Il Liverpool di Slot è un cantiere aperto

La rosa dei Reds è rimasta più o meno la stessa, ma tutt'intorno sono cambiate un bel po' di cose. E alcune sono davvero interessanti.

Era fine gennaio quando Jürgen Klopp ha comunicato al Liverpool che avrebbe lasciato al termine della stagione. Da quel momento in poi sono state fatte tantissime speculazioni sul suo successore, alcune campate per aria, altre invece effettivamente sondate dal management dei Reds, come nel caso di Ruben Amorím o Xabi Alonso, entrambi rimasti rispettivamente sulle panchine di Sporting Lisbona e Bayer Leverkusen. Ad Anfield c’era la necessità di trovare un nuovo manager che non determinasse un taglio netto col passato, bensì una continuità, la volontà di seguire la stessa rotta tracciata da Klopp. Serviva qualcuno che sapesse dare un’identità forte alla squadra, facendole praticare un calcio dinamico, energico ma che fosse anche basato sul possesso palla. Questi requisiti, evidentemente, erano stampati nella mente di Richard Hughes, direttore sportivo del Liverpool, quando ha preso l’aereo per volare a Rotterdam. Laddove ha incontrato e poi messo sotto contratto un allenatore non di primissimo piano, reduce da stagioni molto importanti nelle Eredivisie ma ancora a digiuno di esperienze alla guida di grandi club: Arne Slot.

In realtà, a pensarci bene, la scelta di andare su Slot era più che sensata: nei suoi tre anni al Feyenoord, ha conquistato un titolo nazionale e una finale di Conference League; nella sua esperienza precedente, alla guida dell’AZ Alkmaar, si era imposto come l’allenatore più visionario di tutta l’Eredivisie. «È uno specialista straordinario e ha idee incredibili in termini di possesso palla, costruzione del gioco e posizionamento. Cura tutti i dettagli nella corsa dei suoi giocatori, nei passaggi che devono eseguire. Non c’è passaggio senza un’idea dietro. Cerca di muovere gli avversari e trovare spazi aperti. Ha un’ottima sensibilità per ciò che ha da dire alla squadra durante le riunioni, per come deve trattare le persone e per il fatto che debba punzecchiare qualcuno quando sente che è necessario». Queste parole di Gernot Trauner, capitano del Feyenoord ai tempi di Slot, sono piuttosto eloquenti. Nel senso che raccontano un allenatore dall’approccio estremamente creativo. 

Questo modo di lavorare va oltre le idee tattiche. Con Slot, non a caso, sono arrivati ad Anfield – tutti dal Feyenoord – l’assistente allenatore Sipke Hulshoff, il responsabile delle prestazioni fisiche Ruben Peeters, l’allenatore dei portieri Fabian Otte. Proprio Peeters e Otte hanno portato uno stile innovativo nei metodi di allenamento della squadra: il primo ha applicato una periodizzazione dell’allenamento, una sorta di programmazione in cui traccia gli orari individuali per la preparazione di ogni giocatore, decidendo il loro carico di lavoro, i livelli di intensità e i periodi di riposo, in modo che raggiungano il picco di condizione al momento giusto – in questo processo vengono anche utilizzati dei giubbotti con dei sensori che tengono traccia di migliaia di dati fisici. Otte, invece, ha introdotto degli occhiali che migliorano i riflessi e le capacità decisionali dei portieri limitandone la visione periferica, in pratica uno strumento che simula condizioni complicate costringendo i giocatori ad adattarsi per ottenere prestazioni migliori in circostanze normali.

È tutto in linea con la politica del Liverpool, che negli ultimi anni aveva già implementato metodologie a dir poco innovative. Per esempio l’assunzione di un allenatore specializzato nelle sole rimesse laterali e l’integrazione di conoscenze e strumenti neuroscientifici durante gli allenamenti, grazie all’utilizzo di elettrodi in grado di rilevare e misurare l’attività cerebrale di ogni giocatore durante degli esercizi dedicati. In questo modo, i componenti della squadra dovrebbero avere uno stato d’animo più calmo e concentrato quando vivono momenti di alta pressione emotiva, per esempio i calci di rigore. 

