La Masía sta salvando il Barcellona

Il settore giovanile blaugrana ha ricominciato a produrre talenti. E così sta permettendo al club di sopravvivere.

Nella partita folle tra Barcellona e Benfica, esattamente come era successo nella finale di Supercoppa Spagnola contro il Real Madrid, sono scesi in campo con la maglia blaugrana ben otto giocatori cresciuti nella Masía, lo straordinario centro di formazione del Barça. Non solo: nella finale in Arabia, tutti i cinque gol segnati dalla squadra di Flick sono stati propiziati da almeno uno dei canterani. Mentre la gestione economica della squadra catalana continua a far discutere, sempre sull’orlo di un imminente collasso, quella sportiva continua a trascinare il club, a renderlo competitivo. In poche parole: la Masía sta salvando il Barcellona.

Del settore giovanile del Barça si è sempre parlato molto. Eppure, negli ultimi anni, le macchine sembravano essersi fermate. Per esempio, tra il 2010 e il 2019, Sergi Roberto è stato il solo prodotto del vivaio a stabilirsi in prima squadra. La verità è che alla Masía avevano continuato a produrre atleti di primissimo livello (pensate a Xavi Simons, Grimaldo o Cucurella), ma la pesantissima crisi finanziaria del club ha costretto la dirigenza catalana a concentrarsi sul presente, trascurando la crescita dei talenti. Chi ha guidato il Barça ha cercato di mettere in piedi un instant-team capace di vincere subito, senza aspettare la crescita delle giovani promesse. Finché nel 2021, con il ritorno di Juan Laporta come presidente del Barça, la squadra catalana ha ricominciato a valorizzare il lavoro meticoloso fatto nel settore giovanile. Un p’ per scelta, un po’ perché la crisi economica non lasciava molte altre strade: i tre miliardi di debiti, segnati bilancio a fine stagione 23/24 e la lenta costruzione del nuovo Camp Nou, uniti ai vincoli salariali della Liga hanno fatto cambiare politica al club catalano. E adesso si vedono i risultati di quella decisione. 

In questa stagione, i ragazzi passati dalla cantera che hanno fatto almeno una presenza in gare ufficiali sono 18. Mai prima d’ora il Barcellona aveva prodotto così tanto e così bene in un breve periodo. In realtà non c’è da stupirsi: la Masía è un luogo unico, un’immensa area di 136.839 metri quadri nascosta nella periferia di Barcellona, che comprende nove campi da gioco e strutture all’avanguardia dedicate a 43 squadre di cinque sport diversi. Un tempio del pallone e dello sport che conta più di 130 allenatori di calcio, che è anche la culla di 80 ragazzi che vivono lì giorno e notte, condividendo la stessa aria dei propri idoli. 

La Masía è unica anche perché attrae il talento, lo plasma e lo fortifica. È madre, fonte, il primo battito del Barcellona. È il luogo dove la cura, l’apprendimento e la trasmissione di un linguaggio calcistico inconfondibile sono solo una parte di un immenso sistema che porta i canterani del Barcellona a dominare il gioco. La Catalunya è solo l’approdo finale: Gavi è l’ennesima perla di Los Palacios. terra andalusa da cui provengono anche Jesus Navas e Fabián Ruiz; Lamine Yamal e Balde sono figli di genitori immigrati; Cubarsí, invece, è profondamente catalano. Eppure si ritrovano tutti ad avere lo stesso senso di appartenenza, straordinariamente responsabili e precocemente maturi. 

D’altra parte, «l’eccellenza nel calcio viene dall’autocritica, dal domandarsi: “Come posso migliorare?”». Questa frase l’aveva detta Carles Folguera, direttore de La Masía dal 2002 al 2016, a chi gli aveva chiesto quale fosse l’idea principale che vogliono trasmettere ai ragazzi. Probabilmente, è anche grazie a questo senso critico che Lamine Yamal ha accelerato la propria crescita, riuscendo, appena 18enne, a cavalcare e domare il tempo che scorre sul campo. L’esterno del Barça fa ciò che vuole con gli avversari e con il pallone, dando l’impressione di conoscere tutte le piaghe nascoste del gioco, ricordandoci spaventosamente il primo Messi. Così come, in impostazione o quando insegue gli attaccanti, Pau Cubarsí, sempre erto ed elegante, sembra un giocatore che la carriera l’ha già vissuta, piuttosto che uno solo agli albori, che non è neanche maggiorenne. 

