Come si può migliorare ancora l’Inter?

Tra colpi di mercato già chiusi da tempo e opportunità dell'ultimo minuto, i campioni d'Italia vogliono provare ad andare oltre i 94 punti dell'anno scorso.

«Prima di questo scudetto avevamo già vinto altri trofei, ci sono ancora dei margini di miglioramento e vogliamo restare protagonisti come negli ultimi anni. Per questo non ci precludiamo niente: già mantenere questo organico sarebbe importante ma intanto due acquisti li abbiamo praticamente già fatti. Ausilio è un bravissimo direttore sportivo e lavoreremo per puntellare un organico che è già forte». Queste parole Beppe Marotta le aveva pronunciate lo scorso 24 aprile in occasione di un evento organizzato a San Siro dal quotidiano Il Foglio; appena 48 ore prima l’Inter aveva vinto il campionato della seconda stella battendo il Milan nel derby e l’uomo che l’aveva materialmente ricostruita da zero dopo oltre un decennio di banter era stava già guardando al futuro, a quello che si sarebbe dovuto fare per «continuare nel nostro processo evolutivo e cercare di raggiungere altri traguardi» tenendo sempre presente il dogma della sostenibilità economica imposta da quelli che sarebbero stati i successivi riassetti societari.

A tre mesi di distanza quelle dichiarazioni costituiscono la principale chiave di lettura per interpretare quello che a tutti gli effetti va considerato come un calciomercato di consolidamento, in cui l’Inter, oltre ai due acquisti citati da Marotta — Piotr Zielinski e Mehdi Taremi, arrivati entrambi a parametro zero da Napoli e Porto — si è mossa solo per il secondo portiere, lo spagnolo Josep Martínez, arrivato dal Genoa per poco più di 13 milioni di euro, più o meno la stessa cifra per cui il Milan ha pagato il suo nuovo attaccante titolare, Álvaro Morata. Tanto che, nella percezione comune, è sembrato che il “colpo” più importante sia stato il rinnovo di Simone Inzaghi fino al 2026: «Ho la fortuna di lavorare con dei professionisti che sono maestri in questo e che mi hanno sempre aiutato negli anni. Sul mercato qualcosa faremo», ha detto il tecnico piacentino nella conferenza stampa che ha inaugurato la stagione 2024/25.mIn tutto questo c’entrano, ovviamente, i vincoli imposti da Oaktree e la necessità di finanziare ulteriori arrivi attraverso la vendita degli esuberi difficili da piazzare, ma anche valutazioni tecniche e di campo che ruotano tutte attorno a un’unica domanda che in realtà ne contiene due: è davvero possibile migliorare una squadra che ha brutalizzato un campionato ben oltre il dato numerico dei 94 punti realizzati in 38 giornate? E se si può migliorare, dove e come?

Se guardiamo alle operazioni concluse, ma anche a quelle sfumate (Cabal su tutti, finito alla Juventus dopo essere stato individuato come backup ideale di Bastoni) o alle trattative che sono ancora in piedi, la risposta sembra essere soltanto una: nelle rotazioni. Anche perché di giocatori che siano economicamente alla portata e che, allo stesso tempo, possano alzare sensibilmente il livello dell’undici titolare non ce ne sono. E questo al netto delle riflessioni che verrebbero poi imposte da alcune cessioni potenzialmente eccellenti come potrebbero essere quelle di Çalhanoğlu, Barella o Marcus Thuram a fronte di offerte irrinunciabili delle ultime settimane di mercato («Credo che nel nel calcio non si debba mai parlare di incedibilità», ha detto non a caso sempre Marotta). Fino a oggi, però, il nuovo presidente nerazzurro e Ausilio hanno lavorato soprattutto per allungare la rosa a disposizione di Inzaghi dal punto di vista qualitativo prima ancora che numerico, in vista di un’annata da 70 partite potenziali e che si concluderà a luglio inoltrato con il Mondiale per club: in questo senso gli arrivi di Zielinski e Taremi costituiscono un notevole upgrade rispetto a quello che è stato l’apporto di Alexis Sanchez e Davy Klaasen nell’ultima stagione, e allo stesso modo quello di Martínez viene considerato un profilo molto più intrigante e futuribile rispetto a Emil Audero.

Ragionando per blocchi di reparto appare però chiaro come la prima necessità sia quella di trovare un centrale mancino in grado di giocare in una difesa a tre, riportando di fatto Carlos Augusto al ruolo per cui era stato acquistato lo scorso anno — anche in virtù dell’infortunio che terrà fuori Tajon Buchanan almeno fino a dicembre — salvo poi vedersi impiegato anche come braccetto di sinistra. Del resto è stato lo stesso Inzaghi a segnalare l’urgenza di «andare a prendere un giocatore che può essere utile a fare il vice-Bastoni e aiutarci nelle rotazioni. Abbiamo Carlos Augusto che, come abbiamo scoperto l’anno scorso, fa bene anche il vice-Bastoni ma ci piace molto anche da quinto di centrocampo». Si spiegano così anche il tentativo per Cabal e i timidi approcci per Buongiorno quando la sua cessione al Napoli era ormai una questione di ore.

