Parigi città aperta

La capitale francese possiede quell'ottimismo necessario per provare ad affrontare un mondo stravolto da guerre, crisi climatiche e tensioni politiche.

Era il 31 luglio del 2017, non era un mondo facile, ma possiamo serenamente dire che fosse un mondo più facile di questo dell’estate 2024. Quel giorno del 2017 Los Angeles accettava di ospitare l’Olimpiade del 2028. Persa l’unica rivale rimasta, Parigi automaticamente diventava città olimpica, nell’anno del centenario dei suoi Giochi del 1924. Quando un Paese chiede di ospitarli, fa una grande scommessa sul futuro, e scommettere sul futuro diventerà ogni quattro anni più difficile.

Nessuno, non Emmanuel Macron (in quel momento presidente della Francia da appena due mesi), non la sindaca Anne Hidalgo (nel suo terzo anno di mandato), avrebbe potuto immaginare il contesto in cui si sarebbe svolta l’Olimpiade che avevano appena portato a casa nella sessione estiva del Cio di Lima, in Perù. Lo slogan di quella candidatura era “Venez partager”, in francese, e “Made for sharing”, in inglese. “Venite a condividere” o “fatta per essere condivisa”, a seconda delle traduzioni. Il motto all’epoca era stato criticato dall’Académie française, la più importante istituzione culturale del Paese, per il più futile dei motivi: era stato giudicato sciocco, triviale, «sembra la pubblicità di una pizza». Sette anni dopo, è l’idea stessa della condivisione sportiva globale a risultare purtroppo antistorica, una forma di pensiero magico, figlia di un altro mondo che non è il nostro. 

Da quel 2017 è successo di tutto, la crisi climatica si è aggravata, la coesione sociale dentro ogni nazione, democratica e non, si è rotta in un modo che sembra oggi irrimediabile. Nel frattempo sono scoppiate due guerre generazionali come quelle in Ucraina e a Gaza, che hanno spaccato il mondo lungo così tante linee di frattura che non si riesce nemmeno più a contarle. «Non avevamo così tante questioni geopolitiche aperte durante un’Olimpiade dai tempi della Guerra Fredda. E questa volta, la sicurezza potrebbe essere la questione più grande di tutto l’evento», ha spiegato Jean-Baptiste Guégan, docente di Science Po, esperto di sport e politica.

Anche la coabitazione degli oltre 10mila atleti nel villaggio olimpico potrebbe essere una sfida: lo è stata anche in altre epoche, forse però mai come in questa. Ci sarà l’ombra del massacro di Gaza: per i Giochi è un tema ancora più delicato che per il resto del mondo, sono partite le sinistre rievocazioni dell’attentato terroristico a Monaco 1972 contro gli atleti israeliani. Nessuno è in grado di prevedere che tipo di manifestazioni ci saranno, sulle pedane, sugli spalti e in città: Parigi ospita la comunità ebraica e la comunità musulmana più grandi d’Europa. Gli atleti palestinesi, che in quest’anno terrificante difficilmente avrebbero potuto allenarsi e qualificarsi, parteciperanno attraverso delle wild card, strumenti per un mondo rotto in cui è difficile pensare allo sport. Come da rituale, a novembre dell’anno scorso l’Onu ha emesso la sua risoluzione per chiedere una tregua olimpica durante le due settimane di competizione, invitando tutti i Paesi a risolvere le proprie dispute internazionali in modo pacifico, attraverso gli strumenti della diplomazia. È simbolismo, un gioco delle parti purtroppo sempre più screditato: nel 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina quattro giorni dopo la fine di Giochi invernali di Pechino, aver atteso l’ultima gara sembrava più un gesto di cortesia di Putin nei confronti di Xi Jinping che un riconoscimento del valore della tregua olimpica. Era una procedura peraltro consolidata, la Crimea fu annessa da Putin allo scadere dei suoi stessi Giochi di Sochi. 

