Cancelo, l’esubero più forte che ci sia?

Ora è al Barcellona: ma cosa è andato storto, nonostante le prestazioni ottime, tra Manchester City e Bayern?

Quella di João Cancelo è una carriera da precario. Un precario d’êlite, certo. Anzi, forse stiamo parlando del calciatore precario più forte al mondo, ma che in ogni caso sembra avere un contratto a termine. Lo dice la sua storia di 29enne che, fin da quando era ancora un adolescente, non ha fatto altro che cambiare squadra. Certo, l’ha fatto in alcuni tra i club più prestigiosi d’Europa: il Benfica, il Valencia, l’Inter, la Juventus, il Manchester City, il Bayern Monaco. E ora, dopo il mancato riscatto dei bavaresi e una trattativa conclusa proprio alla fine della sessione estiva di calciomercato, è arrivato il Barcellona. Quello di Cancelo, insomma, è un viaggio nello spirito del grande calcio, per prendere in prestito le parole di uno dei suoi primi allenatori, Luciano Spalletti. A cui poi sono succeduti Allegri, Guardiola, Nagelsmann, Tuchel. Ora toccherà a Xavi. Non proprio gli ultimi arrivati.

In certi club non si gioca per caso, e infatti non è in discussione che Cancelo sia fortissimo. Quasi 70 assist in carriera parlano per lui. Eppure è curioso che un calciatore unanimemente considerato tra i migliori in Europa – tuttora, secondo Transfermarkt, il suo cartellino vale 50 milioni di euro – non riesca a trovare una dimensione definitiva, la squadra che punti e insista davvero su di lui. Ed è ancora più curioso che venga addirittura prestato nelle ultime ore del mercato come un esubero qualsiasi. Il suo nomadismo è un unicum, soprattutto se consideriamo che i laterali difensivi con il suo status hanno fatto carriere completamente diverse: Walker, per esempio, ha giocato solo nel Tottenham e nel Manchester City; Jordi Alba, tra i venti e i trent’anni. è stato inamovibile prima al Valencia e poi al Barcellona; Marcelo è stato un’istituzione del Real Madrid, i Blancos l’hanno sempre considerato incedibile. Si tratta dei migliori della loro epoca, certo. Ma d’altronde Cancelo sembrava dovesse – o comunque potesse – appartenere proprio a questo esclusivissimo club. 

Cosa è successo, dunque? Quali sono le ragioni profonde di una carriera vissuta in bilico, un po’ qui e un po’ lì, indiscutibile ma non sempre, terzino ma non proprio terzino? Alle porte dei trent’anni le storie dei calciatori parlano, spesso inequivocabilmente. E quella di João Cancelo racconta che, a dispetto di qualità tecniche eccezionali, non ha (quasi) mai fatto il titolare in un top club nel suo ruolo originario: il terzino destro. Non l’ha fatto all’Inter con Spalletti, che di fatto l’ha utilizzato con continuità solo negli ultimi mesi della sua esperienza nerazzurra; non è successo alla Juventus, a suo tempo Allegri è stato massacrato a più riprese perché spesso preferiva la corsa, l’umiltà e l’attitudine difensiva di Mattia De Sciglio; in fondo non è accaduto nemmeno con Guardiola, che per un periodo l’ha reso un punto fermo del suo Manchester City, però senza mai consegnargli la fascia destra: inizialmente Cancelo ha fatto prevalentemente il laterale sinistro, come fosse un’ala utilizzata «a piede invertito», per poi essere impiegato sempre più spesso dal centrocampo in su, con compiti prettamente offensivi. Da queste brevi considerazioni emergono diversi interrogativi. Per esempio: Cancelo è un equivoco tattico? E ancora: c’è qualcosa che non va in lui a livello mentale?

Visto e raccontato da una certa prospettiva, João Cancelo versione-Guardiola ha aperto nuove frontiere e nuove interpretazioni offensive ai laterali bassi, strade poi esplorate in lungo e in largo dai tecnici di tutta Europa – in Italia, giusto per fare un paio di esempi, abbiamo Calabria che si sposta nel ruolo di interno e i movimenti da mezzala di Di Lorenzo. Allo stesso tempo, però, il fatto che Cancelo non abbia mai trovato la sua collocazione definitiva alimenta l’idea per cui non sia mai maturato davvero dal punto di vista tattico. Anche qui possiamo fare un esempio: Gareth Bale nasce e si impone come terzino sinistro, ma alla fine di un certo percorso evolutivo diventa uno dei migliori esterni offensivi della sua era, per di più a destra. Si può dire una cosa simile di Cancelo? No, tutto resta abbastanza sfumato: forse è un terzino destro, forse è un terzino sinistro, forse è un’ala, forse, chissà, potrebbe essere una mezzala. Ha grande qualità, certo. Ma non è detto che la qualità, da sola, possa bastare. 

