Kevin-Prince Boateng e la nuova coscienza dei calciatori: il nuovo numero di Undici

Intervista a uno dei primi simboli antirazzisti del calcio italiano; e poi il tifo, il tennis, il surf a Fukushima.

Mentre stavamo affrontando la pandemia, i casi di George Floyd e poi di Jacob Blake, negli Stati Uniti d’America, hanno scosso l’opinione pubblica mondiale sulle violenze legate al razzismo endemico, sistematico. Lo sport, forse come mai prima d’ora, è stato un veicolo fenomenale per sostenere il movimento Black Lives Matter, nato proprio per accendere la luce sulle discriminazioni, per contestarle.

L’epicentro della protesta sono stati gli Usa, ma anche il calcio europeo – per la prima volta nella storia – ha espresso una condanna forte, unanime. Sempre più giocatori stanno scoprendo e valorizzando il proprio ruolo attivo nella società, in questo 2020 hanno iniziato quelli della Bundesliga – il primo grande campionato a scendere in campo dopo il lockdown – e poi tantissimi li hanno seguiti a ruota, in tutti i Paesi. In Italia, il primo atleta di un certo richiamo a far sentire la propria voce contro le discriminazioni è stato Kevin-Prince Boateng: il 3 gennaio 2013, durante una partita amichevole tra il suo Milan e la Pro Patria, decise di lasciare il campo dopo aver sentito insulti razzisti dagli spalti. La gara non ricominciò mai.

Oltre sette anni dopo quell’episodio, abbiamo deciso di ripartire proprio da Boateng per raccontare come si sta evolvendo la coscienza dei calciatori, dove può andare questa nuova era di consapevolezza e di partecipazione che è arrivata, finalmente. È lui il volto del nuovo numero di Undici, dal 18 settembre in edicola; è lui che, nella nostra cover story, racconta le sue esperienze e il suo impegno contro le discriminazioni; è lui a dire che «è arrivato il momento di fare di più», che ora tocca alle istituzioni, ai suoi colleghi, a coloro che raccontano il calcio, a tutti, insomma. L’intervista è di Davide Coppo, le foto sono di Jim C. Nedd, la moda è stata curata da Elisa Voto.

Il rapporto profondissimo tra calcio, antirazzismo e integrazione è stato approfondito anche da Jonathan Bazzi, scrittore e candidato alla vittoria del premio Strega 2020 con il suo romanzo Febbre; da Simon Kuper, firma del Financial Times; e da Nadesha D. Uyangoda V., autrice esperta di migrazione, identità e questioni razziali, che ha collaborato con Al Jazeera English, The Telegraph, Rivista Studio. Nei loro articoli si parla di omofobia, della grande influenza dei calciatori sui media e sull’opinione pubblica, della rappresentazione degli atleti neri, di come vengono raccontati durante e dopo la loro carriera.

Nel resto del giornale c’è spazio per parlare del ritorno della Serie A, però con una prospettiva diversa: quattro autori, tifosi dichiarati di quattro club diversi, parlano del rapporto con la squadra preferita, delle sensazioni dei fan alla vigilia di un nuovo campionato. Sono Giovanni Robertini, Paolo Nori, Matteo Codignola e Davide Coppo. Un altro tema importante è la nuova era della Juventus, fondata su Pirlo: l’ex regista della Nazionale potrebbe dar vita a un nuovo concetto di allenatore, secondo Francesco Paolo Giordano.

Prosegue l’avventura di Azzurra, in collaborazione con Eni e Figc: nel nuovo numero si parla dei talenti da cui può ripartire il calcio italiano, nella bellissima Nazionale di Mancini ma anche in quelle giovanili. Poi un salto a Fukushima, dove si continua a surfare, e in Africa, per un racconto fotografico del rapporto con il calcio europeo, con la Champions League. Gli autori di questi reportage sono Marco De Vidi e Annalaura Martini; le foto sono di Camilla Martini e Emile-Samory Fofana.

Infine, ecco la solita incursione di Undici nel mondo degli altri sport. Si parla di tennis, del ritorno sulla terra rossa, del giocatore perfetto su questa superficie (ne scrive Federico Ferrero) e sul torneo di Roma che stiamo vivendo in questi giorni, sulle sensazioni restituite dal Foro Italico vuoto, senza pubblico (articolo di Fabio Severo). E poi un interessante reportage dal mondo del biliardo, che racconta l’importanza del tempo per chi pratica questo sport, ma anche per chi progetta e produce le mazze, il ferro del mestiere per eccellenza. Le foto, scattate nell’azienda milanese Longoni, sono di Manuela Schirra e Fabrizio Giraldi; il testo è di Germano D’Acquisto. Ci vediamo in edicola!