Con Yamal e Cubarsí, il Barcellona ha già stravolto la nostra percezione sulla crescita individuale dei giocatori. Ha aumentato le aspettative, divorato gli standard. Noi abbiamo improvvisamente cominciato a esaltarci davanti all’idea di avere in campo dei ragazzi come loro. E adesso rischiamo di distorcere il tempo, non assecondando lo sviluppo dei giovani, perdendo la pazienza e alzando le pretese fin dall’inizio. Quella del vivaio del Barça, invece, deve essere considerata per quello che è: un’eccellenza senza paragoni. Sono gli unici capaci di produrre adolescenti pronti subito per la prima squadra, al juego de posicion. Lo sviluppo dei giovani non coincide con una fonte di guadagno sul mercato, come spesso accade. La formazione degli atleti non è trasversale o generica: è specifica, mirata fin dagli inizi verso un determinato stile. La Masía, per il Barça, è la risorsa primordiale, il vero fine. Il loro obiettivo, infatti, è crescere campioni profondamente connessi con l’identità del Barcellona, non pedine “salva bilancio”. «Gli insegniamo subito i nostri comandamenti del calcio, le tre “P”: possesso, posizione e pressione immediata», ha detto Marc Carmona, ex allenatore del Barça futsal e supervisore degli allenatori della Masía.

Quella che sta emergendo è una nuova generazione dorata. Tra i protagonisti del futuro c’è Marc Bernal, classe 2007, centrocampista estremamente tecnico e intelligente con tre presenze da titolare, attualmente infortunato. Oppure Toni Fernadéz, esterno mancino di sedici anni, che vive di sterzate e colpi imprevedibili. E poi c’è Hector Fort, terzino spagnolo nato nel 2006, che in Liga ha già giocato in nove partite. Dunque, non ci sono solo Yamal e Cubarsí. Ormai da qualche anno sono sempre di più i giocatori che passano dal Barça Athletic (la seconda squadra) a diventare titolari di questo Barcellona. I giovani sono diventati i protagonisti assoluti della squadra di Flick.

Il minutaggio stagionale dei giocatori del Barça

Anche la gestione di Xavi, che alla Masía era entrato quando aveva undici anni, è stata fondamentale in questo processo: l’ex allenatore ha fatto debuttare 16 giocatori diversi provenienti dal vivaio. E ha rimarcato che questa generazione di talenti ha qualcosa in più rispetto alla sua: è «senza paura», ha detto l’ex capitano blaugrana. Per esempio, Balde, terzino sinistro classe 2003, grazie alla sua sfacciataggine offensiva, alle corse in progressione e al tempismo negli inserimenti è diventato un cardine del Barcellona in questa stagione. Oppure, Gavi, classe 2004, è tornato dalla rottura del crociato come un giocatore nuovo. Alla tecnica ha aggiunto una determinazione feroce, andando oltre il controllo del pallone e dello spazio, manifestando anche il dominio sul corpo avversario. Mostrando come alla Masía stanno lavorando sempre di più sull’aspetto fisico del gioco. 

«Tra i nostri giovani il talento è infinito. Ma se fossimo in grado di aggiungergli la dimensione atletica renderemmo la Masía ancora migliore», aveva detto Pep Segura, direttore sportivo dei Blaugrana dal 2017 al 2019, che secondo molti è tra gli artefici principali di questa nuova generazione. Quest’anno, il Barcellona, dopo aver vinto il primo trofeo stagionale, è tornato competitivo su tutti i fronti: punta sia al campionato che alla Champions League, senza porsi limiti. Mentre ai piani alti della società sono costretti persino a svendere il futuro del club – come la vendita delle postazioni VIP del prossimo Camp Nou – il settore giovanile, il futuro (quello vero) lo fa rimanere in vita. 

Non è un caso che dal 2012 il Barcellona ha visto alternarsi ben undici direttori sportivi diversi. Da quando Guardiola ha lasciato la Catalogna, le gestioni e le linee guida si sono alternate in modo disordinato: da Braida a Jordi Cruyff, passando per Abidal e molti altri ancora. Uno dopo l’altro hanno contribuito al clima di confusione e caos che ha travolto il club negli ultimi anni. Però, nello stesso arco di tempo, i responsabili dell’area scouting sono stati solo due (Boada e l’attuale Paulo Araujo). Analogamente, i coordinatori dell’area metodologica, le menti dietro alla formazione dei giocatori, sono stati quattro. 

Questi hanno proseguito ininterrottamente a costruire il futuro del club con ragazzi sempre più interessanti. Gli stessi giovani che nel momento più critico della propria crescita si sono ritrovati chiusi a casa da una pandemia, distanti dai campi di calcio. Come Casado e Fermin Lopez (entrambi 2003), che ora stanno contribuendo attivamente al sistema elettrizzante e dinamico messo in piedi da Hans Flick. Mentre tutto intorno andava in rovina, la Masía è quindi rimasta intatta. È risultata immune al disordine. Come se le sue radici fossero fin troppo salde nella storia e nell’identità del club per essere travolte o anche solo contaminate dal resto.