Da anni, ormai, Giacomo Raspadori è una specie di equivoco vivente: è chiaramente un attaccante puro, da qui non si scappa, ma allo stesso tempo è troppo gracile per giocare come attaccante puro. Come prima punta. Qualche tempo fa, diciamo prima degli anni Zero o Dieci, non ci sarebbero stati grossi problemi: Raspadori avrebbe giocato accanto a un bel centravanti old style, avrebbe segnato un certo numer di gol e non ci sarebbe stato alcun equivoco. Solo che Raspadori è nato e sbocciato in un calcio diverso, in cui quelli come lui sono costretti a reinventarsi come esterni, come sottopunte, come trequartisti o mezzali che invadono l’area avversaria. Perfino Antonio Conte, un cultore dell’attacco a due, si è comportato e si è espresso in modo chiaro: fin da quando è arrivato a Napoli, l’ex allenatore del Tottenham ha privilegiato un sistema con un solo attaccante (ovviamente Lukaku), ha sempre speso belle parole per Raspadori ma ha anche detto che «Jack potrebbe essere una mezzala offensiva». Insomma, nella mente di Conte c’erano due esterni a supporto di Lukaku (prima nel 3-4-3, poi nel 4-3-3) e un Raspadori da utilizzare come rincalzo.
Poi, però, sono successe un po’ di cose. Per sintetizzare: Conte ha perso Kvaratskhelia sul mercato e ha dovuto fare i conti con gli infortuni a catena che hanno colpito Olivera, Spinazzola, David Neres, Mazzocchi e Anguissa. E così l’allenatore del Napoli ha dovuto rifare il Napoli. Prima col 3-5-2, con Raspadori seconda punta accanto a Lukaku. E poi con un nuovo sistema, quello con cui gli azzurri si sono schierati contro Inter e Fiorentina: una specie di 4-3-3 asimmetrico in cui Raspadori dovrebbe fare l’esterno offensivo a sinistra, ma invece pensa e agisce come seconda punta. Ecco, e allora com’è andata a finire? Semplice: non appena è stato riportato nel suo ruolo, Raspadori ha segnato tre gol in quattro partite. Due dopo degli errori gratuiti degli avversari, poi quello alla Fiorentina: un saggio breve di calcio verticale scritto insieme a Romelu Lukaku.
Un bel gol corale, non c’è che dire
Ecco, questo è il miglior Raspadori possibile. Sempre parlando della gara contro la Fiorentina, anche nel primo tempo aveva sfiorato il gol: l’azione si è sviluppata in maniera diversa, ma l’attaccante del Napoli è riuscito comunque a incunearsi alle spalle dei difensori – dopo essere partito da dietro – e a battere verso la porta di De Gea, abile a deviare la sfera col piede.
Insomma, ci voleva Conte per risolvere l’equivoco-Raspadori. Oppure, per dirla meglio: ci sono voluti un po’ di incastri favorevoli e un’intuizione di Conte, che dopo aver “assaggiato” il tandem con Lukaku ha deciso di non potervi rinunciare. E allora sta provando a tenerlo vivo attraverso una formula creativa. un tridente spurio in cui Politano resta molto largo – anche perché è chiamato a difendere da quinto – e in cui Raspadori viene dentro al campo per mettersi accanto a Lukaku. Per dialogare con lui, per sfruttare gli spazi che si aprono grazie ai suoi movimenti ad arco, dopo le spallate con i centrali avversari. Non a caso, viene da dire, lo stesso Raspadori ha detto che «l’80% del mio gol appartiene a Lukaku; mi ha dato una grandissima palla».
Altre parole significative sono state quelle pronunciate da Conte, sempre in riferimento ai cambiamenti che ha dovuto fare per sopperire alle assenze: «Qui al Napoli abbiamo fatto di necessità virtù». Guardando a questa frase dalla prospettiva-Raspadori, non c’è molto altro da aggiungere: nel bel mezzo di un’emergenza, l’allenatore del Napoli ha deciso di concentrarsi su un giocatore di grande qualità e ha saputo esaltarne le doti dentro un nuovo sistema. Certo, qualcuno potrebbe alzare il sopracciglio e pensare che senza l’addio di Kvara e l’infortunio di Neres tutto questo non sarebbe mai successo. Anzi, a un certo punto di gennaio si parlava addirittura di un possibile addio di Raspadori. Oggi la situazione è completamente diversa: il Napoli ha un nuovo volto e Raspadori non è mai stato così continuo e così decisivo, soprattutto ai massimi livelli. Forse quello che gli serviva era semplicemente questo: giocare in una squadra schierata in modo da valorizzarne le doti. Il fatto che questa squadra l’abbia costruita Antonio Conte, come dire, non può essere un caso.
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