Dominik Szoboszlai è una gioia per gli occhi

Classe, quantità e qualità: il centrocampista ungherese è l'anima del Liverpool di Slot.

Se il valzer si è evoluto nel brit-rock dei Beatles, poteva esserci qualche dubbio su Dominik Szoboszlai, classico giocatore per cui tutti i giornalisti devono sempre controllare su Google la grafia corretta del cognome? Prodotto della scuola Red Bull, Salisburgo prima e Lipsia poi, si pensava potesse essere troppo leggero e fin troppo elegante per la Premier League. E invece le cose sono andate diversamente: Szobo, pagato 70 milioni di euro, si è inserito subito nei meccanismi del Liverpool di Jurgen Klopp. E adesso è decollato con Arne Slot, diventando uno dei giocatori chiave del Liverpool, con i suoi tocchi rapidi, la copertura totale del campo e la capacità di fare male al momento di tirare in porta. La mentalità e l’intelligenza, come spesso accade, hanno fatto e fanno la differenza. Tanto per rendere l’idea del suo “bagno emotivo” con Anfield: l’ungherese si è tatuato una frase pronunciata da Steven Gerrard: “Il talento è una benedizione divina, ma senza volontà e umiltà non conta niente”. Quasi come se fosse un monito, mentre non è blasfemo affermare che si sta iniziando ad avvicinarsi ai livelli di Stevie G.

Ma che giocatore è diventato Dominik Dzoboszlai? Il primo controllo è un po’ come il primo incontro, nel senso che bastano pochi istanti per farsi una prima impressione di chi abbiamo davanti. Spesso quando incontriamo con lo sguardo un grande giocatore, restiamo impressionati dal primo controllo, da come orienta il corpo e da come si predispone con anticipo rispetto alla giocata. Ecco, Szoboszlai ha un primo controllo che ti colpisce, facendoti cadere l’occhio.

Questo è il talento naturale, poi c’è il contesto. E allora Szoboszlai ha trovato la sua perfetta collocazione nell’assetto tattico di Slot: il Liverpool costruisce 4+2 con McAllister e Gravenberch a dettare i tempi di uscita e a trovare le linee di passaggio per Szobo, perfetto nella metà campo avversaria per avviare l’azione offensiva muovendosi e giocando la palla verticale. L’ungherese ama collocarsi inizialmente sul centro-destra, ma poi svaria su tutta la trequarti, sfruttando il suo principale punto di forza: l’imprevedibilità.

Szobo sa fare tante cose: può giocare di prima, può saltare l’uomo (52% dei dribbling riusciti), può condurre il pallone con rapidità e qualità (è il centrocampista del Liverpool a cui è più difficile portare via il pallone, con meno possessi persi), può cambiare gioco (63% lanci lunghi riusciti). Ha segnato cinque gol in Premier e ha una media superiore ai due tiri a partita. Numeri che lo rendono il perfetto centrocampista offensivo.

I compiti difensivi? Sono limitati alla metà campo avversaria: Szobo avvia la pressione e gioca in avanti anche senza palla, vincendo il 45% dei duelli che ingaggia. Slot lo sta consacrando per sottrazione, cioè “limitandolo”: svincolato da costruzione e da compiti di pressione nella propria metà campo, Szoboszlai ha alzato il suo rendimento. È diventato protagonista assoluto.

Un po’ di immagini, in questo caso, ci stanno perfettamente

Tutto questo, però, non vuol dire che Szoboszlai non corra e non si sacrifichi, Nella partita vinta che ha preso le forme di un passaggio di testimone in cima alla Premier League, all’Ethiad contro il Manchester City, Szobo ha corso 11,5 km: più di ogni centrocampista in campo e completato il 90% dei passaggi tentati Mentre era steso sul prato dello stadio di Manchester, festeggiando lo 0-2 in favore del Liverpool, Szobo sentiva quel senso di soddisfazione e completezza dei grandi. Ecco, appunto: la completezza.Solo Salah, Nunes, Jackson e Palmer hanno fatto più conclusioni di lui in Premier. Al tempo stesso, però, Szobo è uno degli undici giocatori di Premier ad aver fatto più di 200 pressioni in area di rigore avversaria. Inoltre è letale in contropiede. Altro che valzer.

Quando arrivò in Premier insieme a Gravenberch e McAllister, rivoluzione nel centrocampo del Liverpool, Klopp rimase sorpreso da quanto velocemente si inserì nel sistema dei Reds: «Mi hanno colpito le sue doti di leadership, quelle finché non le misuri in allenamento e in partita da vicino puoi solo percepirle», disse il tecnico tedesco. In Nazionale è allenato da Marco Rossi, che ha detto una cosa sulla stessa scia: «Quello che colpisce da subito di Dominik sono l’autostima e la fiducia nei propri mezzi. E questo non deriva solo dalla percezione del suo talento, ma dalla consapevolezza del lavoro che svolge».

Tutt’altro che banale. Tradotto: si sente forte perché sa quanto lavora e probabilmente sa misurarsi con gli altri e dunque con il livello richiesto. Ce lo immaginiamo da piccolo, che imparava a scrivere il suo cognome. S-Z-O-B-O-S-Z-L-A-I. I tifosi del Liverpool sintetizzano il tutto in un coro dedicato come sanno fare solo loro: “Go Dom”. Let it be, vedendolo giocare ti viene da pensare proprio così lascialo essere, ed è un piacere per gli occhi.