Insomma, l’arrivo di Slot ha tenuto viva una storia iniziata da tempo. In qualche modo il tecnico olandese lo aveva preannunciato nella sua prima intervista da manager del Liverpool: «Cercheremo di lavorare su ciò che ha lasciato Klopp, vedremo molte cose simili. Non subentro a un allenatore di cui devo cambiare completamente lo stile di gioco. Nel mio ex club, il Feyenoord, sono arrivato e ho trovato qualcosa di molto diverso rispetto a quello che volevo implementare. Ora ci sono delle somiglianze, ma ovviamente non sono un clone di Jürgen. Ma, naturalmente, metterò le mie cose sul tavolo: lavorerò per creare delle differenze rispetto al passato, e penso che i giocatori le vedranno».

Le prime tre partite di campionato, tutte vinte contro Ipswich Town, Brentford e Manchester United, hanno mostrato subito un tratto distintivo dello stile di Slot, ovvero il possesso palla prolungato per accerchiare gli avversari e poi colpirli quando il momento diventa propizio. Le diversità rispetto alla gestione Klopp, invece, si percepiscono chiaramente nella fase difensiva: se fino all’anno scorso i Reds pressavano ferocemente gli avversari appena persa palla, attuando il famoso gegenpressing, quest’anno l’aggressione sul possesso avversaria è più controllata, più razionale, volta ad imbottigliare i portatori di palla rivali su un lato per poi costringerli ad un lancio lungo o ad un passaggio forzato.

Questa filosofia ha già portato dei frutti: in occasione della netta vittoria a Old Trafford contro il Manchester United, un 3-0 senza appello, i gol del Liverpool sono arrivati proprio grazie a errori individuali forzati dall’atteggiamento dei Reds in fase di non possesso. In particolare in occasione del 3-0, realizzato da Salah: l’azione parte con De Ligt che passa il pallone a Mazraoui, poi la sfera arriva a Mainoo, il quale però è spalle alla porta e non viene fatto girare da MacAllister. Una volta bloccata l’avanzata del centrocampista dello United, la struttura a rombo in zona pressing del Liverpool si chiude: Jota copre lo scarico dietro a De Ligt e Diaz e Szoboszlai si posizionano in modo che il centrocampista dello United  non possa servire alcun compagno in orizzontale. La spallata regolare con cui MacAllister butta a terra Mainoo permette all’argentino di conquistare il pallone, servendo prima Szoboszlai e poi Salah che segna il terzo gol.

L’azione del terzo gol comincia al minuto 2.29, ma tutt’intorno c’è un bel saggio del calcio diSlot

La forza di questo sistema sta tutta nel centrocampo, con MacAllister e Gravenberch delegati a fare schermo davanti alla difesa e Szoboszlai incaricato di supportare l’attacco sia nella fase offensiva che in quella difensiva. Tutti e tre questi giocatori, seppur con compiti diversi, erano già presenti nell’organico del Liverpool della scorsa stagione. Ed è qui, esattamente in questo punto, che i Reds dimostrano di aver fatto una scelta chiara: alla fine il mercato si è concluso con un solo colpo in entrata, quello relativo a Federico Chiesa, mentre l’unica trattativa vera portata avanti è stata quella – poi fallita – per Martín Zubimendi dalla Real Sociedad. Evidentemente la dirigenza ha voluto puntare forte sul nuovo allenatore, su un nuovo stile di gioco, piuttosto che rivoluzionare completamente la rosa. 

In questo senso, le parole di Slot sono molto significative: «La nostra squadra è davvero competitiva, quindi non è facile trovare giocatori che la rafforzino davvero. E poi non capisco il discorso per  cui si diventa più deboli senza fare nuovi acquisti. In allenamento ci concentriamo sul miglioramento dei giocatori, ed è qui che vogliamo fare la differenza. Portare nuovi giocatori non è sempre la soluzione giusta». E se la sconfitta interna con il Nottingham ha macchiato il buon inizio di stagione del nuovo Liverpool, chi ha visto la partita – qui c’è la sintesi – sa che il risultato, come dire, è stato quantomeno bugiardo. Alcuni problemi da risolvere ci sono, in fondo il Liverpool è ancora un cantiere aperto. Ma intorno ad Anfield si sono percepite anche le premesse per una grande stagione, nel segno del cambiamento.