Club Italia – Notte di lacrime e preghiere, di Calafiori e di Zaccagni

Appunti sparsi su Italia-Croazia 1-1.

Club Italia è una sorta di bacheca in cui alcuni autori di Undici raccontano le gare degli Azzurri a Euro 2024. Dopo la buona gara all’esordio contro l’Albania, e dopo la sconfitta contro la Spagna, ecco il terzo episodio: parliamo di Italia-Croazia, di una partita giocata in modo piuttosto confuso, risolta da Donnarumma e poi da un gol indimenticabile al minuto 98′, che ha permesso agli Azzurri di agguantare il secondo posto e la qualificazione al prossimo turno. Appuntamento per sabato 29 giugno, ore 18: si gioca Italia-Svizzera. 

Per tentativi, ma siamo agli ottavi

Alla fine, il risultato è la notizia migliore venuta fuori da Croazia-Italia. Forse l’unica buona notizia: non è stata una grande Italia, che per quanto abbia avuto le occasioni per pareggiarla anche prima (e magari vincerla, quando si era ancora 0-0), è sembrata una squadra lontanissima da un progetto compiuto. Non si tratta solo di standard di prestazioni, ma di una squadra che non ha ancora trovato una fisionomia certa: Spalletti ha rivoluzionato l’undici titolare, partendo da una difesa a tre e lasciando in panchina nomi di rilievo, Chiesa e Scamacca su tutti. Insomma, un vero e proprio ribaltone che, in fondo, non ha prodotto nulla di proficuo: per questo nella ripresa Spalletti ha nuovamente mischiato le carte, cambiando ancora modulo e protagonisti in campo. Alla fine l’ha decisa uno dei nuovi entrati, ma il pareggio è sembrato essere più una casualità – oltre alla bravura nell’episodio di Calafiori e Zaccagni – che un copione anticipato dalle scelte del ct. In questo momento sembriamo affidarci più alle preghiere, che a un piano: non sarà semplice ripartire da delle certezze, anche con una qualificazione in tasca.

Donnarumma, ancora

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: Gigio Donnarumma é il vero fuoriclasse di questa Italia, di una Nazionale che ancora fa fatica a esprimersi bene. Certo, non ha fatto gli straordinari come contro la Spagna, né avrà salvato il risultato nei minuti di recupero come contro l’Albania, ma anche stasera Donnarumma ha dimostrato la sua qualità in diverse occasioni. Già al quinto minuto, quando è intervenuto sul mancino da fuori area di Sucić, destinato a finire sotto l’incrocio. Al 54esimo c’è il calcio di rigore di Modric. È un momento inevitabilmente teso, ma quando puoi contare su Gigio Donnarumma, cioè su un estremo difensore che in media para un penalty ogni tre affrontati, puoi stare un po’ più tranquillo. E infatti Gigio ha parato il tiro del centrocampista del Real Madrid. É vero, l’Italia ha subito gol un minuto dopo dallo stesso Modric. Ma la colpa va attribuita alla difesa, che non si è risistemata subito dopo l’errore di Modric. E il gol subito non deve farci dimenticare del riflesso sovrumano che ha permesso a Donnarumma, ancora, di sventare il tentativo di Budimir, già pronto a esultare dopo aver anticipato Bastoni in area piccola. Anche quella parata può essere considerata un miracolo, ma per Gigio è stata ordinaria amministrazione.

Bellezza, rivincita e lacrime di Riccardo Calafiori

Italia-Croazia è stata una di quelle partite che non si risolvono passando per la tattica, per le intuizioni degli allenatori, ma per mezzo degli episodi: un rigore concesso per un braccio troppo largo, una disattenzione difensiva su un cross poco più che velleitario, un difensore che invade la metà campo avversaria come avrebbe fatto un libero degli Anni Sessanta, la palla attaccata al piede, la falcata potente eppure elegante, la testa alta a scannerizzare il campo davanti a sé. Ecco, in realtà queste ultime frasi non descrivono un episodio. O meglio: descrivono un’azione che può essersi determinata in maniera episodica, al di là della strategia, ma chi conosce Riccardo Calafiori, chi l’ha visto in campo nell’ultima stagione con il Bologna, sa benissimo che Calafiori gioca esattamente così, fa esattamente questo, e cioè produce creatività offensiva, produce bellezza, anche se è un difensore centrale. Atipico, ok, diciamo pure post-contemporaneo, ma pur sempre un difensore centrale.

