Dalla Champions League alla retrocessione. È l’incubo in cui sta precipitando il Girona, capace di chiudere lo scorso campionato al terzo posto e ora sedicesimo in classifica, con soli tre punti di vantaggio sull’Alavés terzultimo. Le ragioni più immediate di una crisi che va avanti da agosto stanno nella gestione del doppio impegno e nell’addio dei giocatori che hanno segnato la stagione 2023/24: Artem Dovbik è passato alla Roma per quasi 31 milioni di euro; Savinho è stato acquistato dal Manchester City, club ammiraglio della multiproprietà che gestisce anche il club catalano; Aleix García si è spostato in direzione Leverkusen, per 18 milioni, e anche Eric García, Pau Victor a Barcellona e Yan Couto hanno lasciato Girona dopo l’annata vissuta in prestito.
Insomma, la squadra di Michel è cambiata moltissimo. Col senno di poi è facile dire che abbia perso in valore assoluto, ma un crollo così verticale era francamente difficile da ipotizzare. La sconfitta contro il Betis, la quarta consecutiva in Liga, ha segnato un punto di non ritorno per il Girona. Che ora si ritrova a un passo dal baratro: il terzultimo posto – occupato dall’Alavés – dista solo tre punti, le dieci gare senza vittoria rappresentano la peggior striscia mai vissuta in Liga, al pari di quella che nel 2019 determinò la retrocessione in Segunda.
E pensare che questa doveva essere la stagione più esaltante della storia del club: il debutto in Champions League, la consacrazione di un progetto. Invece si è trasformata in un calvario: «Abbiamo toccato il fondo», ha dichiarato l’allenatore Míchel dopo il 3-1 subito a Montilivi. Il tecnico madrileno ha poi parlato di limiti strutturali e di una squadra giovane, inesperta e rivoluzionata: «Abbiamo cambiato dodici giocatori, è troppo. La Champions ci ha tolto energie e tempo per allenarci. Siamo il Girona, non dimentichiamolo» ha spiegato Míchel.
L’avventura europea ha rappresentato un sogno, ma anche un peso. Giocare ogni tre giorni ha inciso sul fisico e sulla testa dei giocatori del Girona, limitando le sedute tattiche, fondamentali per i metodi di lavoro di Míchel. Inoltre i giocatori arrivati sul mercato non hanno convinto: solo Krejci si è dimostrato all’altezza, mentre Bryan Gil è stato frenato dalla rottura del legamento crociato. Anche gli infortuni, va detto, hanno inciso sulla stagione del Girone. Anzi, sono stati una vera e propria piaga: ben 14 solo in autunno, una situazione che ha costretto il Girona a presentarsi ad alcune partite con appena 12 calciatori di movimento. «Fa paura entrare in campo, sembra che aspettiamo solo di vedere chi sarà il prossimo a farsi male», aveva confessato David López a novembre.
Come sottolineato anche da Relevo, in attacco l’assenza di una prima punta si è fatta sentire. Senza i gol di Dovbyk (24 lo scorso anno) e le invenzioni di Savinho, il Girona ha perso impatto offensivo. Miovski e Abel Ruiz non hanno inciso e il capocannoniere stagionale è il veterano Stuani, comunque fermo a sette reti. In tanti non sono riusciti a confermare la splendida stagione passata, a partire da Iván Martín fino ad arrivare a Tsygankov a Gazzaniga. Per l’allenatore Michel, per ora confermato, il problema è soprattutto mentale: «La squadra ha qualità, ma manca l’anima. Bisogna credere di poter superare l’avversario. È la testa che ci tradisce». Sul futuro ha risposto con convinzione: «Ho la forza e il talento per uscirne, so cosa serve al Girona. Sia a livello tattico che psicologico. Ho affrontato momenti difficili e li ho superati, ora devo trovare la chiave per farlo anche qui». Lo pensano anche i giocatori e i tifosi, che Montolivi non hanno mai fatto mancare la loro spinta alla squadra. Il calendario non aiuta, perché nel week-end offre uno scontro diretto con il Leganés, penultimo. In caso di sconfitta, il Girona potrebbe davvero ritrovarsi
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