La FIFA ha un nuovo problema con il Mondiale per Club: la pressione fiscale sulle squadre partecipanti

Il presidente Infantino deve ancora garantire le agevolazioni necessarie a 32 squadre partecipanti, con la tassazione che può variare dal 3 al 7% a seconda dello stato americano in cui si gioca.

Tassa di lusso, formato Mondiale. La visita di Gianni Infantino alla Casa Bianca, qualche settimana fa, non ha sbloccato la situazione: oggi la FIFA si trova di fronte a un grosso ostacolo amministrativo con le autorità statunitensi. E potrebbe costare davvero caro alle 32 squadre qualificate alla Coppa del mondo per club, alla sua edizione inaugurale nel format a 32 partecipandi. Per decine di milioni di dollari ciascuna, sotto forma di tasse sul reddito.Basta un rapido calcolo per capire come questo scenario rischierebbe di demolire ogni appeal economico attorno alla competizione. Vero, Infantino in persona ha garantito montepremi da un miliardo di dollari per l’intero torneo, di cui 125,8 milioni destinati al club vincitore. Però la base di partenza, per la partecipazione alla fase a gironi, non arriva a 40. E i premi-partita sono dapprima modesti (due milioni), per poi salire fino ad altri 30-40 milioni nel corso della fase a eliminazione diretta. Ne consegue che una squadra che non passa il primo turno, tra introiti e tasse, metterebbe in tasca una cifra risibile. Al costo fisico-logistico di sostenere un torneo fuori tempo massimo, tra una stagione e l’altra, con la rosa spremuta fino all’osso. Il gioco varrebbe ancora la candela?

Lo sa bene anche la FIFA. Motivo per cui Infantino continua i complessi negoziati con le autorità americane per garantire l’esenzione fiscale a tutte le partecipanti. Per il Mondiale 2026 ci è riuscito, a partire dalle tasse sulla vendita dei biglietti. Ma la versione per club ha avuto tempi organizzativi più stretti: i 12 stadi che ospiteranno il torneo sono stati annunciati soltanto lo scorso settembre. A questo si aggiunge poi la complicazione delle diverse aliquote fra i vari Stati americani, che renderebbe il quadro un autentico rebus, o anche un terno al lotto. Per esempio, in Florida – si giocherà a Orlando e Miami – non c’è alcuna tassa sul reddito. Nelle altre città la situazione è varia, si va dal 3% della Pennsylvania al 7% della California.

Secondo questo schema il club più penalizzato sarebbe il PSG, che disputerà due partite su tre della fase a gironi a Los Angeles (all’Inter ne tocca una). Più “fortunata” la Juve, impegnata a Washington, Filadelfia e Orlando. Una difformità che Infantino si impegna a risolvere al più presto. Senza contare che, sempre in alcuni Stati americani, non vengono riconosciute le convenzioni sulla doppia tassazione, che tutelano persone e imprese dal dover pagare due volte per i loro guadagni da due diversi regimi fiscali. E di nuovo, a venire colpiti sarebbero quelli semplicemente capitati nello stadio sbagliato. Per ora la FIFA si riserva dal commentare, spiega il Guardian, ma la sensazione è che seguiranno presto altri colloqui con l’amministrazione Trump. Da presidente a presidente.

Leggi anche