Venerdì 4 ottobre 2024 rischia di passare alla storia come una data-spartiacque per il calciomercato mondiale. Una sentenza della Corte di Giustizia Europea su un caso relativo all’ex calciatore Lassana Diarra, infatti, ha deliberato che «alcune norme FIFA sui trasferimenti internazionali di calciatori professionisti sono contrarie al diritto dell’Unione Europea», in particolare «alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dei Paesi dell’Unione» e «alla libertà di concorrenza». Ma di quali norme stiamo parlando? Di quelle che regolano la rescissione unilaterale del contratto stipulato tra i calciatori e i loro club d’appartenenza. E che, almeno fino a questo momento, «comportavano notevoli rischi – legali finanziari e rischi sportivi – ai giocatori che volevano lasciare un dato club e alle società che desiderano tesserarli. Rischi che, presi insieme, sono tali da ostacolare i trasferimenti internazionali di tali giocatori».
Questi virgolettati sono tratti dall’articolo pubblicato dall’agenzia Reuters, che cita la sentenza della Corte di Giustizia Europea, e sono stati ripresi dai giornali di tutto il mondo. Tra cui, per esempio, il Guardian. Leggere altri giornali serve anche per capire cosa sta succedendo e cosa potrebbe succedere. Per farla in breve: la Corte di Giustizia Europea ha sentenziato che le attuali norme relative ai risarcimenti per lo svincolo di un calciatore sono diventate anti-storiche. E che i calciatori, di conseguenza, devono godere di maggior libertà nel momento in cui desiderano cambiare squadra prima della scadenza naturale del loro contratto di lavoro.
Per comprendere ancora meglio il potenziale impatto e i possibili risvolti di questa sentenza bisogna partire da quello che è successo a Diarra: nel 2014, quando era sotto contratto con la Lokomotiv Mosca, il centrocampista francese fu protagonista di una controversia relativa al suo stipendio. La società russa lo accusò di scarso rendimento in campo, e per questo tagliò il suo compenso, adducendo come ulteriore motivazione delle assenze ingiustificate agli allenamenti. Diarra non accettò questa riduzione, ma il suo rapporto di lavoro alla fine venne sciolto con tre anni d’anticipo rispetto alla scadenza. Non solo: la Lokomotiv citò in giudizio Diarra per avere un risarcimento economico, visto che aveva acquistato il calciatore dall’Anzhi solo un anno prima, versando 12 milioni di euro per il suo cartellino e offrendo un contratto quadriennale da sei milioni a stagione. Di conseguenza, la richiesta di indennizzo era vicina ai 20 milioni di euro. Alla fine, la sanzione imposta al giocatore fu di poco superiore ai dieci milioni.
Durante questa controversia, Diarra non accettò alcuna offerta per tornare a giocare. In seguito, quando venne contattato dallo Charleroi, un club belga, il suo trasferimento fu bloccato: la FIFA non concesse il cosiddetto ITC (acronimo di certificato di trasferimento internazionale) per finalizzare l’operazione, e quindi lo Charleroi – che aveva fatto la sua proposta al giocatore subordinandola al fatto che non ci fossero problemi relativi al tesseramento e alla registrazione nelle liste da presentare alla Federcalcio belga – si tirò indietro, spaventata anche dal fatto che dovesse pagare qualcosa alla Lokomotiv. In virtù di tutto questo, almeno secondo Diarra e i suoi legali, al calciatore fu impedito di svolgere il suo lavoro. Nel frattempo eravamo arrivati a dicembre 2015, ed è in questo punto della storia che è iniziata la battaglia legale arrivata fino a oggi: il ricorso presentato da Diarra, di fatto, ha determinato – e determinerà – un riesame delle procedure di trasferimento internazionali. E nei rapporti tra i club e i loro tesserati.
Ora che tutto risulta un po’ più chiaro, si può dire che la sentenza-Diarra rischia di cambiare completamente il calciomercato mondiale. Come e più di quanto già avvenuto trent’anni fa, ai tempi della sentenza-Bosman. Ah, una piccola curiosità: Jean-Louis Dupont, uno degli avvocati che ha seguito Diarra in questo lungo percorso, a suo tempo aveva già assistito proprio Jean-Marc Bosman. Come dire: non è un caso. Così come non è un caso che, al fianco dell’ex centrocampista di Real Madrid e PSG, si siano schierati anche FIFPRO, FIFPRO Europe e UNFP – i sindacati mondiali, continentali e francesi dei calciatori.
Ma ora, parlando in termini un po’ più pratici, cosa succederà? La risposta non è semplice, ma di certo la FIFA potrebbe perdere il suo potere assoluto di supervisione sui trasferimenti internazionali. Molto banalmente, da oggi in poi i calciatori potrebbero avere maggior margine di trattativa quando si tratta di rescindere – e quindi anche di ridiscutere – il loro rapporto di lavoro con i club. È un discorso di responsabilità e di conseguenze: fino a oggi, un giocatori professionista desideroso di lasciare un certo club – e magari di accasarsi altrove, naturalmente – non avrebbe potuto farlo unilateralmente, se non per giusta causa, e in ogni caso le conseguenze economiche di un eventuale processo sarebbero state a carico anche della sua nuova società, oltre che a lui. Inoltre, come nel caso di Diarra, la FIFA avrebbe anche potuto bloccare il trasferimento. Ecco, ora questa impalcatura potrebbe crollare completamente. Il che porterebbe i calciatori – a livello individuale, ma anche collettivo – ad avere ulteriore potere nei confronti dei club. Sì, avete capito bene: siamo nel bel mezzo di una vera e propria rivoluzione. O, quantomeno, all’inizio di un qualcosa di enorme.