho mai lavorato con uno come lui in termini di leadership», ha detto a inizio anno Slot, riferendosi a van Dijk. «È quasi difficile da descrivere».

«Non ho dovuto cambiare molto» dice Slot quando gli domandano i segreti del suo Liverpool. «Ho potuto costruire su ciò che è stato fatto qui da Jurgen per tanti anni». È un punto di vista del classico allenatore umile davanti ai microfoni, che sottostima i suoi meriti per conferirli ai suoi giocatori. Anche questo è un passaggio importante: alla prima esperienza in un club di alto livello, Slot ha messo in mostra qualità anche non strettamente tattiche: è stato un abile gestore di rapporti umani, comunicando con i giocatori con schiettezza e fiducia nei propri mezzi. È emblematico il rapporto nato con Andrew Robertson. A inizio stagione Slot ha più volte scelto come terzino sinistro titolare Kostas Tsimikas, attribuendo la sua decisione alla pre-season a singhiozzi effettuata da Robertson. Lo scozzese non si è mostrato convinto: «C’è molto rispetto tra di noi, anche se non siamo d’accordo sulla formazione» ha detto alla stampa Robertson. «L’allenatore è molto onesto, abbiamo parlato parecchie volte ed è sempre stata una buona conversazione».

La rivoluzione dolce

Fino a inverno inoltrato il Liverpool è stato uno schiacciasassi. Ha vinto il girone di Champions League con 21 punti, uscendo solo ai rigori contro il Paris Saint-Germain, ed è arrivato in finale di Carabao Cup, persa con il Newcastle. La rosa piuttosto corta e alcuni infortuni hanno compromesso la lotta su tutte le competizioni. Eppure è difficile trovare rammarico nei tifosi del Liverpool, che si sono ritrovati a festeggiare un titolo nazionale vinto in scioltezza quando non se l’aspettavano. Perché i Reds sembravano a fine ciclo, e invece molti dei migliori giocatori della rosa hanno trovato nuova linfa grazie al nuovo progetto tecnico. È il Liverpool di van Dijk, Salah e Alisson, certo, ma non va sottovalutato il rendimento di Szoboszlai e Gakpo, di Konaté e – ancora per poco – Alexander-Arnold.

I Reds non si sono fatti travolgere dalla tempesta dell’addio di Klopp: hanno scommesso su un allenatore fresco, giovane e dalle idee brillanti. Arne Slot non avrà lo charme di alcuni suoi colleghi, ma è riuscito a migliorare il Liverpool a poco a poco, celandosi sempre dietro le quinte. Le sue mosse sono state intelligenti proprio perché appaiono invisibili ai più. Così come invisibile è stato, nei risultati, il cambio in panchina: merito del lavoro dirigenziale di Richard Hughes, il direttore sportivo, Julian Ward, il direttore tecnico, e Michael Edwards, il Chief Executive of Football.

Quella contro il Tottenham non è stata una partita, per altro vinta agilmente per 5-1, ma una parata di gioia infinita. Nel secondo tempo il campo era invaso da palloncini rossi, l’aria era frizzante come un carnevale, mentre all’esterno dello stadio i tifosi si ammassavano per festeggiare tutti insieme. Come ha detto a più riprese Salah, poter vedere i tifosi e celebrare con loro la vittoria del titolo è stata benzina nel motore del Liverpool. Nel 2020, infatti, a causa della pandemia da COVID-19, Jordan Henderson ha alzato la coppa in uno stadio vuoto, senza i tifosi. Oggi è tutta un’altra storia, e una gran fetta di merito va dato a un allenatore che forse non avrà niente di appariscente, ma si è dimostrato all’altezza di uno dei club migliori al mondo. Non è poco, non era scontato.

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