Negli ultimi due mesi, i tifosi del Feyenoord sono stati travolti da un vortice di emozioni. In poche settimane la squadra di Rotterdam è scesa dal vertice dell’Eredivisie, ma ha anche battuto il Bayern Monaco per 3-0. Poi ha subito un netto 6-1 dal Lille, ha vissuto l’eliminazione dalla coppa nazionale e la cessione del proprio miglior giocatore all’avversaria dei playoff di Champions League, senza sostituirlo. Non è finita: l’allenatore in carica è stato esonerato il giorno prima della sfida d’andata contro il Milan, la squadra è arrivata alla partita decimata dagli infortuni. E al ritorno, dopo appena un minuto, ha subito il gol dell’ex di Giménez. Eppure, il Feyenoord è agli ottavi di finale. In un solo attimo, gira voce sugli spalti del De Kuip, si possono attraversare epoche, mondi, destini interi. E così – per non farsi mancare nulla – pochi giorni fa, il club ha annunciato il nuovo tecnico: contro l’Inter, a guidare il Feyenoord ci sarà Robin van Persie.
Van Persie è agli albori della sua carriera da allenatore: ha 41 anni e non conta nemmeno una stagione completa sulla panchina di una squadra professionistica. Ha iniziato quest’estate all’Hereenveen, in Frisia, nel nord dei Paesi Bassi. Una terra desolata, in cui le infinite distese pianeggianti si fondono nell’orizzonte e dove lo sport principale consiste nel saltare un canale da una sponda all’altra usando una lunga asta – il Fierljeppen. Dove il calcio, insomma, non è mai stato una grande tradizione.
Il direttore tecnico del Feyenoord, Dennis te Kloese, ha scelto di ripartire dall’ex centravanti dell’Arsenal nonostante avesse nel curriculum solo nove vittorie su 26 partite con l’Hereenveen. Lo ha preso, forse, perché spinto dall’usanza del calcio olandese di trovare soluzioni interne nei momenti di difficoltà, riportando volti noti a casa – come succede spesso con Van Gaal e l’Ajax. Oppure, magari, la società ha voluto semplicemente riscoprire le proprie radici, dopo l’esperienza con il danese Prieske durata pochi mesi, unico allenatore straniero del club dagli anni Novanta a oggi, appena il quarto dal 1970.
Le idee ambiziose di Van Persie
Ma una cosa è chiara: Van Persie non è un grande calciatore diventato per caso allenatore. Dietro alla sua struttura longilinea, a quell’eleganza unica che contraddistingue i centravanti olandesi, si nasconde in realtà un tecnico con idee ambiziose. «La sua filosofia di gioco si allinea perfettamente con l’obiettivo delFeyenoord: combinare uno stile di calcio d’attacco e ben strutturato con coraggio, intensità e determinazione», ha detto Kloese durante la conferenza stampa di presentazione.
Nei Paesi Bassi, per valutare un allenatore emergente, si osservano principalmente le partite in cui ha sfidato le prime della classe: Ajax, Feyenoord, PSV e AZ Alkmaar. Proprio contro quest’ultima, in teoria la più semplice, l’Hereenveen guidata da Van Persie è uscito sconfitto per 9 a 1. Eppure, è stata la prestazione che ci ha detto di più sulla nuova vita di Robin. Contro le altre ha sempre perso senza mai segnare, con l’eccezione di un’ottima vittoria per 1 a 0 contro il PSV.
Negli estremi, spesso, la realtà viene spogliata dalle apparenze e dalla forma, diventando riconoscibile a colpo d’occhio. Ad Alkmaar, van Persie ha chiesto ai suoi giocatori di aggredire alti gli avversari senza mai arretrare, indipendentemente dal risultato. Nonostante l’esito netto e umiliante, il nuovo tecnico del Feyenoord ha mostrato la sua identità: un’idea di gioco irreversibile, fondata su una pressione incessante, che segue come fosse una dottrina inconfutabile. Insomma: RvP non è un semplice traghettatore né un gestore, ma un allenatore deciso a lasciare il segno nel suo ritorno a Rotterdam.
Il pressing senza compromessi dell’Heerenven
Mentre il panorama calcistico europeo sta uscendo da un’era dominata dalle ideologie tattiche e dagli allenatori radicali, lasciando spazio al ritorno al pragmatismo (lo ha scritto recentemente Jonathan Wilson), Van Persie, dunque, rappresenta un’eccezione. Dove elasticità e adattabilità fanno ormai da padroni, l’ex attaccante dell’Arsenal, forse illuso dall’inesperienza o ammirevolmente convinto da se stesso, ha deciso di non dubitare delle sue idee. Difatti, dopo la sconfitta contro l’AZ, ha detto: «Non dobbiamo cambiare niente, dobbiamo solo migliorare».
