Il calcio italiano sta scoprendo la sua nuova identità

Gianni Grazioli, direttore generale dell’Associazione Italiana Calciatori, racconta come sta cambiando la percezione di sé da parte dei giocatori e delle giocatrici di Serie A. Anche grazie ai premi consegnati in occasione del Gran Galà del Calcio AIC.

Gianni Grazioli, direttore generale dell’Associazione Italiana Calciatori, non ha dubbi. E infatti racconta: «Quando in estate abbiamo girato tra i ritiri delle squadre di Serie A per raccogliere le votazioni, abbiamo notato che i calciatori stranieri hanno acquisito una maggiore consapevolezza dell’Associazione, della premiazione, e in generale del nostro movimento. E nell’ultimo decennio, è evidente, il numero di calciatori provenienti da altre nazioni è andato sempre aumentando, superando quello degli italiani nelle varie rose. Per questo mi sento di dire che, attraverso il percorso che portiamo avanti da diversi anni, i calciatori stanno raggiungendo verso una consapevolezza sempre maggiore dell’identità del movimento, alla base del quale resta, tra i principi fondamentali, quello della sana competizione»

Grazioli intende che tra i giocatori di Serie A si respira un senso di identità comune. Di appartenenza. Ed è un sentimento che si alimenta anche in vista della 14esima edizione del Gran Galà del Calcio AIC: in occasione dell’evento, che si terrà a Milano il prossimo 2 dicembre, verranno premiati il miglior calciatore della Serie A maschile e la miglior calciatrice della Serie A femminile, il miglior giovane della Serie B, il miglior allenatore, la miglior società e il miglior arbitro della stagione 2023/24. Inoltre, come ogni anno, verrà nominata anche una Top 11 e saranno scelti e celebrati anche i migliori gol realizzati nella Serie A maschile e in quella femminile – Undici, media partner dell’evento ha compilato la lista preliminare delle reti candidate: si tratta dell’unico premio il cui esito sarà frutto di un sondaggio tra i tifosi, e a questo link trovate tutte le indicazioni per votare.

Per uno come Grazioli, che è entrato nell’Associazione Italiana Calciatori nel 2001 e ha assistito da vicino e in prima persona all’evoluzione del gioco e dei giocatori, la nascita di un’identità comune ai calciatori di Serie A è un processo che va avanti di pari passo con l’evoluzione del campionato, dei suoi protagonisti: «Il Gran Galà del Calcio e i premi che vengono assegnati aiutano a formare uno spirito identitario. Una vita fa i giocatori non avevano diritti, tutto è iniziato nel 1968, quando è stata istituita l’Associazione Calciatori. Posso dire che il lavoro svolto dall’AIC in questi cinquant’anni abbondanti l’ha resa, insieme alla PFA (la corrispettiva associazione inglese), l’associazione più tutelante al mondo sotto il profilo dei diritti. I calciatori riconoscono tutto ciò, e attribuiscono a questo evento e ai premi che mette in palio un valore enorme. Alcuni lo considerano più importante del Pallone d’Oro».

Questo valore deriva, secondo Grazioli, dal fatto che la giuria sia composta dagli oltre cinquecento calciatori che calcano i campi di Serie A, dagli allenatori, dagli arbitri e da alcuni dei campioni del mondo del 2006 e del 1982. «Non scherzo», dice Grazioli, «quando dico che alcuni calciatori ambiscono a questo premio più del Pallone d’Oro. E lo dicono perché sono proprio a decidere chi vince: il voto viene da chi va in campo, da chi conosce le dinamiche del gioco e possiede una capacità tecnica e più obiettiva nel giudicare compagni e avversari». Una giuria composta in questo modo riduce al minimo le polemiche, dunque. E poi il Gran Galà del Calcio AIC, attraverso il premio per la Top 11 dell’anno,  garantisce di veder riconosciuto il valore di ogni giocatore nel rispettivo ruolo. Sono delle garanzie importanti, anche alla luce di quello che succede quando vengono assegnati altri premi individuali – si pensi per esempio al Pallone d’Oro, alle polemiche dell’ultima edizione per il mancato premio a Vinícius Júnior. Grazioli sottolinea come i giocatori riconoscano l’esito delle proprie votazioni, e in alcuni casi chiedono in prima persona spiegazioni quando il risultato li vede sconfitti per pochi punti: «È il discorso che facevo inizialmente sulla competizione: essere riconosciuti i migliori dai propri colleghi è una spinta motivazionale molto forte. E, soprattutto, i calciatori sono consapevoli che la Top 11 italiana viene vista in tutto il mondo, per cui ci tengono molto e cercano di essere quanto più obiettivi possibili nelle votazioni. A volte però succede che, a parità di talento o di capacità, venga votato il giocatore al quale i colleghi riconoscono determinati valori e atteggiamenti positivi. Sono aspetti che fanno parte del gioco. Chiaramente, se un calciatore è per distacco più forte degli altri non c’è atteggiamento che tenga, ma i valori umani, tra colleghi, contano. Anche questo rientra del concetto di identità del movimento».