Il profilo del giocatore che l’Inter sta cercando in quella zona del campo è perciò chiaro: un difensore fisicamente già strutturato, in grado di giocare anche da centrale puro, e in possesso delle qualità tecniche necessarie per costituire un riferimento nella prima costruzione e nel consolidamento del possesso. Tra i nomi ricorrenti (Robert Renan, Jakub Kiwior, Jaka Bijol), quello dello svincolato Mario Hermoso (cercato anche da Milan, Napoli e Bologna) aderisce perfettamente a questo identikit, non fosse altro perché viene da una stagione da protagonista — 87% di pass accuracy su oltre 60 palloni toccati di media a partita nel 2023/24 — in un Atlético Madrid che Simeone ha provato a rivoluzionare implementando nel suo sistema alcuni di quei principi che sono alla base del successo del 3-5-2 di Inzaghi. L’ingaggio dello spagnolo — che, come tanti altri svincolati di lusso, nel weekend in cui iniziano i principali campionati europei non ha ancora trovato una squadra — permetterebbe di gestire al meglio anche il buco lasciato a destra dalla partenza di Cuadrado, impiegando in pianta stabile Darmian come vice Dumfries e affidandosi a Bisseck come primo cambio di Pavard.

A centrocampo le gerarchie sono molto più definite, e anche l’arrivo di un giocatore tecnicamente ingombrante come Zielinski non dovrebbe costringere Inzaghi a rivoluzionare qualcosa che funziona già. Quando, a inizio dicembre 2023, si sono diffuse le prime voci sul suo passaggio in nerazzurro, il polacco sembrava destinato a diventare l’alternativa di lusso a Çalhanoğlu come regista davanti alla difesa: tuttavia la crescita di Asllani in quel ruolo e la necessità di gestire le energie di Mkhitaryan (che compirà 36 anni a gennaio) potrebbero suggerire all’allenatore di impiegare Zielinski come mezzala creativa a tutto campo — quasi due passaggi chiave di media a partita lo scorso anno nonostante 14 gare saltate su 49 — supportato dalle corse senza palla e dagli inserimenti di Barella, in attesa che Frattesi dimostri di essere qualcosa in più del supersub da schierare negli ultimi venti minuti delle partite contro le medio-piccole che non si sbloccano. «I nostri centrocampisti oltre a essere grandissimi calciatori vogliono anche vincere», ha detto Inzaghi quando gli è stato chiesto un commento su quella che viene considerata la miglior linea mediana della Serie A, «tutti vogliono giocare la partita di cartello e magari vogliono giocare meno quella in trasferta due giorni dopo, ma poi c’è sempre un allenatore che è pagato per fare delle scelte».

È quindi così difficile immaginare un’Inter in cui Zielinski e Mkhitaryan possano coesistere senza essere l’uno l’alternativa dell’altro? Non del tutto. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport, infatti, Inzaghi starebbe pensando di utilizzare l’armeno come seconda punta per ovviare a una delle poche carenze della sua rosa, vale a dire l’assenza di un elemento che riesca a creare superiorità numerica e posizionale nell’ultimo terzo di campo partendo da situazioni di uno contro uno. Una soluzione d’emergenza dettata anche dalle contingenze di mercato: il nome di Albert Gudmundsson sarebbe ancora al primo posto nella lista di Marotta, ma il recente interesse della Fiorentina — che deve sostituire il partente Nico González — ha messo l’Inter nella non comodissima posizione di dover aspettare gli eventi nella speranza di poter cogliere un’occasione che potrebbe anche non presentarsi mai visto che i viola sembrano ormai vicinissimi a chiudere la trattativa. Tuttavia, proprio come per Hermoso, il nome di Gudmundsson costituisce la rappresentazione di ciò che i nerazzurri stanno cercando, quindi una solida seconda punta da campionato italiano, abile nell’occupazione preventiva degli spazi alle spalle della seconda linea di pressione, e che possa dare il meglio di sé in un sistema reattivo pensato per aprirgli il campo e permettergli di avere tutto lo spazio necessario per sviluppare tecnica in velocità. Nell’Inter attuale un Gudmundsson potrebbe essere utilizzato anche come variante tattica a gara in corso — trequartista in un 3-4-1-2 o esterno sinistro a piede invertito in un 3-4-3 — o come partner di Taremi nella dupla d’attacco di riserva, relegando Arnautovic (se dovesse rimanere) nello spot di quinta punta.

A lezione di cutback con Mehdi Taremi

A proposito dell’iraniano: se il primato tecnico e la leadership emotiva della coppia Thuram-Lautaro Martínez non sono assolutamente in discussione, allo stesso modo la priorità che Taremi si è guadagnato su Arnautovic nel momento stesso in cui ha messo piede ad Appiano Gentile e poi nelle amichevoli disputate contro Pergolettese e Las Palmas — quattro gol sui cinque totali della squadra — è una delle certezze che caratterizzeranno le prime settimane della nuova stagione. E questo nonostante il problema muscolare accusato prima della partita con il Pisa che potrebbe tenerlo fuori per l’esordio contro il Genoa a Marassi. L’ex Porto è forse l’unico giocatore del reparto offensivo in grado di creare per sé e per gli altri in totale autonomia, che ama venire incontro ai centrocampisti per liberare le tracce interne da attaccare con corse profonde in verticale, che coniuga le caratteristiche del 9 classico con quelle del centravanti di manovra che lega il gioco e i reparti in fase di risalita del campo; la sua interpretazione del ruolo è talmente peculiare che non è da escludere la possibilità di vederlo schierato come sottopunta accanto a Thuram in un 3-4-2-1 d’assalto da utilizzare nelle situazioni di emergenza, quelle in cui poter alternare l’azionamento del panic button del lancio lungo con la ricerca dello scambio nello stretto.

Quindi, per tornare alla domanda iniziale: sì, migliorare l’Inter dei record è possibile. Anche se le contingenze economiche non sono proprio favorevoli e il mercato offre poco o nulla di meglio rispetto a quello che già si ha. «Cercheremo di fare un mercato creativo: la rosa va puntellata al meglio, ma dobbiamo far fronte anche alla sostenibilità», disse Marotta a fine campionato. Quella volta, davanti ai microfoni, non aveva avuto bisogno di bluffare.