C’è stato un momento, quando è passato alla Juventus, in cui Cancelo era uno dei terzini più influenti in Europa. Se non il più influente in assoluto.

E chissà che uno dei motivi della carriera da precario di Cancelo non sia un carattere difficile, un po’ spigoloso. Gary Neville, che l’ha allenato al Valencia per pochi mesi, lo ha descritto più volte come un calciatore brillante ma con qualche limite emotivo: «Al primo errore in allenamento», ha detto Neville in un podcast qualche tempo fa, «João cominciava a demoralizzarsi e a maledirsi da solo, a volte lo faceva fin troppo. Gli consigliavo spesso di concedersi una pausa, di stare più sereno: in fondo era molto giovane». Dei problemi simili sono emersi anche dalle parole rilasciate a FIFA+ da Helder Cristovão, ex difensore portoghese del PSG che ha allenato Cancelo nelle giovanili del Benfica: «Giocatori come Cancelo, vista la rapidissima ascesa, finiscono per saltare alcune fasi della loro crescita. E così tendono a sviluppare una sorta di resistenza verso i propri allenatori. João al Benfica era stato segnalato internamente per il suo comportamento, soprattutto per la difficoltà che aveva nell’accettare le critiche. Stava a noi fargli credere che quello che gli dicevamo fosse la cosa migliore per lui in quel momento. E non era semplice». 

Insomma, a scavare si trova più di qualche indizio sul carattere difficile di Cancelo. E si tratta di indizi che, inevitabilmente, inducono a riflettere sul suo traumatico addio al Manchester City, maturato subito dopo i Mondiali del Qatar. Non è ancora chiaro cosa sia successo tra il terzino portoghese e Guardiola, ma sta di fatto che Pep ha iniziato a utilizzarlo sempre meno e poi ha avallato la sua cessione al Bayern Monaco – per altro al termine di una trattativa rapidissima, nata e ufficializzata in poche ore, almeno secondo le ricostruzioni giornalistiche. Una volta arrivato in Baviera, Cancelo ha negato il litigio, limitandosi a dichiarare che non si sentiva più abbastanza importante per il City, di averne parlato con Guardiola e che entrambi erano d’accordo sul fatto che l’addio fosse l’opzione migliore. 

Scappare da Guardiola, tuttavia, non ha migliorato la situazione. Anche l’esperienza al Bayern, infatti, sebbene sia stata troppo breve per esprimere un giudizio compiuto, è stata caratterizzata da un rapporto difficile con Nagelsmann e poi con Tuchel. Con Nagelsmann, Cancelo è finito in panchina dopo qualche settimana: «Poca attenzione negli allenamenti», è stata la risposta dell’allenatore quando i giornalisti tedeschi gli hanno chiesto perché non lo schierasse da titolare. «Cancelo», aggiunse l’allenatore, «deve lasciare tutto il carico e la negatività che ha sulle spalle fuori dal campo». Con Tuchel è andata un po’ meglio, ma solo in termini di puro minutaggio: Cancelo, infatti, è rimasto in panchina nelle tre partite più importanti, ovvero l’andata del quarto di finale di Champions League contro il suo Manchester City, la sfida al vertice contro il Borussia Dortmund (in quell’occasione lasciò lo stadio dopo il match e non festeggiò la vittoria coi compagni) e la gara decisiva col Colonia all’ultima giornata. È chiaro che, al di là di qualche eccezione, i fuoriclasse non guardano le partite decisive dalla panchina. E infatti i tre indizi hanno fatto la prova: João non è stato riscattato dal Bayern, Tuchel evidentemente non l’ha considerato una priorità. 

Ora per Cancelo si aprono le porte del Barcellona. Per lui si tratta di un’avventura potenzialmente entusiasmante in un club che, per cultura tattica e sportiva, sembra essergli cucito addosso. Chissà che non sia, per lui, l’opportunità – forse l’ultima – di trovare il suo posto nel mondo, l’ambiente giusto dove compiere il passo che gli manca per cancellare tutti i dubbi su di lui. Non bisogna farsi ingannare dalla formula dell’affare: il prestito secco pare derivi dai problemi del club catalano col fair play finanziario, non da una mancanza di fiducia. Dopotutto, si può dire con certezza, Cancelo non era alla ricerca di un altro impiego precario.