Girata dal limite dell’area piccola, da rapace del gol qual è sempre stato. Da più di un ventennio a questa parte: nella notte sudamericana, Paolo Guerrero ha scritto un pezzo di storia del Perù e delle qualificazioni ai Mondiali. Un gol pesantissimo, che da un lato – all’interno del 3-1 sulla Bolivia – tiene la Bicolor agganciata al treno delle migliori sette e che dall’altro proietta il suo capitano nel gotha della longevità sotto porta. A 41 anni, due mesi e 20 giorni: battuto di oltre un anno il record continentale del connazionale Faustino Delgado, che resisteva dal 1961. Doveva per forza succedere a Lima.
«Mi sento molto meglio oggi rispetto a quando avevo 32 o 33 anni», aveva detto Guerrero alla vigilia dell’incontro, dimostrandosi buon profeta. «Amo il calcio e sarà molto difficile smettere. Ma non oggi, non ancora: se la Nazionale mi chiama, non posso dire di no». Detto fatto. Irresistibile invito a lasciare il segno.
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Ben inteso: Paolo in patria è un’istituzione. Nel 2004, quando debuttava nel Bayern e segnava il primo dei suoi 41 gol con la maglia del Perù – altro record assoluto, tra i suoi compagni di club c’erano Bixente Lizarazu e Ollie Kahn. Cioè dei campioni nati nel 1969 (oltre a Roque Santa Cruz, che a 43 anni ha detto addio al Paraguay ma non ancora al calcio giocato: evidentemente lo spogliatoio tedesco allungava la vita). Oggi invece, dei peruviani scesi in campo contro la Bolivia c’è chi è nato nel nuovo millennio: lo stacco inter-generazionale con Guerrero potrebbe essere ancora più marcato, ma la squadra allenata da Óscar Ibáñez è una delle più vecchie in circolazione (29,4 anni di media). Ben oltre il suo numero 9.
Il dato non ridimensiona la portata del personaggio. Da quel “barbaro” con cui si faceva chiamare al suo arrivo in Europa, fino alla maturità in patria: già il gol-partita contro l’Australia ai Mondiali 2018 – la prima vittoria da quarant’anni per il Perù nella competizione – era sembrato un ottimo biglietto d’addio. Sono passate altre sei stagioni. E Guerrero è ancora a caccia di reti, da settembre 2024 tra le file dell’Alianza Lima: il club in cui era cresciuto e nel quale aveva sempre sognato di chiudere la carriera. Magari più avanti, però. Viaggia alla media di un gol ogni due partite, bacia la maglia come un bambino, è tornato a segnare alle qualificazioni Mondiali a distanza di otto anni. Perché non aspettare fino al prossimo?