Eddie Howe è il primo grande allenatore inglese dopo trent’anni di deserto

Il manager del Newcastle ha vinto il suo primo titolo. E l'ha fatto imponendosi come tecnico di prima qualità, ossessivo e lontano dagli stereotipi.

Prima di iniziare, occorre snocciolare un dato significativo. Questo: era dal 2008, cioè da quando Harry Redknapp ha vinto la FA Cup con il Portsmouth. che un allenatore inglese non vinceva un grande trofeo domestico – Premier League, FA Cup o League Cup. E se ampliamo il campione alle coppe europee bisogna arrivare fino al 1997, alla Coppa delle Coppe vinta da Bryan Robson col Barcellona, per trovare l’ultimo trionfo. Certo, noi italiani siamo lontani e quindi possiamo permetterci di considerare lo scozzese Ferguson come un allenatore britannico e quindi inglese, ma la sostanza non cambia: Sir Alex si è ritirato nel 2013, ed è più o meno da allora che non compare sulla scena un grande manager made in UK, formatosi cioè sulle panchine della Football League e poi della Premier. I motivi sono tanti, e molti riguardano la ricchezza spropositata dei club inglesi. Ora, però, è arrivato il tempo di Eddie Howe. Che ha vinto la Coppa di Lega 2024/25, il suo primo titolo da allenatore, e così ha interrotto anche un altro lunghissimo digiuno: quello del Newcastle United, che non conquistava un trofeo ufficiale dal 1969.

In realtà chi segue il calcio inglese sa che il tempo di Eddie Howe non è cominciato ora, ma dura da un pezzo: il manager del Newcastle, infatti, è stato il protagonista assoluto della memorabile scalata del Bournemouth fino alla Premier League, poi è stato scelto dal fondo PIF – vale a dire la proprietà calcistica più ricca del mondo – per guidare una squadra destinata a diventare più forte di anno in anno, grazie a investimenti sempre più cospicui. Si può dire che Howe abbia fatto da garante alla solidità, alla coerenza, anche alla lungimiranza del progetto dell’Arabia Saudita: con lui, grazie a lui, il Newcastle è stato gestito in maniera opulenta ma non assurda, la rosa è stata integrata con giocatori giovani e di qualità, i risultati sono stati frutto di un processo di maturazione individuale, collettiva, tattica. E infatti Howe lavora a St. James’ Park dall’autunno del 2021, quindi ci ha messo tre anni e mezzo per conquistare il suo primo titolo. In mezzo, però, lo United ha perso un’altra finale di League Cup (nel 2023), si è qualificato e ha partecipato alla Champions League, in questa stagione è di nuovo in corsa per qualificarsi al massimo torneo continentale. Non è poco, non era scontato.

E così un quotidiano prestigioso come il Telegraph, subito dopo la vittoria della League Cup, si è sentito in diritto di sbilanciarsi. Di usare parole piuttosto impegnative, sia per il presente che per il futuro: «Howe non è solo il miglior allenatore del Newcastle nell’era moderna, ma è anche il miglior tecnico prodotto dall’Inghilterra negli ultimi anni, di certo dai tempi di Bobby Robson. La sua ascesa dalla League Two alla Premier era già una storia notevole, ma adesso la sua dimensione è quella di un top manager. È destinato a guidare la Nazionale, sarebbe una tragedia se non succedesse».

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Ma cos’è che rende unico Eddie Howe? Dal punto di vista tattico non stiamo parlando di un innovatore a tutti i costi, ma di certo è un allenatore che si discosta dagli stereotipi – ma sono davvero stereotipi? – sui manager inglesi, sulle loro preferenze per il calcio kick and run: il Newcastle è una squadra aggressiva e organizzata, che si difende e attacca con grande intensità, in modo diligente ma non meccanico. Ed è proprio questa l’essenza del lavoro di Howe: fin dai tempi del Borunemouth, e ora anche al Newcastle, chi lavora con lui lo definisce come un perfezionista ossessivo, come un tecnico che pretende l’assoluta dedizione dei calciatori al piano di gioco. Come spiega un suo collaboratore in questo reportage di The Athletic, Howe «lavora come se dovesse fare il lavaggio del cervello ai suoi uomini, però per osmosi: in pratica le loro decisioni in campo, una volta appreso il modello di gioco, dipendono da ciò che gli ha insegnato».

Per ottenere questo effetto sulla sua squadra, Howe va al lavoro ogni giorno alle sei del mattino, visiona centinaia di ore di video delle avversarie, è molto esigente con tutti i componenti del club, con i giocatori, con il suo staff, con tutti i reparti. Secondo quanto racconta Amanda Staveley, la dirigente che ha gestito il Newcastle durante la prima fase della proprietà saudita, «ogni giorno tiene colloqui individuali con diverse persone all’interno del club. Poi, dopo ogni allenamento, si mette a riguardare il video della seduta e individua i problemi su cui deve lavorare nei giorni successivi». È così, grazie a questa meticolosità, che Howe ha conquistato il cuore e le menti di tutti, al Newcastle. Ed è così che si è imposto come l’unica possibile speranza di rinascia per il coaching inglese, dopo decenni di deserto.