Atleti francesi di trampolino elastico impegnati in un’esibizione pubblica il 23 giugno del 2018, nell’Olympic Day, data che celebra la fondazione del Cio nel 1894 da parte del barone Pierre de Coubertin. (LUCAS BARIOULET/AFP via Getty Images)

La Francia intanto è arrivata alla sua estate olimpica nel pieno di una crisi di nervi politica. Ci sono stati i consueti ritardi logistici, che oggi sembrano l’ultimo dei problemi: non saranno pronte tre delle nuove linee della metro la cui apertura era stata prevista in tempo per la cerimonia inaugurale, ed è stato posticipato anche il primo viaggio del treno espresso dall’aeroporto Charles de Gaulle. La capitale francese accoglie gli atleti e gli spettatori di tutto il mondo tre settimane dopo aver conosciuto il risultato di elezioni nazionali epocali, convocate da Macron nella notte della disfatta alle Europee, con la mossa impulsiva del cattivo giocatore di poker, puntando tutto sul suo carisma, senza valutare le conseguenze sull’evento internazionale più importante della storia recente del suo Paese — anche se poi non gli è andata troppo male.

Parigi ha organizzato i suoi Giochi con un’idea di ottimismo e apertura tutta francese, come un azzardo fondato sulla bellezza. Salvo imprevisti, ci sarà la prima cerimonia inaugurale fuori da uno stadio, lungo la Senna, anche se sarà minacciata dal terrorismo e dai batteri (sono stati trovati livelli pericolosi di e. coli nel fiume, che dovrà ospitare anche le gare di triathlon e nuoto in acque libere). La Senna sarà solcata da quasi duecento barche che percorreranno il tragitto di quasi quattro chilometri con sopra gli atleti, le delegazioni, i media e la security. Una delle idee più suggestive mai viste in una città olimpica, una riapertura al mondo esterno dopo la Tokyo dei tamponi e delle mascherine. L’attentato al Crocus City Hall di Mosca, 140 morti per mano dell’Isis Khorasan, ha però riportato le paure del Bataclan. La festa andrà protetta, l’organizzazione parigina ha assicurato che c’è un piano B per ogni evenienza, ha ridotto il numero di spettatori e aumentato la sicurezza: migliaia tra poliziotti e cecchini sorveglieranno l’evento, per quella data sarà stato effettuato lo screening preventivo di un milione di persone (atleti compresi), lo spazio aereo sarà chiuso per un raggio di 150 chilometri. Tutelare una festa ormai richiede un assetto da guerra. 

Ospitare i Giochi è diventata questa cosa qui: un gioco di minacce e reazioni. Dalla Russia arriva anche la prospettiva della disinformazione industrializzata, l’obiettivo è spaventare per minare la fiducia del doppio nemico, la Francia e il Cio, che ha escluso la bandiera russa e permetterà solo a singoli atleti di Russia e Bielorussia di partecipare, sotto le sue insegne neutrali. A giugno un report di Microsoft ha segnalato la partenza della campagna di propaganda organizzata da parte di un gruppo russo chiamato Storm-1679: video, tweet, post, addirittura un finto documentario con finti esperti di intelligence francese e americana per amplificare il rischio sicurezza e terrorismo ai Giochi. Secondo la ricerca, l’Olimpiade potrebbe essere un terreno di test per mettere alla prova strumenti da usare per le elezioni di novembre negli Stati Uniti. Per essere felici, serviranno nervi saldi.

L’entusiasmo ansioso di Parigi 2024 dimostra che per i Giochi non esiste più l’opzione della neutralità. Nessuno può più credere all’idea che lo sport possa essere slegato dalla politica. Da Sochi a Pechino, i Giochi ormai sono sempre il racconto politico di qualcosa, una visione, un modello, un’idea del mondo. Parigi, mettendosi in gioco con la bellezza dei suoi luoghi, vuole fare della sua Olimpiade un manifesto di normalità democratica. Un baluardo, più che un’isola protetta. Forse, pur con tutti i problemi, i rischi e le evitabili scorciatoie (come le storie di sfratti forzati di studenti e senzatetto), non c’era città al mondo più adatta di Parigi per provare a raccontare questa storia. Dopo il trauma del Bataclan e degli attentati del novembre 2015, la risposta di Parigi fu la tenace resistenza della gioia, riappropriarsi dei bar, delle terrazze e delle sale concerti. È una metropoli piena di problemi, ma in questo momento non possiamo fare altro che aggrapparci alla sua ostinata autostima di città carica di simboli e fascino. Ci stiamo giocando tantissimo, più di quello che sembra, in questa Olimpiade: è legittimo sperare che vada tutto bene, che sia la festa mobile che ci meritiamo, due settimane divertenti, se non addirittura serene. È questa la bellissima promessa olimpica di Parigi città aperta, rischiare tutto per farci tornare alla vita con migliaia di storie di sport e la sensazione che il futuro esista ancora.

Da Undici n° 57