Mentre in Italia si discute se coinvolgere o meno gli ex giocatori nella revisione del protocollo Var, in Inghilterra li fanno direttamente arbitrare. È il nuovo progetto della PFA, l’assocalciatori inglese, nato in collaborazione con la PGMOL, la Professional Game Match Officials Board, l’ente responsabile degli arbitri. Si chiama “Player to Match Official” e prevede la creazione di una borsa di studio retribuita per tre anni, da mettere a disposizione se si prendono in mano i cartellini. Il programma si inserisce nel più ampio ERDP (Elite Refereeing Development Plan), istituito dall’associazione degli arbitri per risolvere un problema che sta diventando sempre più urgente: la mancanza di direttori di gara.
Per ora il programma è partito solo a livello di settore giovanile e dilettantistico. Ecco come funziona. Vengono scelti dieci tra arbitri e guardalinee che ogni mezz’ora ruotano nei tre ruoli. In tribuna, ad osservare, ci sono spesso degli ex fischietti di Premier League, come Lee Mason e Phil Dowd, che prendono appunti. Una mole di dati che viene analizzata dopo la partita. Gli ex arbitri guidano la discussione condotta alla presenza del direttore dello sviluppo della PGMOL, Dan Meeson, ex assistente a livello professionistico. Vengono proiettati dei video in cui si esaminano diverse azioni, all’interno di un dibattito costruttivo volto all’apprendimento. Poi un rapido pranzo e una sessione d’allenamento pomeridiana.
Servirsi degli ex calciatori è un vantaggio soprattutto dal punto di vista della comunicazione in campo. «Cerco di creare un buon rapporto con allenatori, calciatori e staff, quello che avrei voluto quando giocavo» racconta a Sky Sports Chris Birchall, ex centrocampista di Brighton, Coventry e Port Vale. «Conoscere movimenti e dinamiche di campo aiuta a non essere né troppo vicino né troppo lontano dal gioco» spiega Carl Baker, dieci anni tra Morecambe, Stockport, Coventry, MK Dons e Portsmouth.
Il Player to Match Official aiuta chi si ritira dal calcio giocato. Gli dà un impegno, uno scopo, un obiettivo, quello magari di varcare le soglie di uno stadio di Premier e poco importa se lo si fa con la divisa nera e i cartellini nel taschino. «Io e Anthony Griffith abbiamo entrambi terminato la nostra carriera al Port Vale, ce lo siamo detti a vicenda», afferma Birchall. «Perché non ci sono giocatori che diventano arbitri? Qual è il motivo? Proviamoci noi». A Baker, invece, il PTMO ha cambiato la vita. Dopo il ritiro, infatti, aveva perso l’amore per il gioco. Poi un giorno, durante una vacanza in Turchia, ha sentito parlare di questa iniziativa. «Ho avuto sei o nove mesi davvero difficili in cui faticavo ad alzarmi dal letto», ammette. «Non sapevo cosa fare. Mi avevano sempre detto dove essere, a che ora, cosa indossare, cosa mangiare e poi mi sono trovato di fronte al nulla, mi svegliavo al mattino e pensavo ‘cosa farò adesso?’ Non sapevo quale fosse il mio prossimo passo. Quando questa opportunità è arrivata, mi sono sentito ancora nel calcio. È stato il momento perfetto per me e mi ha dato una nuova linfa vitale». Una spinta per guardare le partite, studiare e migliorare. Così si coinvolgono le persone e si formano gli arbitri. Quello di cui il calcio inglese ha disperatamente bisogno.