Tanti giocatori e tecnici spagnoli stanno andando in Arabia Saudita

La Supercoppa giocata a Gedda è solo una parte di una rete ricca e articolata, in entrambe le direzioni.

La Supercoppa di Spagna è finita, l’ha vinta il Barcellona in modo anche clamoroso – cioè battendo per 5-2 il Real Madrid nella finale in gara unica. È chiaro, quando in campo ci sono due delle squadre più forti e amate al mondo, come dire, si fa fatica ad andare oltre i gol, le belle giocate, la sensazione di aver assistito a un grande spettacolo. Intorno al torneo che si è svolto in Arabia Saudita, però, ci sono diversi coni d’ombra. Per esempio le polemiche per una distribuzione iniqua dei 20 milioni incassati dalla RFEF – la Federcalcio spagnola – perché il torneo si disputasse proprio a Gedda, oppure le voci su un legame sempre più stretto, sempre più profondo, tra il calcio spagnolo in senso assoluto e il governo di Riyadh. Ecco, su quest’ultimo argomento The Athletic ha pubblicato un lungo e interessante reportage in cui si va oltre la Supercoppa, in cui si indaga su tutte le connessioni tra l’Arabia Saudita e alcuni personaggi-chiave del movimento spagnolo.

Per esempio, scrive The Athletic, si potrebbe partire dal fatto che i club della Saudi Pro League sono pieni di giocatori (nove), di tecnici e di dirigenti spagnoli. In questo senso, cioè guardando ai dirigenti, basta citare i nomi di Fernando Hierro (ex capitano della Nazionale maggiore) e di Esteve Calzada (ex direttore commerciale del Barcellona e del City Football Group), attualmente direttore sportivo dell’Al-Nassr e CEO dell’Al-Hilal. Oppure si potrebbero citare i 24 milioni incassati dalla società di Gerard Piqué, Kosmos, per aver mediato nell’accordo tra la Federcalcio spagnola e i dirigenti sauditi quando la Supercoppa è stata “spostata” in Arabia.

Da un punto di vista puramente politico, il rapporto tra calcio spagnolo e Arabia Saudita rappresenta anche una fonte di scontro: a gennaio 2020, il presidente della Liga – un organo indipendente dalla Federcalcio –  Javier Tebas aveva definito la nuova Supercoppa come «un’operazione di sportswashing». Nel frattempo, però, anche l’organizzazione guidata da Tebas ha messo in piedi dei progetti in sinergia con i manager di Riyadh: nel 2018 è stato aperto un canale per il trasferimento di alcuni giocatori sauditi in Spagna, che però non ha prodotto grandi risultati; nel 2023 è stato firmato un accordo con “Visit Saudi” dal valore superiore ai 20 milioni di euro, sostituito pochi mesi fa da un nuovo contratto con Riyadh Season; nel frattempo, la Federcalcio saudita ha creato una squadra giovanile (i Future Falcons), l’ha affidata a Michel Salgado – ex terzino del Real Madrid, attualmente ct della Nazionale Under-16 dell’Arabia Saudita – e ha fatto in modo che si allenasse anche in un centro di formazione catalano. Infine, come se non bastasse, il 2019 è stato l’anno della prima squadra spagnola acquisita dai sauditi: si tratta dell’Almería, finita nelle mani di Turki Al Sheikh, presidente della General Entertainment Authority (GEA) del governo saudita.

Oltre a questi rapporti “istituzionali”, molti club spagnoli hanno stipulato importanti accordi commerciali con brand sauditi. Il più redditizio è quello tra Riyadh Air e Atlético Madrid: la compagnia aerea di bandiera versa 40 milioni di euro alla società colchonera per apporre il suo logo sulle maglie biancorosse, inoltre ha acquisito anche i naming rights dello stadio Métropolitano. Anche Barcellona e Real Madrid hanno dei contratti di partnership con banche che hanno sede a Riyadh e dintorni.

Insomma per dirla con parole semplici: in Spagna stanno lavorando molto per creare un legame forte e articolato con l’Arabia Saudita. E ne stanno beneficiando un po’ tutti: la Saudi Pro League è diventata un’opportunità importante per calciatori che hanno perso appeal verso i grandi club di Liga, allo stesso modo gli agenti spagnoli guardano all’Arabia Saudita come a un’opportunità per piazzare i loro assistiti, non importa che siano giocatori, allenatori o collaboratori tecnici. E per guadagnare molti soldi, si intende. Non a caso, viene da dire, dei professionisti contattati da The Athletic per realizzare l’articolo linkato nel primo paragrafo hanno confermato che le offerte importanti dei club sauditi, per usare un eufemismo, li hanno spinti ad accettare il trasferimento. Nessuno ha fatto menzione di problemi relativi ai diritti umani e alla parità di genere in Arabia Saudita. E anche questo è un dato significativo.