Negli ultimi 180 minuti di gioco più recupero, andando al di là dei sette gol segnati dall’Atalanta e dalla Fiorentina, la Juventus non ha mai dato l’impressione di essere una squadra anche solo lontanamente efficace, dal punto di vista tattico. Questo è un grosso, grossissimo problema: nel calcio di oggi, può piacere o meno, la carica emotiva dei giocatori dipende in maniera diretta dalla loro convinzione rispetto a ciò che gli viene richiesto di fare in campo – ovviamente queste richieste arrivano dall’allenatore. Nel senso: se una squadra non si rivede in ciò che propone, quindi nei concetti del suo tecnico, di colui che la guida dalla panchina, è impossibile pensare che possa esprimersi al meglio delle sue qualità.
Nel caso della Juventus e di Thiago Motta, non è mai scoccata alcuna scintilla di corrispondenza o di intesa. O meglio: dopo un inizio promettente, sono successe delle cose – l’infortunio di Bremer, quello di Cabal, la comparsa di un’inesorabile senso di stagnazione tattica – che hanno portato alla formazione di una coltre di sfiducia, come se la squadra bianconera avesse smesso di credere nei concetti dell’allenatore italobrasiliano.
Questa sensazione di distanza incolmabile è diventata sempre più forte nell’ultimo mese e mezzo, in occasione delle sconfitte che hanno sancito il fallimento di tutti gli obiettivi stagionali: quella contro il PSV in Champions League, quella contro l’Empoli in Coppa Italia, quelle contro Atalanta e Fiorentina in campionato. Lo smottamento – non c’è termine migliore, in questo caso – della nuova Juventus, in queste partite, è diventato sempre più evidente. Fino al crollo, fino alla frana conclusiva: se la stagione si chiudesse oggi, la Juve sarebbe fuori dalla prossima Champions League.
Fiorentina-Juventus 3-0
Ma quali sono stati i motivi di questa mancato incastro? A cosa è dovuto il disfacimento del progetto-Motta? Ora, col senno di poi, è facile dire che la Juventus assemblata da Giuntoli non abbia un organico adatto al calcio predicato dall’ex allenatore del Bologna. Così come sarebbe facile rilevare che lo stesso tecnico, da parte sua, sia stato fin troppo cervellotico e cocciuto e imperturbabile nelle sue scelte, è da inizio anno che rivoluziona continuamente la sua squadra senza però rinunciare a dei principi di gioco che, ormai è chiaro, non sono adatti ad alcuni elementi della sua rosa. Infine, e anche questo è un aspetto centrale, una buona parte dei giocatori più attesi hanno reso ben al di sotto delle loro reali possibilità. Basta fare due nomi su tutti: Teun Koopmeiners e Dusan Vlahovic.
Insomma: come succede sempre nel calcio contemporaneo, la disgregazione della Juventus è frutto di una serie di errori, è la conseguenza di una cattiva gestione che non può essere attribuita a un solo soggetto in causa, ma riguarda tutti. Dalla società fino ai giocatori. In mezzo a questa filiera c’era e c’è Thiago Motta, scelto come nuovo allenatore ma soprattutto come volto di copertina per un nuovo progetto, per una nuova Juventus. Come garante di un cambiamento di filosofia, di approccio, anche di stile. Come uomo di riferimento per la costruzione di una squadra contemporanea, giovane, frizzante. Ecco, questo piano Marshall calcistico è fallito in modo fragoroso e inatteso, come un petardo sparato all’improvviso, lontani da uno stadio e/o da una manifestazione, in un giorno che non è il 31 dicembre.
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Il punto è che dopo questa esplosione – anche se sarebbe meglio dire implosione, ma vabbè – e dopo uno strappo tanto netto, ormai è fin troppo evidente, non c’è margine per recuperare. E non c’entrano niente i discorsi – tutti molto retorici – sul fatto che alla Juventus non c’è tempo e si deve vincere, sul fatto che alla Juventus gli allenatori “giochisti” non funzionano, sul fatto che servivano un tecnico e dei giocatori pronti. La verità è molto meno storica, è molto più semplice: questa Juventus, che non ha niente a che vedere con qualsiasi altra Juventus del passato, non era la squadra giusta per Thiago Motta. E Thiago Motta non era l’allenatore giusto per questa Juventus. È bastato meno di un anno perché tutti ce ne rendessimo conto, dopo la partita contro la Fiorentina Giuntoli ha detto che «la Juve va avanti tutta con Motta» ma è evidente che non sarà così, che non potrà essere così, e infatti un’ipotetica conferma a fine anno sarebbe un evento ancora più incredibile, ancora più assurdo rispetto alla fine anticipata del progetto avviato appena un anno fa.
In ogni caso, dopo l’ormai inevitabile – e anche auspicabile – addio dell’ex allenatore del Bologna, non importa che avvenga nei prossimi giorni/settimane o a fine stagione, forse sarebbe il caso di porsi una domanda. Questa: visto che dal 2020 al 2025 la Juventus ha deciso di separarsi da quattro allenatori diversi, non è che magari bisognerebbe pensare di risolvere dei problemi di natura diversa, prima di assumerne un quinto?