Il Brighton vuole affidarsi sempre più ai dati per scovare nuovi talenti, e così ha licenziato diversi osservatori

Il club di Tony Bloom continua a fare scelte rivoluzionarie, quindi inevitabilmente controverse.

Lo sappiamo, lo raccontiamo da anni: nessuno fa il calciomercato come il Brighton, sia se guardiamo ai risultati – cioè al rapporto tra investimenti, introiti e risultati ottenuti sul campo – che al metodo operativo. Per dirla brevemente: il club di Tony Bloom cerca e valorizza giocatori partendo da un database che è stato costruito e che funziona in modo segreto, per poi affidarsi al giudizio di osservatori classici, uomini in carne e ossa, che in qualche modo completano il lavoro. Bene, questo sistema ora non esiste più. O comunque pare destinato a cambiare. A raccontarlo è il Telegraph, secondo cui l’ex club di Roberto De Zerbi «ha licenziato una parte dei suoi osservatori a tempo pieno nell’ambito di una ristrutturazione del dipartimento di scouting». Per la precisione, aggiunge il prestigioso e quindi autorevole quotidiano inglese, «tre osservatori saranno mandati via, altri potrebbero essere riassegnati a un nuovo ruolo».

In cosa consiste questa ristrutturazione? Semplice: il Telegraph scrive che Bloom e il suo staff, pur riconoscendo l’ottimo lavoro fatto dai loro osservatori, da ora in poi vogliono affidarsi molto di più al database di cui abbiamo detto, ridimensionando quindi la parte “umana” del lavoro di scouting. Il giornale inglese, inoltre, aggiunge che «il club è stato contattato ma non ha voluto commentare la notizia degli imminenti licenziamenti». In certi casi, come dire, il silenzio equivale a una conferma. E il fatto che «la comunità degli osservatori sia stata scossa dalle voci che circolano», in qualche modo, è il terzo indizio che fa una prova. Nell’articolo che stiamo citando ci sono anche alcune dichiarazioni di fonti autorevoli rimaste anonime, cioè di persone vicine al Brighton, secondo cui questa decisione sarebbe parte di un trend consolidato: «Bloom si fida molto più dei suoi dati che degli esseri umani. Anche eprché ha in mano delle statistiche a cui nessuno, anche all’interno del suo stesso club, può avere accesso», dice una delle persone sentite dal Telegraph.

Ecco, questo è un punto fondamentale dell’intera vicenda: il Brighton, infatti, ha un database curato direttamente da Jamestown Analytics, azienda legata a Starlizard – una delle “creature” di Tony Bloom – che non ha accordi con altre società di Premier League. E che quindi, come dire, fornisce statistiche e valutazioni esclusive sui talenti di tutto il mondo, almeno per quanto riguarda il calcio inglese. Viene da pensare, è inevitabile, che Bloom abbia deciso di “chiudere” ulteriormente l’accesso ai suoi preziosi dati, mettendoli al centro del suo processo di reclutamento. Fino ad arrivare al punto di rottura, ovvero alla cancellazione quasi totale del contributo umano nell’ambito dello scouting. Vedremo come andrà, in ogni caso si tratta di una scelta a dir poco visionaria, rivoluzionaria. E quindi inizialmente controversa, come tutte le scelte rivoluzionarie.