Morten Thorsby si è messo in testa di salvare il pianeta, e forse dovremmo ascoltarlo

Intervista al giocatore norvegese del Genoa, ecologista attivo da anni: il suo rapporto con la natura, il suo percorso con We Play Green e la comunicazione necessaria per sensibilizzare i tifosi sulle tematiche ambientali.

Tra il mare e le montagne di Genova, Morten Thorsby ha trovato un pezzo di Norvegia. In questo angolo della Liguria respira la Oslo che lo ha cresciuto. Si sente a casa, come quando da bambino andava in barca a vela e faceva le passeggiate in montagna con la famiglia. Quando non è a Pegli per allenarsi con il Genoa va in spiaggia, oppure sale fino al Monte Fasce per godersi la vista e riconnettersi con la natura. Già, la natura. Perché quando Thorsby entra nell’ufficio per l’intervista stringe tra le mani la felpa che userà la sua squadra nel riscaldamento del match contro la Lazio. È verde come il logo di We Play Green, fondazione no-profit messa in piedi dal norvegese per trasformare il calcio in un manifesto per la sostenibilità del nostro pianeta.

La natura e il viaggio dalla Norvegia all’Italia su una macchina elettrica

Martedì 22 aprile è il giorno della Terra. L’obiettivo è chiaro: sensibilizzare le persone per poter proteggere la nostra casa. Al fianco del Genoa, Thorsby è pronto per dare vita ad altre iniziative per ridurre l’impatto dell’essere umano sul nostro pianeta. Così, in occasione della partita di campionato contro la Lazio, ecco autobus gratuiti o posacenere tascabili. «L’interesse per l’ambiente è nato quando ero bambino», racconta Thorsby a Undici. «Ho sempre avuto una connessione molto forte con la natura, sono cresciuto tra montagna e mare. Ma quando sono andato nei Paesi Bassi, a 18 anni, mi sono reso conto che non tutti hanno questo legame. Stiamo distruggendo la natura senza rendercene conto. Lì ho capito di dover fare qualcosa».

Così ha cambiato la prospettiva: non era soltanto una questione del giovane Morten, ogni persona avrebbe dovuto agire per preservare l’ambiente. «Nella mia infanzia ho vissuto a stretto contatto con la natura, facevo tutto: andavo a camminare in montagna con i miei genitori, poi in barca a vela, giocavo a hockey sul ghiaccio. Ovviamente in Norvegia c’è più spazio. Mi viene naturale parlare di queste tematiche. È una cosa che sento e nella quale credo davvero, forse è difficile parlare di ambiente nel calcio. È un mondo in cui girano molti soldi, i calciatori vivono dentro una bolla. Ho fatto questa scelta per portare un messaggio sincero sfruttando la nostra visibilità. È fondamentale usare questa possibilità».

Per capire quanto Thorsby abbia a cuore questo argomento possiamo fare un salto nel passato. 2015, siamo in Olanda. Morten gioca nell’Heerenveen. Il campo in cui si allena la squadra si trova a quindici minuti dagli spogliatoi. C’è chi prende la macchina, chi invece sceglie il pulmino. Ma i consumi sono eccessivi, troppo dannosi per un percorso così breve. E quindi ecco l’idea: far usare la bicicletta ai suoi compagni. Da quel momento la società avvia una serie di iniziative, tra cui l’installazione dei pannelli solari allo stadio. Diventa uno dei più sostenibili di tutta l’Olanda. Bastava prendere la bicicletta per creare un ambiente sostenibile. «In quel periodo avevo già a cuore l’argomento, ma le azioni riguardavano soltanto me. In quell’anno uscì l’accordo di Parigi e decisi di fare qualcosa in più. Parlai con il club e nacque l’idea delle biciclette. Sono arrivato in Italia viaggiando con una macchina elettrica dalla Norvegia con la mia famiglia, più di mille chilometri. A Genova abbiamo pulito delle spiagge, abbiamo ancora tante iniziative in programma».

