Joao Fonseca promette di fare la rivoluzione tennistica

Il 18enne brasiliano ha tutto per diventare un campione. Di più: un tennista che può ricreare, con Sinner e Alcaraz, l'era dei Big 3.

La domanda sul destino di João Fonseca non iniziava mai con se, bensì con quando. La roboante prima vittoria in uno Slam contro Andrey Rublev, un top 10 dominato per tre set a zero, ha sentenziato che il quando è adesso. Quella offerta agli Australian Open è stata una debordante dimostrazione di autorevolezza, non la casuale prestazione di un giovane che non ha niente da perdere e imbrocca la giornata giusta. Anche perché Fonseca, diciottenne di Rio de Janeiro e già numero uno junior ITF nel 2023, si è guadagnato il tabellone principale del primo Slam spadroneggiando nel torneo di qualificazione, e questo dopo aver vinto senza cedere neanche un set il Challenger di Canberra. Sorteggiato contro Rublev e programmato a fine giornata, non ha deluso le aspettative per la grande serata: la Margaret Court Arena (sic) ha assistito alla nascita di un campione. 

Perché quando le vittorie arrivano in questa maniera, mettendo in mostra un’evidente superiorità tecnica, fisica e mentale, propria di chi è già un campione affermato, non può essere altrimenti. Di più: Fonseca ha 18 anni, eppure nessuno è rimasto particolarmente sorpreso dal risultato, perché solo chi non ha seguito i suoi progressi negli ultimi mesi poteva essere impreparato a una sua vittoria contro Rublev. Fonseca ha finito il 2024 vincendo le NextGen ATP Finals, un torneo spesso viatico di futuri campioni e che nell’ultima edizione aveva già due giocatori pronti in gara, Arthur Fils e Alex Michelsen, considerati favoriti anche solo per la maggiore esperienza. Fonseca è andato in Arabia Saudita come giocatore con la classifica peggiore – era numero 145  del Ranking ATP – e però ha iniziato battendo quello con la classifica migliore, Fils (20 ATP), poi ha finito il torneo sbarazzandosi di Tien. È diventato così il terzo vincitore delle NextGenATPFinals all’età di 18 anni. Chi sono stati gli altri due? Sinner e Alcaraz. 

Il brasiliano aveva iniziato l’anno da numero 727, lontano dai match che si vedono sugli schermi. Nel torneo di casa, a Rio de Janeiro, è entrato in tabellone grazie a una wild card, si ritrova contro proprio Arthur Fils e lo batte. Nel turno seguente fa il bis superando un incredulo Cristian Garin, sbalordito dall’esuberanza di questo ragazzo: gli highlights di quella partita tradivano inesorabilmente il futuro di un predestinato. Si arrende al più esperto Navone, ma quello che rimane nella testa di chi lo guarda non è il risultato, ma la velocità delle sue palle, i vincenti scagliati da ogni zona del campo con una potenza che sembra ancora maggiore di quella conosciuta.

Dopo quel febbraio, Fonseca ha continuato il suo percorso nei Challenger. In Italia abbiamo potuto rivederlo a settembre, quando a Bologna ha confitto Van de Zandschulp in Coppa Davis giocando per il Brasile. La sua classifica intanto era diventata buona per provare l’assalto agli Slam, infatti si è fermato all’ultimo turno delle qualificazioni agli US Open, poi ancora tornei Challenger prima delle finali ATP dei giovani. Proprio dopo la vittoria nel torneo di Jeddah, Fonseca ha dichiarato come il suo riferimento fosse Jannik Sinner. «Tanti buoni giocatori hanno vinto le Next Gen Finals, io mi rivedo molto in Sinner. Mi piace il suo gioco aggressivo e tecnicamente è il mio riferimento, anche per il fatto di essere calmo e timido mi ci rivedo, adoro il modo in cui lotta. Come me anche lui non fa notare molto le sue emozioni». A vederlo oggi, a pochi mesi di distanza, non possiamo cambiare una virgola di questa dichiarazione. Ma non si può diventare Sinner solo negli atteggiamenti e nello stile di gioco: per essere Sinner servono soprattutto i colpi e le velocità di Sinner. 

Il tennis è uno sport maledettamente complicato, tra tutti gli aspetti che vanno continuamente migliorati per stare al passo di un gioco che diventa sempre più veloce, lavorare per affinare la tecnica è l’investimento migliore. È la tecnica che fa la differenza nei momenti più tesi delle partite, e contro avversari altrettanto dotati. João Fonseca in questo senso ha già saltato numerose comparazioni arrivando direttamente ad essere accostato ai migliori, Sinner e Alcaraz: il suo dritto è più simile a quello di Carlos che a quello di Jannik, la mano non dominante lavora molto per far ruotare il torso, come Alcaraz (e Federer) tiene la testa bloccata dietro la palla, prima di ruotare nuovamente il torso in avanti le spalle vanno addirittura dietro l’anca, la testa della racchetta sempre alta sopra la mano destra. Insomma, la sua è un’esecuzione perfetta per i tempi moderni. Nelle prime gare giocate a Melbourne, con 181 km/h Fonseca ha colpito il dritto più veloce del torneo, davanti a Mpetshi Perricard (180) e Alcaraz (178). Ma è con il rovescio che sbalordisce, perché è un colpo solido, sì, ma che ha anche velocità e cambio di direzione. 