Calafiori ha chiuso il suo capolavoro con un tocco semplice eppure geniale per servire lo smarcato Zaccagni, e con quel tocco si è preso un’enorme rivincita. Perché sì, avrà anche commesso un errore in marcatura contro l’Albania, avrà anche realizzato un autogol contro la Spagna, ma per il resto di entrambe le partite è sempre stato puntuale e preciso nell’interpretare il ruolo cucitogli addosso da Spalletti. E quindi non andava criticato, piuttosto andava incoraggiato, andava applaudito, andava spinto a fare quello che sa fare meglio, altro che i centrali di oggi non sanno più marcare come quelli di una volta. Subito dopo il fischio finale, la regia internazionale ha inquadrato Calafiori: era steso a terra, aveva le mani in faccia e le lacrime gli rigavano il viso. Piangeva di gioia, piangeva per la squalifica che gli impedirà di giocare gli ottavi, piangeva per sfogare la tensione accumulata in dieci giorni bellissimi e bruttissimi e indimenticabili. O forse piangeva solo per fatti suoi, chissà. In ogni caso, però, è stata un’immagine forte. Densa di significati. Se l’Italia è ancora viva, non è merito del caso e degli episodi: è merito di Calafiori, del suo modo di giocare. E di Mattia Zaccagni.

Zaccagni, Del Piero, il calcio in strada

Pochi minuti dopo la fine di Italia-Croazia gli account social della Lega Serie A hanno pubblicato questa foto. E subito c’è stata la corsa degli utenti dei vari social per metterla a specchio con quest’altra immagine. Era un altro tempo, un altro calcio, era un’altra Nazionale. Soprattutto si tratta di due gol dal peso specifico molto diverso: quello di Del Piero contro la Germania ai Mondiali 2006 certificava che la nostra golden generation si era finalmente guadagnata quella seconda occasione che stava aspettando dai tempi di Euro 2000; quello di Zaccagni contro la Croazia ha riportato in vita una Nazionale che sembrava essere ormai morta e sepolta, rimasta tramortita dalle incongruenze tattiche e dialettali di Luciano Spalletti prima ancora che dal valore assoluto degli interpreti del tremebondo 3-5-2 visto a Lipsia.

Nei giorni in cui si è discusso tanto, e spesso a sproposito, della tecnica che non viene più insegnata nelle scuole calcio e dei bambini che non giocano più per strada, il gol di Zaccagni era quello che ci voleva. Perché è un’espressione di tecnica purissima unita all’infantile incoscienza che serve per calciare a giro e in corsa un pallone che vale un Europeo, quindi un pallone che pesa potenzialmente il triplo di tutti quelli che il giocatore della Lazio si sia mai trovato a gestire nella sua carriera. Dopo la gara, mentre la sua rete veniva riproposta in loop da tutte le angolazioni possibili, Zaccagni ha raccontato a Sky che «nella mia testa sono passate tante immagini». Chissà se una di queste era Alessandro Del Piero che faceva gol alla Germania in una sera dell’estate dei suoi 11 anni. Quando era bambino e quando, presumibilmente, giocava già a pallone. Per strada o altrove, oggi conta relativamente.

Il gol di Zaccagni, ovviamente, lo trovate alla fine

Una cosa nuova per l’Italia: segnare all’ultimo minuto

Una delle cose più belle nel calcio è segnare un gol decisivo all’ultimo minuto. Chi segue ogni domenica, ogni mercoledì, ogni giorno ormai, una squadra di club lo sa bene: è un’emozione che nel corso di una stagione capita, magari capita anche più volte, di solito si dice che quella tal squadra «ha carattere», «non molla mai», «è composta da uomini prima che da calciatori», e magari un gol del genere può cambiare il corso del campionato, come è successo due anni fa al Milan con Tonali contro la Lazio, o all’Inter quest’anno con Frattesi contro il Verona, eccetera. Certo, è emozionante anche quando si vince ai rigori, e quello accade più spesso con la Nazionale, che dopo la striscia negativa degli anni Novanta (Italia ’90, Usa ’94 e Francia ’98) ha vinto i suoi ultimi due trofei proprio ai rigori, il Mondiale 2006 e l’Europeo 2021.

Ma il tiro a giro di Zaccagni contro la Croazia ha rappresentato una prima volta per tutta una generazione di tifosi dell’Italia, troppo giovani per ricordarsi Roberto Baggio contro la Nigeria (pareggio all’88esimo agli ottavi di finale del Mondiale 1994): come ha scritto Giuseppe Pastore su X dopo la fine della partita, è stata la rete è più tardiva mai segnata dalla Nazionale nei tempi regolamentari. Un amico più o meno della mia età che ieri sera era allo stadio a Lipsia, e che frequenta settimanalmente la curva, e quindi è relativamente abituato a certe emozioni, me lo ha scritto subito su Whatsapp: «Top 10 esultanze di sempre allo stadio, bellissimo, è esploso tutto». Che belli, i gol all’ultimo minuto.