Il nuovo ds del Manchester City, Hugo Viana, è un genio del mercato

Sostituirà un'istituzione come Txiki Begiristain dopo aver (ri)fatto grande lo Sporting, grazie al suo modello di scoperta e valorizzazione del talento.

Quando il Manchester City ha annunciato l’addio del direttore sportivo Txiki Begiristain, uno degli artefici della scalata dei Citizens ai vertici del calcio mondiale, in tanti si sono chiesti: chi potrebbe raccogliere un’eredità così pesante, soprattutto dopo 12 anni di successi praticamente ininterrotti? La risposta, una volta arrivate tutte le conferme del caso, non ha sorpreso nessuno e ha soddisfatto tutti: Hugo Viana era ed è il profilo perfetto per sostituire un’istituzione come il dirigente basco. A dirlo è la sua pur giovane carriera, ciò che ha fatto al Belenenses e soprattutto allo Sporting Lisbona, club in cui è cresciuto e ha esordito – ovviamente da calciatore – e che ha gestito, sempre come direttore sportivo, dal 2018 a oggi.

Basterebbe dire e ricordare che, nel 2021, lo Sporting è tornato a vincere il titolo portoghese dopo un ventennio scarso di digiuno. E che pochi mesi fa è arrivato il bis. Ma in realtà il gran lavoro fatto da Viana sta nelle pieghe di questi due storici trionfi, nel lavoro fatto comprando e rivendendo giovani talenti. Ecco un po’ di numeri: dal suo arrivo a oggi, lo Sporting ha incassato 589 milioni dalle cessioni e contestualmente è risultato il club non inglese e non spagnolo che ha accresciuto di più il valore della rosa (+282 milioni); Viana ha scoperto e valorizzato – cioè ha comprato e poi rivenduto – giocatori come Raphinha (oggi al Barcellona), Pedro Porro (Tottenham) e Manuel Ugarte (oggi al Manchester United), in attesa di scoprire quale sarà la cifra incassata per Viktor Gyökeres, preso dalla Championship inglese; nel frattempo ha piazzato anche Bruno Fernandes, acquistato dal club biancoverde prima del suo arrivo, e poi tanti altri ragazzi cresciuti nel settore giovanile (Fatawu, Cherniti, Matheus Nunes, Nuno Mendes, João Palhinha).

Insomma, il Manchester City ha affidato il suo futuro a un vero e proprio artista della plusvalenza. Anzi, si deve dire del calciomercato. E non solo quello dei giocatori: è stato Viana, infatti, a esporsi in prima persona – e quindi a imporsi – perché lo Sporting, a marzo 2020, investisse 10 milioni di euro sull’allenatore Rúben Amorim, a quel tempo sulla panchina del Braga e con una clausola rescissoria inserita nel contratto. Col tempo, Amorim si è trasformato in uno dei tecnici più promettenti d’Europa, e infatti – non a caso, viene da dire – oggi si parla di lui come possibile successore di Guardiola, una volta che Pep deciderà di lasciare il City. Proprio Amorim, qualche tempo fa, ha detto che «Viana ha dimostrato più e più volte di saper fare magie, quando si tratta di costruire una squadra: qui allo Sporting non abbiamo le risorse di altri grandi club, eppure grazie a lui siamo sempre stati competitivi».

Col City non avrà bisogno di fare gli stessi complicati equilibrismi economici, ma è chiaro che la scelta sia ricaduta su di lui perché si tratta di un grande scopritore di talenti, di un dirigente che ha un’idea chiara e la rispetta in modo quasi religioso. Lo dimostra il modo in cui, come detto, ha imposto la scelta di Amorim. Ma anche l’ostinazione mostrata nel voler seguire le sue idee: prima di “indovinare” Amorim, infatti, lo Sporting aveva cambiato quattro allenatori in meno di due anni. Carlos Freitas, ex direttore sportivo del club biancoverde, ha raccontato – in questa intervista rilasciata a Cronache di Spogliatoio – che «Viana ha saputo assumersi dei rischi, è rimasto fedele ai suoi principi e alla fine è riuscito a trovare la formula giusta». Insomma, a Hugo Viana sta riuscendo, da diesse, ciò che gli era riuscito solo in parte quando era calciatore: ai tempi delle giovanili dello Sporting, infatti, era considerato uno dei trequartisti/esterni più promettenti del calcio portoghese. Al punto da essere convocato, a soli 19 anni, per il Mondiale del 2002. Poche settimane dopo, un trasferimento troppo avventato – è stato lui stesso a confessarlo – al Newcastle ha messo la sua carriera sui binari sbagliati: non è mai riuscito a mantenere le promesse degli esordi, è stato perseguitato dagli infortuni e alla fine ha smesso quando aveva solo 33 anni. Era il 2017, pochi mesi dopo era già entrato nella dirigenza del Belenenses. Evidentemente il suo destino era quello di diventare un grande direttore sportivo. Tra qualche mese sarà nel posto perfetto per dimostrarlo, anzi per confermarlo.