La FIFA è stata accusata di aver bloccato un’ispezione sul lavoro in uno degli stadi dei Mondiali 2026

Si tratta del leggendario Azteca di Città del Messico, già teatro di due finali di Coppa del Mondo e oggi in fase di ristrutturazione.

Cambia il continente, non la controversia. Da Qatar 2022 al Mondiale americano del 2026, la FIFA è di nuovo sotto accusa per la sicurezza dei lavoratori negli stadi. L’ultima segnalazione, ancora più notevole per luogo e tempistiche, arriva dalla Building and Wood Workers’ International (BWI), un gigantesco sindacato internazionale – 12 milioni di membri in 135 paesi – che ha sede a Ginevra ed è attivo nel settore dell’edilizia. Come racconta il Guardian, i suoi rappresentanti avrebbero pianificato un monitoraggio in loco allo Stadio Azteca di Città del Messico, al centro di un ampio progetto di ristrutturazione in vista della prossima edizione del torneo. E la FIFA avrebbe negato loro l’accesso all’impianto.

«Non hanno imparato nulla tra Qatar e Russia», queste le pesanti accuse di Ambet Yuson, segretario generale del BWI. «Niente più scuse. Niente più ritardi. La FIFA deve agire ora, o il Mondiale americano sarà l’ennesimo caso di promesse non mantenute e operai abbandonati. Eppure il presidente Infantino non ha alcun problema a farsi fotografare con Trump, garantendo uno spettacolo globale senza precedenti. Ma quando si tratta di basilari diritti dei lavoratori, chiamati a costruire il suo stesso palcoscenico, diventa uno specialista a dribblare ogni responsabilità». Il sindacato ritiene che la sorveglianza delle condizioni lavorative in Messico attorno ai progetti del Mondiale sia gravemente deficitario. Si parla di «opacità sistematica», di un accordo di «ispezioni congiunte» fra i tre paesi ospitanti – anche Canada e Stati Uniti – che la FIFA in persona avrebbe negoziato. Salvo poi tirarsi indietro al momento delle firme.

«Lo stadio Azteca e il suo processo di costruzione non è gestito da noi», ha risposto la stessa FIFA, forse peggiorando addirittura la situazione. «In ogni caso, la FIFA, in linea con la sua politica per i diritti umani, si impegna a rispettare e a promuovere i più alti standard lavorativi internazionali, anche fra i suoi partner commerciali all’interno delle varie attività collegate alle sue operazioni». E allora perché impedire un’ispezione di routine a chi di dovere?

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Un altro aspetto sconcertante della vicenda, stando alla denuncia del sindacato, è che i delegati del BWI si sono visti letteralmente sbattere la porta in faccia ai cancelli dell’impianto sportivo. La visita era programmata per la giornata di lunedì. «Un passo indietro perfino rispetto a Qatar 2022, dove se non altro le ispezioni congiunte erano autorizzate: oggi invece, in Messico prevalgono soltanto gli interessi corporativi. E l’edilizia resta tra i settori industriali più pericolosi del paese, con alti tassi d’incidente, contratti irregolari, manodopera sottopagata – in particolare migranti del Centroamerica – e una copertura sindacale di appena il 7%. Evidentemente, alla FIFA sta bene così».

Il danno d’immagine sarebbe enorme anche considerata la portata dello stadio in questione: l’Azteca, l’anno prossimo, sarà l’unico al mondo ad aver ospitato tre edizioni dei Mondiali. Ed è già l’unico con due finali all’attivo, 1970 e 1986. È stato teatro di Italia-Germania 4-3 e della successiva finale col Brasile, del Gol del Siglo e della Mano de Diós di Maradona, che sempre all’Azteca ha alzato la Coppa del Mondo al cielo. Praticamente è uno degli stadi più importanti del Novecento calcistico. Nel 2026 avrà un ruolo più defilato, ma sarà comunque sede della partita inaugurale e di altre tre gare fino agli ottavi di finale. Per tirarlo a lucido, in questi mesi, ci è voluto un budget da un milione di dollari per circa un migliaio di posti di lavoro. Ma se la FIFA non correggerà presto il tiro, il prossimo capitolo della sua leggendaria storia rischia di essere assai poco calcistico. E molto sinistro.