Juric alla Roma è un taglio netto col passato

Il nuovo allenatore giallorosso è distante anni luce da Mourinho e De Rossi, in campo e fuori.

L’esonero improvviso e inaspettato di Daniele De Rossi potrà essere spiegato solo col tempo. Nel senso: se la Roma ha deciso di licenziare il suo allenatore a poche settimane dalla firma di un rinnovo importante, di un rinnovo triennale, vuol dire che da qualche parte c’erano delle fratture insanabili. E di solito, almeno nel calcio, le ricostruzioni di certe rotture arrivano solo quando passano dei mesi, se non addirittura degli anni. Anzi, molto spesso la verità non arriva mai, oppure arriva solo in forme parziali. A maggior ragione se si tratta, come in questo caso, di un uomo profondamente legato al club che l’ha esonerato, profondamente amato da un pubblico che, inevitabilmente, si identifica in lui. In virtù di tutto questo, ora come ora non ha molto senso interrogarsi sulle motivazioni che hanno portato a questo addio. E allora è decisamente più interessante guardare al futuro. Un futuro che ha il volto burbero e accigliato di Ivan Juric.

La prima cosa che viene in mente, pensando al matrimonio Juric-Roma, riguarda l’appeal dell’ex allenatore di Verona e Torino. Un appeal lontano – o comunque diverso – rispetto a quello dei suoi due predecessori, Mourinho e De Rossi. È una questione di storia, di carisma, viene da dire di culto: Ivan Juric è un allenatore che ha costruito la sua immagine e la sua credibilità partendo dal campo, da un’idea di calcio che viene decisamente prima del suo personaggio. È una differenza enorme rispetto all’aura mistica di Mourinho, al romanismo esistenziale – per quanto moderno – di De Rossi: entrambi, si può dire, erano stati scelti perché significavano qualcosa al di là della loro proposta calcistica. Rispetto a certe narrazioni e a certe simbologie, i tratti peculiari dell’uomo-Juric – l’apprezzabile passione per la musica heavy metal, ma anche la sua fama da “duro” – sono delle storie piccole, quindi inevitabilmente laterali. Ecco cosa intendevamo quando parlavamo di un appeal lontano, o comunque diverso. Non era un modo per sminuire Juric, anzi in questo senso il suo arrivo rappresenta un taglio netto col passato. Nel senso che prendere un allenatore essenzialmente di campo potrebbe essere una scelta intelligente, potrebbe riportare un po’ di ordine nel caotico mondo giallorosso.

Passando proprio al campo, che poi è la parte più interessante, l’arrivo di Juric è una prima volta nella storia recente della Roma. Nel senso che il club giallorosso non si era ancora affidato a un allenatore dall’approccio così radicale e così intenso alla fase difensiva, e quindi sarà interessante capire/verificare se ci sarà un aggiornamento software, da parte sua. Cosa intendiamo? Semplice: nella sua carriera, almeno fino a questo momento, Juric non ha mai derogato dalle marcature a uomo a tutto campo, dalla linea a tre che aggredisce sempre in avanti, dai quinti di centrocampo utilizzati come fonte creativa e di conversione offensiva. Ecco, tutti questi concetti si adatteranno alla rosa della Roma? Se sì, come avverrà questo adattamento? Un’ipotetica linea composta da Hummels, Hermoso e Mancini sarebbe in grado di reggere gli altissimi ritmi difensivi che piacciono a Juric? Oppure vedremo una squadra meno estrema rispetto al Torino e al Verona?

Le risposte a tutte queste domande, a cascata, determineranno anche l’approccio agli altri temi tattici e di formazione che al momento sembrano un po’ nebulosi: come si potrà gestire la convivenza tra Dybala e Soulé? Quale sarà lo slot giusto per Pellegrini? Baldanzi avrà lo spazio che sembra meritare? Come verranno valorizzati tutti i giocatori offensivi della rosa – oltre a quelli già citati ci sono anche Dovbyk, Le Fée, El Shaarawy – in un sistema che, di fatto, riserva due o al massimo tre posti tra trequarti e reparto offensivo?

Ecco, tutte queste domande resteranno inevase per un po’ di settimane, fino a quando Juric non risponderà sul campo. In ogni caso, quel che è certo è che vedremo una Roma tutta nuova. Una Roma lontana dall’epopea della compattezza costruita e alimentata da Mourinho, una Roma meno focalizzata sul possesso palla e più attenta alla gestione degli spazi, rispetto a quella di De Rossi. Per molti analisti e per molti tifosi questa lontananza filosofica è un segnale dell’incoerenza e del caos che regnano dentro il club giallorosso, e in questa lettura c’è un fondo di verità. Ma è vero pure che era necessario inventarsi qualcosa di nuovo, la dirigenza doveva dare una svolta e una scossa a una squadra troppo altalenante, troppo emotiva. Magari affidarsi alle certezze incrollabili di Juric potrebbe essere la scelta giusta. Di certo è un tentativo diverso rispetto a quelli fatti fino a oggi.