Oggi, visto il campione di partite ridotte, è complicato pronosticare l’impatto che avrà al Feyenoord, dove torna per la quarta volta in carriera – due esperienze da calciatore e una, dal 2021 al 2024, come tecnico del aettore giovanile. Si può immaginare che l’ex Man Utd insisterà con i suoi modi rigidi: tanto duri che i giocatori e lo staff dell’Hereenveen si sono sentiti «sollevati» al momento del suo addio, come ha rivelato il quotidiano locale Leeuwarder Courant. Continuerà senz’altro con i principi tattici già visti in Frisia, però con calciatori già abituati a un gioco posizionale e qualitativamente migliori.
Van Persie non rinuncia mai al pressing
«In attacco dobbiamo essere ordinati. In difesa vogliamo conquistare palla subito. Il nostro obiettivo è divertire i nostri tifosi: è per questo che giochiamo», ha detto di recente. Non a caso, tre dei suoi primi quattro allenamenti a Rotterdam sono stati dedicati unicamente alla pressione. Nel suo esordio sulla panchina del Feyenoord, sabato sera contro il NEC Nijmen (0 a 0), la squadra si è mostrata subito aggressiva, ha cercato di indirizzare la partita su energia e intensità. Ma i meccanismi intricati immaginati da Van Persie sono ancora lontani dall’essere oliati: il NEC è comunque riuscito più volte ad aggirare il pressing avversario, riuscendo a trovare spazi scoperti.
Van Persie, dunque, non rinuncerà di certo a un sistema che difende avanzando, a un blocco alto, tentando di dominare il gioco anche in fase di non possesso. Il suo Hereenveen è stata la squadra in Eredivisie senza ambizioni europee con più palloni recuperati nella trequarti avversaria: 101, addirittura più dell’Ajax (fonte: Espn.nl). Spesso ha aggredito la costruzione con due riferimenti vicini molto alti e facendo salire la linea dei centrocampisti, fermando così ogni scarico possibile del portiere,costretto al lancio lungo. Mantenendo i difensori quasi sulla metà campo.
Caratteristiche che, se venissero proposte nell’eliminatoria di Champions League, potrebbero favorire l’Inter. La squadra d’Inzaghi si esalta – se sta bene – quando riesce ad attrarre verso di sé gli avversari, piuttosto che attaccare una difesa bassa e compatta. Preferisce le Gare in cui può manipolare il gioco con la costruzione dal basso, attraverso una complessa sequenza di movimenti sincronizzati che trascina gli avversari in uno stato di smarrimento, per poi attaccare la profondità. Quello di Van Persie è un sistema rischioso, che si regge su attimi e decisioni prese in breve, che crolla davanti a esitazioni e incertezze. Così, una scalata fuori tempo o un contrasto perso, potranno portare Thuram e Lautaro liberi verso il portiere.
Un’altra tendenza dell’Hereenveen di RvP è stata cercare di stringere il possesso degli avversari sugli esterni, creando densità su un lato. Sperando di recuperare palla e trovare mal posizionata la difesa rivale. Lasciando, però, sguarnita l’altra fascia.Agevolando, quindi, i cambi di gioco: strategia ben conosciuta e ben eseguita dall’Inter. I cross da quinto a quinto do centrocampo, che attraversano tutto il campo e ribaltano l’azione, potranno essere una chiave della partita.
Verso Feyenoord-Inter
Detto ciò, non è da escludere che agli ottavi di finale il club di Rotterdam si presenti con una struttura meno ambiziosa, come si è visto nella doppia sfida contro il Milan, quando sulla panchina c’era l’allenatore ad interim Bosschaart. In entrambe le partite, gli olandesi hanno sfruttato le transizioni rapide di Praixão e Moussa sugli esterni, gli unici in grado di creare imprevedibilità in attacco. Così sono riusciti a trovare impreparata la difesa del Milan, sfruttando le occasioni che hanno avuto.
Insomma, il Feyenoord arriva agli ottavi di finale in un momento turbolento. Oltre ai cambiamenti tattici, tra gli indisponibili ci sono almeno otto giocatori che a inizio anno erano probabili titolari (inclusi Hartmann, Stengs e Timber, i più talentuosi della rosa). Però, ha deciso di affrontare questa sfida di Champions League ricominciando dalla propria storia. «Per la quarta volta torno a casa. È una sensazione fantastica, mi sento onorato. Farò tutto il possibile per ripagare la fiducia. Giorno e notte saranno dedicati al Feyenoord», ha detto il nuovo tecnico.
La società ha richiamato un figlio di Rotterdam, un’icona del De Kuip. Van Persie è stato approvato anche da Arne Slot: «Negli ultimi quattro anni ha lavorato duramente per tirare fuori il massimo da se stesso come allenatore. Van Persie-Feyenoord mi sembra un matrimonio ideale». Il club, dunque, riparte da un gioco ritmato dall’intensità e dalla determinazione. Gli stessi principi che, a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, avevano permesso al Feyenoord di Ernst Happel di diffondere il pressing come una pratica comune nel calcio europeo. Van Persie, però, dovrà far fronte a uno sforzo continuo, un incessante tentativo di trovare un difficile equilibrio tra aggressione e compattezza.