 

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Il 2 sulla maglia, l’Accordo di Parigi e i risultati

Tutti a Genova vogliono bene a Thorsby: in campo corre, ci mette l’anima, sbaglia, ricomincia. La conferma arriva direttamente dal tassista che ci accompagna alle porte del Signorini, centro sportivo del Genoa. «A me Thorsby piace da impazzire», ci dice mentre fissa la strada. «Perché è uno che lotta. Mio figlio è biondo come lui, a volte lo chiamo Morten. Poi apprezzo come ragiona: quella cosa del 2 sulla maglia per la questione dell’ambiente fa capire la sua sensibilità fuori dal campo». Magari durante una partita del Genoa vi sarete chiesti per quale motivo un giocatore capace di occupare ogni zona del centrocampo giochi con la numero 2 sulle spalle. La risposta sta nella sostenibilità. Il 12 dicembre 2015 nasce l’Accordo di Parigi. 196 paesi dell’Unione Europea adottano una linea comune per ridurre le emissioni di gas serra e affrontare il cambiamento climatico. La missione è quella di mantenere la temperatura media globale sotto i 2°C, limitando l’incremento a 1.5°C. Ecco il motivo che ha portato Thorsby a scegliere la 2 dello spogliatoio. «Sono contento che il tassista abbia detto queste parole, vuol dire che i risultati esistono davvero e i messaggi arrivano. Il calcio è un vettore incredibile, ha una potenzialità enorme. Questo sport è come il mondo: ci sono cose brutte e belle. Dobbiamo veicolare i valori giusti. Questo mio interesse non nasce da un fatto culturale, ma da un legame con la natura. Bellerín per esempio è cresciuto vicino al mare e vede come stanno cambiando le cose, mi supporta tanto. Tutto dipende dalla nostra vicinanza con l’ambiente. Per questo è necessario sensibilizzare anche chi non è sempre a contatto con la natura».

Qual è la parte difficile quando si prova a sensibilizzare le persone sul cambiamento climatico? Mentre il mondo è colpito da alluvioni, uragani e temperature squilibrate, i risultati positivi non sono immediati. Un dettaglio che lascia scivolare in secondo piano il ruolo che ogni singolo essere umano può avere in questo percorso. Vale in ogni contesto: dalla strada a uno spogliatoio, dove qualche compagno di Morten scherza sul suo ruolo da ambientalista. «I risultati non si riflettono subito sulla nostra natura, questo complica la comprensione. Da calciatore sono abituato a lavorare e ottenere un risultato immediato. Per la questione ambientale invece non si può toccare subito l’obiettivo, è un cammino lungo. Per questo motivo certe volte qualcuno sottovaluta il ruolo che potrebbe avere. Tante persone non sentono la vicinanza alla questione legata all’ambiente, di conseguenza non attivano un cambiamento. Qui sta la difficoltà: in uno spogliatoio qualcuno apprezza, poi c’è anche chi scherza su quello faccio. Serve pazienza, conta concentrarsi su un passo alla volta e lavorare sui giovani. Così possiamo passare dallo scherzo all’azione vera e propria. Dobbiamo agire per noi, in modo naturale. Non deve essere una forzatura».

L’impatto di Vieira

Prima di prendere la panchina del Genoa, Patrick Vieira aveva già incontrato Morten Thorsby. Fuori dall’Italia, lontano dal Ferraris. Nell’estate del 2023 i due si sono ritrovati a Francoforte, sullo stesso palco. L’allenatore per parlare del razzismo, il giocatore per un dialogo sulla crisi climatica del pianeta. «Era un incontro organizzato dalla UEFA. Lui parlava di razzismo, io della questione ambientale. È molto impegnato nel sociale, questo mi fa piacere. Vuol dire che in quella persona ci sono dei valori». Neanche due anni dopo, le due strade si sono intrecciate di nuovo. Vieira ha dato fiducia a Thorsby quando il Genoa si è ritrovato a navigare in correnti pericolose. E il norvegese con la numero 2 ha risposto. «Vieira ha uno stile equilibrato, tranquillo. Un calciatore percepisce la sua aura quando parla nello spogliatoio. È stato un giocatore forte, quindi riesce a trasmettere tranquillità. Io mi avvicino ai trent’anni, questo vuol dire che ho più esperienza da portare sul campo. Ma non ci penso e faccio il mio».

Insomma, la comunicazione è determinante. E il calcio può raggiungere platee illimitate. Ma un messaggio non deve essere di passaggio. «La comunicazione deve essere positiva, proiettata verso un mondo in cui respiriamo un’aria buona, ci tuffiamo in un mare pulito, mirando a cose concrete. È essenziale lavorare su questi punti». Qualche tifoso scherzando chiede a Thorsby di salvare prima il Genoa, poi il pianeta. «Buoni propositi? Con il Genoa siamo vicini alla salvezza. Sarebbe molto bello entrare nella top dieci. Con We Play Green invece spero portare avanti tanti progetti, anche collaborando insieme al club per dare vita a nuove iniziative». Tra il mare e le montagne di Genova Morten Thorsby ha trovato un pezzo di Norvegia. E vuole fare di tutto per salvare questo angolo del pianeta che sa di casa.