Per creare un movimento sportivo solido e che sia in grado di produrre talento e risultati, soprattutto nel medio e lungo periodo, è necessario costruire dalla base. Lo schema è quasi sempre lo stesso: strutture, formazione, crescita del brand. Se poi c’è la possibilità di richiamare dei giovani talenti dall’estero, perché lasciarsela sfuggire? Lo stanno facendo gli Stati Uniti, che da tantissimi anni cercano di trovare la strada per colmare il gap con l’Europa. A maggior ragione da quando all’orizzonte c’è il Mondiale del 2026, co-organizzato con Messico e Canada.
In questo senso, da tempo ormai esiste una sorta di “tratta commerciale” tra club MLS ed europei, sulla quale viaggiano soprattutto dei giocatori giovani. Anche le istituzioni scolastiche, però, ora stanno iniziando ad attrarre aspiranti calciatori. Come? I college hanno stretto una partnership con la League Football Education, un ente della EFL, la lega che organizza la seconda, terza e quarta divisione del calcio inglese. Prima di tutto facciamo un po’ d’ordine: la League Football Education (LFE) è stata voluta dalla EPL 21 anni fa per rispondere a un problema che anche in Italia conosciamo bene, ovvero la dispersione di tutti quei ragazzi che non arrivano a giocare ad alti livelli, nonostante crescano nelle migliori Academy del Paese.
In collaborazione con la Professional Footballers’ Association, la LFE organizza dei percorsi di formazione per aspiranti calciatori tra i 16 e i 18 anni.: ogni anno si iscrivono al programma circa 600 adolescenti, e solo meno della metà poi arriva a giocare tra i professionisti. Gli altri, tramite questo programma, possono proseguire gli studi superiori, lavorare part-time nel calcio semi-professionistico, cominciando così a costruirsi un curriculum, oppure ottenere una borsa di studio negli States. Nel 2024, il 16% dei giovani giocatori ha continuato gli studi superiori o universitari. Un altro terzo, invece, loro ha optato per trasferirsi nei college Usa. Come già successo, per esempio, con i ragazzi spagnoli.
La formula americana è attraente: quattro anni di calcio e una laurea in mano. Se non riesci a crescere dentro il mondo del pallone, hai comunque un pezzo di carta in un ateneo di alto livello, vale a dire lavoro e carta verde assicurati. In tanti scelgono di seguire corsi di analisi e marketing da applicare al soccer, in modo da essere più spendibili sul mercato americano. Se si fa un giro su qualsiasi portale lavorativo, infatti, si può notare come nei college o nelle divisioni inferiori del calcio d’oltreoceano ci sia una grande richiesta di personale qualificato.
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«I nostri amministratori hanno sempre creduto fortemente nell’educazione insieme allo sviluppo calcistico» ha raccontato Sarah Stephen, CEO di LFE, alla BBC. «Dobbiamo prepararli tutti a una carriera alternativa, che sia dentro o fuori dal calcio. Quando presentiamo il progetto, mostriamo il percorso di molti ragazzi che sono stati da noi. Magari non giocano necessariamente a calcio ma alcuni sono medici, fisioterapisti, vigili del fuoco negli Stati Uniti o in Svezia» ha spiegato l’amministratrice delegata. Il pacchetto della LFE comprende un supporto per la salute mentale e consulenti in grado di trattare diversi temi, per esempio le dipendenze, l’educazione finanziaria 0 sessuale. Praticamente l’associazione fornisce degli strumenti per la vita che vanno oltre lo sviluppo calcistico. È previsto inoltre il monitoraggio per tre anni dopo la fine dell’apprendistato e un ulteriore aiuto dove necessario.
L’esperienza americana soddisfa chi la intraprende. «Man mano che cresci, cominci a vedere che vengono lasciati a casa ragazzi con cui sei stato per anni, per questioni di età o livello tecnico» ha rivelato Maximus Rigby, centrocampista 21enne entrato nel settore giovanile del Leeds a nove anni e “scaricato” nel 2021. «La mia situazione si è complicata nel 2020, quando siamo stati promossi in Premier. Parcheggiavo la mia Toyota accanto alle Lamborghini dei giocatori della prima squadra. Ti fa capire che sei così vicino, ma anche così lontano. Quando sei con loro pensi di potercela fare, ma a volte la percezione è sbagliata» ha ammesso il giovane, che ha frequentato la Saint Francis University, college di Division I, giocando a calcio e studiando marketing.
Un percorso simile a quello del 22enne portiere Alex Hare. Tutta la trafila nel Derby County dai sette ai 16 anni, poi il passaggio allo Sheffield Wednesday. Dopo mesi alla Missouri State e alla Costal Carolina University, ora sta per cominciare all’University of Tampa. Ad attenderlo ci sono i pali degli Spartans e un corso di laurea in sport management. «Quando sono stato mandato via dal Derby è stato difficile da accettare. È stato come se mi avesse lasciato la ragazza, ma centro volte peggio. È stata una sensazione provata di nuovo con lo Sheffield Wednesday due anni dopo. In America la strada è tracciata, dato che ottieni una laurea e puoi avere un futuro migliore fuori dal campo. Ho pensato che fosse la mossa giusta per me e sono molto contento di averla fatta».