La nomina di Thomas Tuchel come nuovo allenatore dell’Inghilterra è una notizia tutt’altro che sorprendente. Nel senso: dopo l’addio di Southgate, era abbastanza chiaro che la scelta di Carsley come ct a interim fosse una mossa d’attesa, che la Football Association avesse preso tempo in modo da trovare e assumere un tecnico di primo piano. In molti – forse tutti – si aspettavano che questa strategia avrebbe portato all’arrivo di Pep Guardiola, o comunque a un anno di stand-by, in modo che il Manchester City potesse il manager catalano. Ecco, è in questo punto che, secondo qualcuno, è successo qualcosa di inaspettato: la Federcalcio inglese ha deciso di accelerare e poi ha chiuso per Tuchel, anche se in effetti – lo ha scritto il Guardian – l’obiettivo numero uno era proprio Guardiola.
In Inghilterra, quando la notizia dell’arrivo di Tuchel è stata confermata in modo pressoché definitivo e poi ufficiale, qualcuno ha storto il naso. Ne ha fatto una questione di storia, se vogliamo anche di principio. Stiamo parlando del tabloid Daily Mail, che in pratica si è fatto portavoce di quel sentimento di sconcerto misto a disappunto che ha accompagnato l’evolversi della vicenda: «Ora abbiamo Thomas Tuchel , un ct tedesco con un background manageriale discutibile e dei dirigenti federali che corrono nel panico, come polli senza testa, per anticipare il Manchester United. Lee Carsley chiaramente non era l’uomo giusto, ma Tuchel è DAVVERO il meglio che possiamo fare? Nessuno ha imparato niente dall’atteggiamento “prendi i soldi e scappa” di Sven-Goran Eriksson e Fabio Capello? E cosa dice questo del sistema di allenamento inglese? La Spagna o la Francia adotterebbero questo approccio? Forse l’unica eccezione che avremmo dovuto fare sarebbe stata quella per il grande Pep Guardiola, e invece ora abbiamo un mercenario che non ci deve nulla. E che affronterà le nostre partite senza alcun legame con i tifosi o i giocatori».
Se pensate che questa lettura sia da far risalire alla natura popolare – diciamo così – del Daily Mail, vi sbagliate. Anche un quotidiano più “alto” come il Telegraph ha scritto che «il ct della Nazionale inglese dovrebbe essere inglese». Il punto, però, è che la Premier League non produce più tecnici di qualità da moltissimo tempo. E la Golden Generation dei primi anni Duemila, quella dei Lampard e dei Gerrard e dei Rooney tanto per capirsi, non è riuscita a invertire il trend. Guardando in casa, gli unici nomi davvero spendibili erano quelli di Eddie Howe (che però era ed è sotto contratto col Newcastle) e di Graham Potter, due profili non così accattivanti. E in ogni caso ben distanti da Tuchel, che magari sarà pure un allenatore dal carattere difficile, ma in ogni caso ha vinto il titolo nazionale in due campionati di alto livello (Ligue 1 e Bundesliga) e ha guidato il Chelsea alla conquista della Champions League. Non a caso, viene da dire, il direttore tecnico della FA – Mark Bullingham – aveva spiegato che «la nazionalità non deve essere considerato un requisito fondamentale per guidare una rappresentativa».
Probabilmente è questa la chiave di tutto, la cosa più significativa che emerge dall’andamento e dall’esito del processo di assunzione di Tuchel. Da tempo, in tutto il mondo, si discute sull’opportunità per cui le Nazionali più prestigiose possano – o addirittura debbano – pensare di prendere commissari tecnici stranieri. A maggior ragione se, come nel caso dell’Inghilterra o del Brasile, rappresentano dei Paesi che stanno attraversando un periodo di crisi, se guardiamo alla formazione di nuovi allenatori. Il caso di Tuchel e dell’Inghilterra è ancora più particolare, se vogliamo: Tuchel sarà anche tedesco, e questo magari non farà impazzire gli inglesi, ma è un tecnico con un palmarés di prima grandezza, che ha già avuto una buonissima esperienza nel Regno Unito – «A Londra mi sono sempre sentito a casa», ha detto dopo l’esonero da parte del Chelsea – e che quindi ha tutto ciò che serve, vale a dire la credibilità e le conoscenze e l’esperienza, per guidare una delle Nazionali più forti del mondo, di certo la miglior Inghilterra degli ultimi decenni.
Anzi, forse in realtà bisognerebbe invertire la prospettiva: questa nuova Golden Generation – Bellingham, Saka, Foden, Palmer, Rice, Alexander-Arnold e altri – meritava e merita un commissario tecnico che fosse e che sia (almeno potenzialmente) alla sua altezza, il cui arrivo fosse slegato da logiche antiche e conservatrici, che possa dare qualcosa di più, a livello puramente tattico, rispetto a Gareth Southgate. È chiaro, giusto per tornare alle perplessità iniziali, che l’arrivo di Pep Guardiola avrebbe messo d’accordo tutti. Ma visto che certi accordi si finalizzano in due, a volte anche in tre, allora bisogna fare o comunque accettare dei compromessi. Ecco, viste le condizioni di partenza, Thomas Tuchel era il miglior compromesso possibile per la Nazionale. Quella della Football Association è stata una scelta da club, anzi da club di Premier League: uno degli allenatori più preparati al mondo era libero sul mercato ed è stato preso, senza farsi condizionare dal suo luogo di nascita, dal fatto che le vecchie esperienze con Eriksson e Capello siano andate male o malissimo, dall’idea per cui Howe e Potter sarebbero stati dei ct migliori solo perché inglesi. Ecco, fermarsi a queste cose sarebbe stato un errore ancora più grave: sarebbe stato come non tentare, nell’attesa spesso vana che le cose cambino da sole. O nell’attesa di Pep Guardiola.