In virtù di tutto questo, nell’albo d’oro del Gran Galà del Calcio AIC compaiono nomi di grandissimi campioni che però non sempre sono stati premiati per i titoli messi in bacheca. Matteo Darmian, oer esempio, è stato inserito nella Top 11 per due anni consecutivi (nel 2014 e 2015) come premio a due ottime stagioni vissute con la maglia del Torino, così come è successo a Barella nel 2019, quando era ancora al Cagliari. L’Inter è stata l’unica squadra a vedere un proprio giocatore ricevere il premio di calciatore dell’anno senza aver vinto il campionato: si tratta di Mauro Icardi, che nel 2018 ha trascinato i nerazzurri al ritorno in Champions League dopo cinque stagioni, vincendo la classifica cannonieri con 29 gol (al pari di Ciro Immobile). «In quella stagione», ricorda Grazioli,« Icardi aveva segnato tantissimo, in tutte le salse, ed è stato il leader dell’Inter: alcune volte, i calciatori sottolineano questi aspetti, come i gol e la leadership, nelle loro valutazioni. Un caso simile si è visto anche con l’Atalanta, che nel 2019 e nel 2020 è stata eletta società dell’anno, con Gasperini miglior allenatore. È vero che i bergamaschi hanno chiuso quelle stagioni senza titoli, ma hanno espresso un calcio stupendo, sono arrivati ai quarti di finale di Champions League e hanno raggiunto dei risultati storici in Serie A».

E se spesso e volentieri, negli ultimi anni, la Top 11 è stata appannaggio di molti calciatori stranieri, Grazioli individua quest’anno uno spiraglio di cambiamento: «Le tinte principali saranno inevitabilmente quelle dell’Inter, che ha dominato il campionato, ma in controtendenza alle ultime stagioni ci sarà un buon numero di calciatori italiani». Una dichiarazione che apre un discorso più generale sul nostro movimento calcistico, un discorso che parte dai giovani e arriva fino al calcio femminile: «Quando si parla di giovani, io sono del parere che vadano fatti giocare, vadano lanciati senza paura dando loro il tempo di sbagliare e fare esperienza. Gli esempi di Spagna e Germania, del resto, sono sotto gli occhi di tutti. Per questo motivo ritengo che il premio di miglior giovane della Serie B debba essere seguito molta attenzione: la Serie B è una fucina di talenti importante, basti pensare a giocatori come Berardi, Tonali e Gatti, che hanno vinto questo premio e sono entrati stabilmente nel giro della Nazionale. Sta tornando a esserlo anche la Serie C, e l’inserimento delle seconde squadre rappresenta uno step di crescita importante per i giovani. Le società e gli allenatori devono dunque avere coraggio: ritengo che oggi si stia migliorando in questo senso, ma si può comunque fare di più».

Per quanto riguarda il calcio femminile, Grazioli dice che la crescita del campionato insegua la scia della Nazionale, tornata a essere protagonista nelle grandi competizioni internazionali dopo un periodo di crisi: «A eccezione dell’ultimo mondiale, l’Italia ha ottenuto buoni risultati: un fattore che ha aiutato il movimento femminile a crescere. Il 29 ottobre, ad esempio, ero al Menti di Vicenza per l’amichevole tra Italia e Spagna, e pur essendo un martedì sera, e tra l’altro a San Siro si giocava Milan-Napoli in contemporanea, allo stadio c’erano cinquemila persone».

Anche nel calcio femminile, dunque, sta nascendo una nuova identità. A partire, naturalmente, dall’ispirazione offerta dalle migliori giocatrici. In questo senso, il premio di calciatrice dell’anno ha avuto un impatto fortissimo: dopo i fasti di Melania Gabbiadini, che ha ottenuto quattro affermazioni consecutive tra il 2012 e il 2015, siamo arrivati ai trionfi di Cristiana Girelli e di Tabitha Chawinga nella scorsa edizione. Quest’ultima, proprio come successo a Mauro Icardi, è stata premiata dopo una stagione da capocannoniere con la maglia dell’Inter nonostante lo scudetto sia andato alla Roma. Le giocatrici giallorosse, naturalmente, hanno trovato posto nella Top 11 del 2023, in cui figuravano ben sei calciatrici reduci dal titolo. Anche in questo caso Grazioli riconosce l’importanza di questi riconoscimenti nella creazione di un contesto identitario: «Entrare nella Top 11 è motivo di interesse tanto per le donne quanto per gli uomini, perché il discorso di base è lo stesso: il riconoscimento del proprio valore da parte delle proprie colleghe, in modo da acquisire un determinato status. Tutto ciò porta con sé una crescita, sia individuale per chi vince il premio che collettiva per quanto riguarda il movimento. Il numero di praticanti nel calcio femminile è in costante aumento e i vivai stanno crescendo molto, perché le giovani vedono le calciatrici come modelli, e sono stimolate nel raggiungere gli obiettivi che si pongono per emulare i loro punti di riferimento».