Durante gli ultimi Mondiali di calcio disputati in Qatar, abbiamo assistito a partite molto più lunghe rispetto al passato. In diversi match della fase finale, gli arbitri hanno assegnato recuperi extralarge e mai visti prima, sia nei primi che nei secondi tempi. Di conseguenza le partite sono durate anche più di 100 minuti: quella della fase a gironi tra Inghilterra e Iran, per esempio, è durata 117 minuti ed è risultata la più lunga di tutta la manifestazione – escludendo naturalmente quelle terminate dopo i tempi supplementari. Qualche altro esempio: la sfida tra USA e Galles raggiunse la durata di 104 minuti, con un recupero totale di 14 minuti tra primo e secondo tempo, e anche il cronometro aggregato della partita tra Argentina e Arabia Saudita ha toccato la stessa quota. Questa tendenza dei recuperi lunghi è sopravvissuta ai Mondiali in Qatar, infatti si sta ripetendo anche alla Coppa del Mondo femminile, in corso negli stadi di Australia e Nuova Zelanda.
Durante le partite della fase a gironi, le partite toccano quasi sempre i 100 minuti di durata. E, in alcuni casi, li superano. Il match tra Zambia e Giappone, per esempio, è durato 19 minuti in più rispetto al solito: sette minuti di recupero nel primo tempo, altri 12 minuti nella ripresa. È andata più o meno allo stesso modo anche la sfida tra Colombia e Corea del Sud, durata 108 minuti: l’arbitro ha assegnato 9 minuti di recupero dopo il 45esimo e altri nove dopo il 90esimo. Canada-Irlanda, invece, si è “fermata” a 107 minuti: in questo caso il direttore di gara ha dato cinque minuti di extra time dopo il primo tempo e dodici minuti una volta superato il 90esimo.
Allungare molto il tempo di recupero delle partite è stata ed è una precisa disposizione della Fifa e del comitato arbitrale internazionale. Come spiegato dal presidente Pierluigi Collina durante una conferenza stampa prima del Mondiale in Qatar, «la Coppa del Mondo è il torneo più importante in assoluto. Abbiamo per questo raccomandato ai nostri arbitri di essere molto precisi nel calcolare il tempo da aggiungere alla fine di ogni frazione di gioco, per compensare i minuti di gioco a causa di infortuni, cambi, calci di rigore, cartellini o festeggiamenti dopo un gol». Sempre Collina, poi, ha spiegato com’è nata la decisione di insistere in questa direzione: «Immaginate che in un tempo ci siano due, tre gol segnati. In questi casi è facile perdere tre, quattro, cinque minuti, solo per le esultanze. Questo tempo di non gioco va considerato e compensato alla fine, e la stessa cosa vale per tutte le altre interruzioni».