João Fonseca ha un eccellente rovescio lungolinea, una soluzione che sta diventando sempre più importante nel tennis moderno, che si gioca a velocità da flipper che quasi annullano la capacità di pensiero. Se si gioca da dietro, il dogma impone di conquistare il dominio dello scambio e una specifica posizione di campo, la mattonella di sinistra. Da questa zona si cerca di colpire di dritto (“il dritto anomalo”, tanto per ricordarne una di Rino Tommasi) verso il rovescio dell’avversario, spingerlo fuori per poi cambiare, magari dall’altro lato, costringendolo a giocare il dritto in corsa – un colpo molto difficile. Sinner contro Alcaraz, ad esempio, ottiene ottimi risultati con questo schema perché lo spagnolo non è forte come Sinner quando gioca in difesa. Per uscire dalla diagonale più giocata nel tennis contemporaneo, da quell’angolo, il rovescio lungolinea è l’arma migliore, specie se lo si gioca a due mani. E se la consacrazione di Sinner è dovuta anche ai miglioramenti di questa soluzione, nel caso di Fonseca invece questo colpo è semplicemente naturale. Se molti giocatori devono aspettare la palla giusta, quella con meno rotazione o meno peso per cercare il giusto posizionamento per tentare il cambio lungolinea, per João sembra che non ci siano problemi: qualunque cosa gli arrivi dal lato del rovescio lui la reindirizza dove vuole. Si vede proprio che è un colpo che ama, così come ama giocarlo anche dal centro del campo verso l’esterno, una specie di rovescio ad uscire che ricorda molto quello di Novak Djokovic. 

Sono colpi così che fanno la differenza necessaria a vincere uno Slam. Prendiamo dei giocatori che hanno fallito di recente nel conquistare un major, alcuni anche a un solo match di distanza dal farcela: Tsitsipas, Dimitrov, Rublev, Fritz e Ruud sono l’esempio di tennisti che sul lato del rovescio non valgono quanto sul lato del dritto, che quindi hanno un lato più debole. Gli ultimi vincitori degli Slam, invece, sono giocatori che hanno un rovescio di prim’ordine: Sinner, Djokovic, Medvedev e Alcaraz. 

Rivedendo come giocava a febbraio 2024, sono già evidenti i progressi di Fonseca al servizio. Contro Rublev, il brasiliano è stato molto solido in battuta: 14 ace, 70% di prime messe in campo e l’80% di punti vinti con la prima. Ai tempi di Rio de Janeiro il servizio di Fonseca era sicuramente uno dei colpi sui cui si poteva e doveva lavorare, ma questo non destava preoccupazione:  di solito molti tennisti junior si concentrano su quell’area dopo aver consolidato i colpi da fondo. Si pensi a Sinner: per anni abbiamo parlato del suo servizio e della sua percentuale di prime palle. Il salto di qualità di Jannik è arrivato anche quando ha migliorato il servizio, dedicandovi molto lavoro e saltando qualche torneo per concentrarsi su questo aspetto. Per fare un vero e proprio investimento sul futuro. Pensiamo anche ad Alcaraz, che per tenere il passo di Sinner sta lavorando per ottenere qualcosa in più proprio dal colpo di inizio gioco, oltre a perfezionare alcuni dettagli sul lato del rovescio.

La cosa che sembra accomunare questi tre giovani, di 23, 21 e 18 anni, è la capacità di far cambiare direzione alla pallina ad alta velocità e da ogni zona del campo, tanto dal lato del dritto quanto da quello del rovescio. In un tennis che spinge sempre di più sulla velocità, lavorare sulla tecnica di gioco diventa ancora più importante che in passato. Fonseca sembra già avanti rispetto a Sinner e ad Alcaraz alla loro età sotto questo punto di vista. E sembra pure avere l’umiltà di lavorare ancora per migliorarsi. 

E ora? Semplice: il Brasile torna a sognare, si attende un nuovo campione che manca dai tempi di Guga Kuerten, dopo che si è sperato per un po’ in Seyboth Wild, anche lui autore di un grande ingresso nel Tour ma poi impantanatosi nei piani bassi della classifica. Fonseca sembra di tutt’altra pasta, e sembra anche avere le idee chiare. «Sono venuto qui in Australia per superare le qualificazioni, ma adesso le aspettative sono alte e voglio di più. Sto già pensando alla prossima partita, questa è la vera mentalità di un campione», così ha parlato cinque minuti dopo aver battuto Rublev. 

Sogna ovviamente di vincere Slam, di diventare numero uno e di dare vita grandi rivalità, come quelle degli ultimi anni. Fonseca sembra avere le stimmate del campione anche nelle dichiarazioni sulle preferenze, che non scontentano nessuno proprio come nello stile ruffiano dei campioni, tipo così:  «Sono un fan di Federer, ma adoro anche Nadal». Alle ATP Finals del 2023, Fonseca era a Torino nelle vesti di sparring partner, dopo un allenamento con Sinner si fermò a chiacchierare proprio con lui. Fonseca rivelò a Sinner che si era impegnato con la Virginia University, Jannik però gli disse di lasciar perdere. «Mi ha consigliato di evitare l’università, dicendomi che ero troppo forte e che dovevo passare subito professionista». Speriamo che Sinner non si debba pentire di questo consiglio già da quest’anno.